REGGIO CALABRIA – Nuova tegola per Mimmo Lucano, fresco di doppia elezione come nuovo sindaco di Riace ed europarlamentare. La Procura Generale di Reggio Calabria ha impugnato in Cassazione la sentenza emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di Mimmo Lucano, assolto recentemente dai reati più gravi su presunte irregolarità nella gestione dei progetti di accoglienza dei migranti nel Comune di Riace. In uno stralcio dell’esposto della Procura si legge che «la decisione che qui si impugna risulta affetta da erronea applicazione degli artt. 640 bis cp, 479, in relazione all’art. 476 comma 2 cp e dell’artt. 192 cpp, e da contraddittorietà e illogicità della motivazione per aver valutato erroneamente le prove raccolte in dibattimento, avendo cosi operato la riqualificazione dei contestati reati di truffa aggravata ex art. 640 bis cp in quelli di truffa ex art. 640 comma 2 n. 1 cp, ed assolto dal reato di falso aggravato ii Lucano, senza, peraltro, osservare l’onere della motivazione rafforzata, che la riforma della pronunzia di primo grado avrebbe richiesto».
«Il provveddimento risulta affetto da erronea applicazione»
«In particolare – viene evidenziato nel primo punto esposto dalla Procura – il provvedimento risulta affetto da erronea applicazione degli artt. 266, 270, 271 cpp, e da contraddittorietà e illogicità della motivazione per aver ritenuto l’inutilizzabilità delle intercettazioni disposte con riferimento al reato di cui all’art. 640 bis cp; la Corte d’Appello, infatti, ha ritenuto, sulla base di una verifica statica ancorata al momento genetico dell’intercettazione, siccome demandata al giudice, che non fossero presenti i presupposti di legge per disporre il mezzo di ricerca della prova, sulla scorta di una riqualificazione del reato operata solo nel secondo grado di giudizio (e che peraltro qui si contesta con ii successivo motivo di gravame); la Corte d’appello – con motivazione del tutto illogica – non ha considerato che proprio nel caso in esame la captazione correttamente autorizzata, per come ancor meglio si esporrà più oltre, è stata disposta sul presupposto della esistenza di gravi indizi del reato di cui all’art. 640 bis cp e, pertanto, rimane del tutto insensibile al fisiologico sviluppo del procedimento, secondo il principio di diritto più volte espresso in materia dalla giurisprudenza di legittimità e, peraltro, astrattamente richiamato nella stessa sentenza che qui si chiede di cassare».
«Gravi irregolarità sulla rendicontazione del progetto SPRAR»
«Tale questione – prosegue l’esposto – è da ritenersi cruciale nella vicenda processuale che ci occupa, atteso che le gravi irregolarità sulla rendicontazione, attinenti al complesso meccanismo della erogazione di contributi pubblici emerso nel corso delle indagini e su cui è stata resa ampia testimonianza in dibattimento (in particolare Ten. Col. Sportelli e Dott.ssa Maisto), trovano spiegazione logica circa le intenzioni truffaldine solo in esito alla valutazione del compendo probatorio derivante dai dialoghi intercettati, dai quali in modo inequivoco emerge il ruolo centrale nella vicenda del Lucano; in essi, infatti, ripetutamente i conversanti fanno riferimento alla necessità di far confluire anche acquisti e spese non pertinenti alle finalità istituzionali previste dalla legge tutti nella causale relativa al progetto di accoglienza e integrazione in favore dei rifugiati».
«Il Comune di Riace – continua la Procura – per la realizzazione del progetto SPRAR, si spiega nel corpo della richiesta di autorizzazione, riceve annualmente un contributo ministeriale che viene liquidato alle associazioni convenzionate, dopa avere accertato la regolare esecuzione de! servizio e l’invio delle rendicontazioni; si legge sempre nella richiesta del PM che – per come emerso sin dalle prime indagini – le associazioni, di cui si avvale il Comune per realizzare il programma di accoglienza integrato dei migranti e l’interesse pubblico cui è preordinato il contributo ministeriale, sono state scelte dal Comune di Riace a chiamata diretta fiduciaria con criteri di selezione personali e discrezionali, e non con l’adozione di una gara ad evidenza pubblica fondata sull’offerta più vantaggiosa economicamente e sull’adeguata competenza e professionalità; in sostanza, pertanto, sin da subito è emerso il ruolo dell’amministrazione comunale e nella specie del Sindaco nella illegittima gestione della procedura prevista per l’erogazione del contributo ministeriale, trasferito solo in un secondo momento alle associazioni in seguito alla attuazione del programma di accoglienza.
Tanto consente di ritenere come non possa dubitarsi che già in quella sede, ossia al momento della richiesta di intercettazione, vi fossero gravi indizi del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis cp) e non del diverso reato di truffa ex art. 640 comma 2 n. 2 cp, atteso che è proprio l’amministrazione comunale nella persona del Sindaco, con la concorrenza degli esponenti della associazione Citta Futura, ad indurre in errore l’Ente che ha erogato il contributo conseguendo un ingiusto profitto».