Transizione ecologica: agricoltori e allevatori calabresi contrari alle riforme

Al questionario, per il 78,9% hanno risposto agricoltori, quindi allevatori per il 21% e infine viticoltori per il 13,7%

CATANZARO – Agricoltori ma anche allevatori della Calabria, in linea con il dato nazionale, sono in maggioranza contrari alle riforme del comparto, orientate alla transizione ecologica. È quanto emerge dai questionari somministrati dal Centro di assistenza agricola (Caa) dell’Unsic, ramificato con 105 sedi a livello nazionale. La ricerca, finalizzata alla realizzazione di una tesi del Master in Food Law all’Università Luiss di Roma e coordinata dall’agronoma Daniela Torresetti del Masaf, ha visto la diffusione a livello nazionale di un breve e semplice questionario anonimo per valutare, in particolare, le aspettative e la consapevolezza degli agricoltori riguardo al proprio contributo nella mitigazione del cambiamento climatico e per comprendere come possano tutelare il loro reddito fornendo cibo a prezzi accessibili. Tra gli obiettivi dell’iniziativa anche l’individuazione delle aree di miglioramento per permettere all’associazionismo agricolo di impegnarsi e interagire in modo più efficace nell’attuale e complesso scenario del commercio globale.

Al questionario, per il 78,9% hanno risposto agricoltori, quindi allevatori per il 21% e infine viticoltori per il 13,7%. La produzione aziendale prevalente è di tipo tradizionale (78,2%), segue la produzione certificata (18,5%), biologica (3,2 per cento) e infine “altri marchi di qualità” (1,6%). Per quanto riguarda l’età, la prevalenza è dei lavoratori tra i 40 e i 60 anni (40,3%), quindi gli ultrasessantenni (38,3%), infine gli under 40 con il 21,4%. Le schede della Calabria, con l’8,1% del totale, hanno inciso in modo rilevante ai risultati finale del sondaggio.

Alla domanda sui desideri per la propria azienda, la maggior parte del campione (il 51,6%) ha una visione “conservatrice” dello status quo, cioè preferisce “continuare come adesso”. La percentuale calabrese è più elevata.

La seconda preferenza va per la diversificazione: energie rinnovabili, agriturismo, punto vendita aziendale (24,6%). Al terzo punto l’interesse per le produzioni con marchi Dop, Igp, Stg (14,5%). Infine la previsione dell’adozione della produzione biologica, con l’11,3%. Riguardo alle risposte sul tema del cambiamento climatico, la maggioranza del campione ritiene che il proprio lavoro aiuti “poco” alla sua riduzione (45,2%); il 43,1% è convinto del contrario, cioè che aiuti “molto”; infine un 11,7% sostiene che l’aiuto sia nullo. Anche in questo caso, le percentuali calabresi – rispetto al dato nazionale – sono più orientate a ritenere che il proprio lavoro “aiuti” poco alla riduzione del cambiamento climatico. Alla domanda “Con gli stessi pagamenti diretti percepiti, oggi chiedi…“, la netta maggioranza del campione indica “meno regole ambientali” (71,8%), mentre soltanto il 9,3% la pensa in modo nettamente differente, cioè “più regole a tutela dell’ambiente”. Infine il 19% dice di lasciare tutto com’è adesso.

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