CETRARO (CS) – Revocata la misura di pubblica sicurezza applicata a Junior Muto, figlio di Franco Muto, ritenuto il boss di Cetraro. Il Tribunale di Cosenza, Sezione Misure di Prevenzione, ha disposto la revoca con effetto retroattivo della misura della sorveglianza speciale per Junior Muto, figlio di Franco Muto, considerato esponente di primo piano della criminalità organizzata cetrarese. Il provvedimento è stato adottato all’esito della camera di consiglio del 26 novembre ed è stato depositato oggi dal Collegio giudicante composto da Carmen Ciarcia (Presidente), Stefania Antico (Giudice a latere) e Fabio Giuseppe Squillaci (Giudice a latere/relatore).
Il Tribunale, in difformità dalle conclusioni della Procura, ha accolto integralmente l’istanza dell’avv. Emilio Enzo Quintieri del Foro di Paola, rilevando il difetto originario ed attuale di pericolosità sociale. Una misura applicata nel 2012.
L’iter giudiziario per il figlio del boss Muto di Cetraro
Junior Muto era stato sottoposto alla sorveglianza speciale il 29 febbraio 2012, su proposta della Questura di Cosenza, per due anni (dall’11 aprile 2012 al 10 aprile 2014). All’epoca era stato qualificato come: “soggetto pericoloso generico”, “persona dedita alla commissione di reati che mettono in pericolo la sicurezza e la tranquillità della collettività”, “che vive abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose”.
La misura venne confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro l’11 ottobre 2013 e divenne irrevocabile il 23 novembre dello stesso anno. Nel maggio 2012, in conseguenza all’applicazione della misura, la Prefettura di Cosenza aveva revocato la patente di guida dell’interessato, mai più riottenuta.
La ricostruzione della difesa: “Violato il principio di non contraddizione”
Nell’istanza del 29 settembre, l’avvocato Quintieri ha ripercorso l’intero iter giudiziario del suo assistito sottolineando che la misura era stata applicata “in assenza totale dei presupposti di legge” e che era fondata su procedimenti penali tutti conclusi con sentenze di assoluzione.
Secondo la difesa, in caso di coesistenza di un procedimento penale e uno di prevenzione, se il giudizio penale termina con un’assoluzione, “una elementare regola logica, che è anche regola positiva di giudizio – quella di non contraddizione – esige che il giudizio di prevenzione si fondi su elementi che non siano stati esclusi o smentiti […] nel giudizio penale”. Il Tribunale non può, inoltre, interpretare in modo divergente gli elementi di prova già valutati dal giudice penale: “l’attribuzione di una simile facoltà […] porterebbe elementi di disordine nel sistema”.
Il Tribunale ha condiviso integralmente la tesi, evidenziando che – esclusa una remota condanna del 2004 poi estinta – Junior Muto è stato definitivamente assolto da tutte le ulteriori imputazioni.
Gli elementi recenti contestati e dichiarati irrilevanti
La Questura aveva riportato nuovi elementi: una condanna del 2022 per detenzione e porto di arma bianca (fatto del 2019) e frequentazioni con pregiudicati dal 2020 al 2025. La difesa ne ha chiesto l’esclusione e il Tribunale ha ritenuto che tali aspetti fossero comunque irrilevanti ai fini della revoca.
Con la revoca ex tunc vengono meno tutti gli effetti pregiudizievoli connessi alla misura: licenze, autorizzazioni, concessioni, finanziamenti, accesso ai contratti pubblici. Junior Muto potrà inoltre ottenere una nuova patente senza dover attivare la complessa procedura di “riabilitazione speciale”.
Piena soddisfazione è stata espressa dal difensore, avv. Emilio Enzo Quintieri, che ha dichiarato: “Si tratta di una decisione di grande rilievo giuridico, che ristabilisce la verità processuale e restituisce dignità e diritti fondamentali ad una persona, con un cognome pesante, ingiustamente colpita da una misura di prevenzione gravemente afflittiva eseguita per due anni risultata infondata sin dall’origine. Infatti, non vi erano assolutamente i presupposti per poter applicare la sorveglianza speciale né all’epoca né oggi. Il decreto del Tribunale di Cosenza, che giunge a distanza di oltre dieci anni, dimostra come la giurisdizione, quando esercitata con rigore ed imparzialità, è in grado di correggere anche le più gravi distorsioni”.
