Strage di Cutro: l’ex comandante delle Capitanerie di porto «non un incidente, ma l’esito di norme becere»
L'Ammiraglio Alessandro a Crotone a margine dell'incontro in occasione del secondo anniversario del naufragio: «prima si usciva sempre per soccorrere»
CROTONE – “La tragedia di Cutro non è stata un incidente, ma l’esito della sovrapposizione di norme becere su un impianto di regole del soccorso che é straordinario. Alcuni eventi diventano inevitabili quando si mettono in moto meccanismi pericolosi”. A lanciare un grido d’allarme è l’ammiraglio in congedo Vittorio Alessandro, ex comandante generale delle Capitanerie di porto, a Crotone a margine di un incontro in occasione del secondo anniversario del naufragio del barcone carico di migranti a “Steccato” di Cutro.
“Ci sono voluti anni di duro lavoro e tanto sangue – ha aggiunto l’ammiraglio Alessandro – per scrivere le norme internazionali sulle procedure del soccorso in mare. Alcune sono straordinarie, ma basta poco, com’é accaduto due anni fa a Cutro, per bloccare il motore. Prima si usciva sempre e in tutte le condizioni. Ora, invece, il funzionario di turno deve chiedersi se ci sono le condizioni per uscire, se ne vale la pena o se è meglio aspettare. E’ accaduto pochi giorni fa anche nel canale di Sicilia, dove una barca con 24 persone a bordo ha dovuto attendere 14 ore per essere soccorsa perché si trovava in acque maltesi e non italiane. Mettiamo allora insieme i tanti episodi simili a Cutro e poi guardiamoci negli occhi: le persone, a prescindere, vanno salvate o no?”.
Farzaneh Maleki, giovane siriana “siamo tutti esseri umani”
“Chiedo alla Presidente Giorgia Meloni di mantenere le promesse che ci ha fatto all’indomani della tragedia, consentendo ai superstiti ed ai parenti delle vittime di ricongiungersi con i loro familiari che risiedono in Europa“. É l’appello lanciato da Farzaneh Maleki, giovane siriana che vive in Germania e che, nel naufragio di Cutro di due anni fa, ha perso alcuni familiari tra cui anche Asif, un neonato che é stata la vittima più piccola, nel corso della conferenza stampa che ha fatto seguito alla veglia di preghiera svoltasi all’alba. Sia la veglia che le altre iniziative svoltesi stamattina sono state organizzate dalla “Rete 26 febbraio”.
“Occorre rendersi conto che questo dolore e questa sofferenza – ha detto ancora Farzaneh Maleki – non appartengono solo alle famiglie delle vittime, ma rappresentano una questione umana che deve essere presa in considerazione. Rispondere quando accadono queste tragedie e garantire giustizia alle vittime è una responsabilità globale che deve essere affrontata con azioni concrete e non con le parole. La preghiera che rivolgo ai governanti italiani é di non trattare i migranti con superficialità. Siamo tutti esseri umani“.