Corruzione e criminalità: come si sprecano soldi pubblici per dare servizi scadenti ai cittadini
Il rapporto tra mafie e corruzione spiegato da Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e della Rete Europea delle Autorità Anticorruzione
ROMA – Scoraggia imprese, lavoratori e funzionari onesti. La corruzione ha la pericolosa capacità di insidiarsi silente in ogni ambiente e sconvolgerne gli equilibri. «È un fenomeno sfuggente, insidioso, difficile da scoprire e da estirpare. Anche perché corrotto e corruttore hanno tutto l’interesse a tenere nascosto il loro accordo. E la vittima non è una singola persona, pronta a denunciare, ma la collettività, con un prezzo altissimo pagato in termini di minori opportunità e servizi più cari o scadenti». Ad affermarlo è il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Giuseppe Busia che da qualche mese presiede anche la Rete Europea delle Autorità Anticorruzione (European Network for Public Ethics). «Sempre più spesso – sottolinea Busia – emergono legami fra fenomeni corruttivi e criminalità organizzata. Corruzione e mafia, pur nettamente distinte sotto il profilo penalistico, sono tuttavia accomunate dal fatto di trarre alimento, entrambe, da pratiche di maladministration, intesa come cattiva gestione dell’attività amministrativa e, quindi, sviamento dell’interesse pubblico e utilizzo inefficace delle risorse della collettività».
Quanta corruzione c’è in Italia?
«Non conosciamo la reale estensione della corruzione in Italia, ma sappiamo che essa spezza quel patto fondativo che è alla base dello stare insieme come comunità. Per questo non basta contrastare la corruzione attraverso la repressione, ma occorre creare strumenti e regole in grado di prevenirla: questo è il compito di ANAC. Il Rapporto Transparency International sulla corruzione nel mondo, indica per il nostro Paese un netto miglioramento nell’ultimo decennio. Dalla nascita dell’Autorità Anticorruzione nel 2014 a oggi, siamo avanzati di 28 posizioni, rispetto a questa classifica sulla percezione della corruzione. L’Italia 20 anni fa era 69esima nella graduatoria mondiale per livello di corruzione percepita. L’ultima rilevazione (precedente ai dati presentati l’11 febbraio 2025 a Roma ndr) vede l’Italia evolversi sempre più fino a passare alla 41° posizione. Se l’azione di ANAC in Italia ha contributo senza dubbio a ridurre il livello di corruzione nel Paese, questo non vuol dire che il problema sia risolto. Forse anche in seguito ad alcuni provvedimenti normativi adottati recentemente, la curva di miglioramento sembra appiattirsi. C’è ancora molto da fare. Soprattutto sul piano della trasparenza delle Pubbliche amministrazioni, dell’attuazione di misure anticorruzione meno burocratiche, della vigilanza sugli appalti, dell’utilizzo della digitalizzazione per monitorare i contratti pubblici. Il cambiamento da produrre è culturale e deve partire dalle scuole».
Il PNRR prevede finanziamenti per oltre 200 miliardi di euro tra il 2021 e il 2026. Sono state rilevate irregolarità?
«Il PNRR rappresenta un’opportunità irripetibile per il Paese. Alla sua attuazione il Governo ha attribuito ben il 90% della pur modesta crescita attesa per il 2024. Risulta evidente, quindi, che non possiamo permetterci insuccessi o battute d’arresto nella sua realizzazione. Certamente positivo è l’impulso dato dal PNRR agli appalti, ma non è sufficiente. In primo luogo, c’è il tema dei ritardi nell’aggiudicazione e nello svolgimento delle procedure. Secondo un recente report di ANAC, i tempi di aggiudicazione delle procedure di appalto di rilevanza comunitaria sono mediamente i più alti in Europa: circa 279 giorni. La differenza risulta particolarmente marcata nei confronti di Francia e Germania, che riportano tempi medi pari a rispettivamente 102 e 84 giorni. Più ridotte, ma pur sempre sostanziali, sono le discrepanze con la Spagna: 180 giorni. Crediamo che la riduzione dei tempi vada garantita attraverso: maggiore impegno sulla digitalizzazione; non limitando la trasparenza o eliminando il confronto positivo fra le imprese per selezionare le offerte migliori. Stiamo entrando nella fase più difficile e delicata del PNRR: l’avvio dei cantieri e l’esecuzione. Step in cui potrebbero manifestarsi le criticità potenzialmente più rilevanti, o comunque idonee a determinare rallentamenti e ritardi, se non gestite in maniera adeguata. Infine, di fronte agli ingenti sforzi per potenziare la capacità delle stazioni appaltanti, non si è (forse) investito abbastanza sulla capacità di risposta dei privati. Sono emersi diversi elementi di debolezza nel tessuto imprenditoriale del Paese, che hanno fatto sì che ad una grande domanda pubblica di contratti non corrispondesse un’offerta altrettanto ampia da parte del mondo delle imprese. La soluzione non va cercata nell’introduzione di nuove procedure in deroga, di norma accompagnate da una riduzione dei controlli, ma nella maggiore trasparenza e apertura del mercato alla concorrenza che contribuisce a ridurre il rischio di fenomeni corruttivi. Sul tema delle irregolarità, abbiamo l’allarmante dato europeo. Dal Rapporto 2023 sulle attività della Procura europea (EPPO) l’Italia risulta essere il Paese con il valore più alto in termini di danni finanziari al bilancio dell’UE stimati a seguito di frodi e malversazioni, anche riconducibili alla criminalità organizzata. Tali dati dipendono certamente anche dall’ingente quantità di fondi messi a disposizione, oltre che dalle capacità investigative delle nostre forze dell’ordine. Tuttavia è chiaro che nessuno oggi può abbassare la guardia sul fronte dell’anticorruzione, che diventa sempre più strategica sul piano interno ed internazionale».
È possibile stimare quanto perde lo Stato?
«Ci sono diverse stime. Non possono però essere precise data la natura occulta di tali fenomeni, che si evolvono nel tempo, rendendosi meno individuabili e misurabili. Rispetto al passato, quando la contropartita della corruzione era rappresentata principalmente dal denaro ed era quindi rintracciabile (o in qualche modo “visibile”), oggi le valigie piene di soldi hanno lasciato il posto a trucchi finanziari creativi, consulenze fittizie, commesse fasulle, favori clientelari. I gruppi di interesse cercano di controllare e condizionare appalti, contratti pubblici, investimenti. Oltre ad operare in modo palesemente illegale, riescono a stravolgere anche gli ordinamenti giuridici a loro favore, per diffondersi in tutto il sistema economico, creando monopoli ed eliminando la concorrenza. Per dare un’idea delle dimensioni del fenomeno e dei suoi effetti sulla crescita e sul benessere collettivo, ecco un dato emerso da studi a livello internazionale: l’impatto economico negativo della corruzione sarebbe 9 volte superiore al sostegno ufficiale allo sviluppo globale».
Qual è il livello di corruzione nei concorsi pubblici?
«Una delle aree di rischio su cui ANAC concentra la sua vigilanza riguarda proprio le assunzioni e gestione del personale. Una buona parte delle segnalazioni riguardano presunte irregolarità nelle procedure di selezione o nel conferimento di incarichi dirigenziali. Poiché ANAC non può valutare la legittimità degli atti amministrativi – competenza riservata esclusivamente all’autorità giudiziaria –, la vigilanza si focalizza sulla corretta attuazione delle misure preventive del rischio. L’Autorità più volte ha richiesto alle Pubbliche amministrazioni impegnate nella predisposizione di bandi di concorso e procedure assimilate, di non ricorrere a clausole o previsioni che abbiano come effetto quello di restringere indebitamente la platea dei potenziali concorrenti, ad esempio, fissando un requisito di accesso alla procedura che limiti irragionevolmente la partecipazione. In generale, serve scongiurare la predisposizione di bandi tali da suscitare il sospetto che le relative procedure concorsuali favoriscano soggetti predeterminati. Troppi i casi in cui si manifestano conflitti di interesse. Episodi che minano l’imparzialità della procedura e la credibilità stessa dell’ente che la gestisce. Purtroppo, in Italia l’abolizione del reato di abuso d’ufficio ha lasciato un vuoto normativo rispetto a fattispecie di reato rilevanti. Oggi, ad esempio, se un commissario di concorso favorisce un amico, senza chiedere in cambio qualcosa, non è più punito penalmente. Stessa cosa se, prima del concorso, non dichiara di avere un conflitto di interessi e poi non si astiene quando deve giudicare».
L’Italia è un Paese sempre più corrotto?
«Il progetto “Misurazione della corruzione” mette a disposizione della collettività indicatori scientifici in grado di stabilire quanto sia alto il rischio che si possano verificare fatti di corruzione nel territorio. Vanno considerati come dei campanelli d’allarme. Segnalano situazioni potenzialmente problematiche. Consentono così di avere il quadro di contesti territoriali più o meno esposti a fenomeni corruttivi, zone sulle quali investire in termini di prevenzione e/o di indagine, ma anche di orientare l’attenzione dei watchdog della società civile e di attivare, così, la partecipazione civica. Sul sito istituzionale di ANAC vi è un’apposita sezione “Misura la corruzione”, all’interno della quale è possibile, in maniera facile e partecipativa, verificare i rischi in ogni città o provincia italiana. Accedendovi, chiunque può visionare il proprio territorio d’interesse e, sulla base di indicatori precisi, suddivisi in tre filoni tematici (di contesto, di appalto e comunali), stabilire quanto sia alto il rischio che si possano verificare fatti di corruzione».
Con il nuovo Codice degli appalti la corruzione è diminuita?
«Allo stato attuale, i dati non consentono ancora di valutare quanto la nuova disciplina dei contratti pubblici abbia influito sul fenomeno della corruzione. Il ripetuto ricorso a deroghe, discipline parallele, procedure speciali, costituisce un forte elemento di criticità. Dà luogo a sovrapposizioni e stratificazioni normative che determinano difficoltà applicative, opacità e rischiano di alimentare il contenzioso. Il nuovo Codice dei contratti ha realizzato significativi progressi sul piano della digitalizzazione delle procedure e della qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza, contribuendo a raggiungere gli obiettivi di efficienza e qualità dell’attività della pubblica amministrazione nel settore degli appalti. Permangono tuttavia alcuni profili critici, anche sul piano della prevenzione della corruzione. In particolare, per gli affidamenti diretti e le procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando, il cui utilizzo è aumentato in maniera significativa per effetto dell’innalzamento delle relative soglie. Il nuovo Codice, oltre a non prevedere l’obbligo di avvisi o bandi per i lavori fino a 5 milioni di euro, consente di acquistare beni o affidare servizi fino a 140.000 euro senza neanche il vincolo di richiedere più preventivi. In sede di discussione della normativa, avevamo evidenziato il conseguente rischio di incremento dei fenomeni di corruzione. Il decreto correttivo approvato dal Governo ed ora all’esame del Parlamento non risolve tale problematica lasciando immutate le soglie per l’affidamento diretto e le procedure negoziate senza bando, senza prevedere misure compensative di trasparenza».
Qual è l’importo ricavato dalle sanzioni?
«Nell’ambito dell’attività di vigilanza sui lavori pubblici, l’Autorità ha ricevuto nel 2023 circa 4.500 segnalazioni, delle quali 612 sono state trattate entro l’anno per rilevare ricorrenti profili problematici, mentre sono stati aperti 182 fascicoli, con la conseguente attivazione di iniziative istruttorie. Particolare rilevanza assumono le attività scaturite da accertamenti ispettivi condotti dall’Autorità, al fine di acquisire elementi per la verifica e il controllo delle procedure di affidamento e dello stato di avanzamento dei lavori. Nel 2023, sono state condotte 3 indagini, che hanno riguardato fattispecie particolarmente complesse: 2 riguardano appalti integrati, di importo a base d’asta rispettivamente di 71.606.227 euro e 103.949.303 euro; mentre la terza è riconducibile ad una stazione appaltante che, dall’esame della Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, risultava tra quelle che ricorreva maggiormente all’istituto dell’accordo quadro. L’attività di vigilanza sui contratti di servizi e forniture, a fronte di circa 3.400 segnalazioni pervenute, ha comportato l’apertura di circa 600 istruttorie. I procedimenti sanzionatori in materia di contratti pubblici nel 2023 sono stati, complessivamente 174, in calo rispetto agli anni precedenti (777 nel 2021 e 389 nel 2022). Il dato risulta coerente con l’approccio collaborativo che ANAC ha scelto di adottare, teso a prevenire e correggere più che a reprimere e sanzionare».
In qualità di Presidente della Rete europea delle Autorità Anticorruzione (European Network for Public Ethics) può descriverci la corruzione al di fuori dell’Italia?
«La corruzione sta diventando sempre più un fenomeno transnazionale, che richiede, pertanto, strategie di prevenzione e repressione coordinate tra i diversi Paesi. Per questo motivo l’esperienza delle Reti, nel campo della promozione dell’integrità, dell’etica pubblica e della lotta alla corruzione, risulta oggi tanto importante. Esse rappresentano uno spazio per lo scambio di buone pratiche, un luogo di confronto per la condivisione di misure e linee d’azione. La corruzione, in Italia come nel resto del mondo, è oggi ancora più pericolosa perché sempre più spesso si lega alla criminalità organizzata. Come le mafie, anche la corruzione ha iniziato a manifestarsi negli ultimi anni in modo dirompente e pervasivo, mostrandosi capace di contaminare – proprio in sinergia con gli altri meccanismi della criminalità mafiosa – le istituzioni, l’economia e la società. Per questo motivo è fondamentale investire anche nella prevenzione. Così come la lotta alla criminalità organizzata non può essere condotta solo attraverso arresti e sequestri, la lotta alla corruzione non può essere condotta solo attraverso azioni “reattive”, che necessariamente avvengono dopo la notizia di reato».
La corruzione in Italia e nel resto d’Europa in cosa si somiglia?
«La corruzione è diventata ormai un fenomeno talmente pervasivo e ha assunto ormai una così chiara dimensione transnazionale da presentare complessivamente caratteristiche simili in tutta Europa. Nelle sue forme più sofisticate, non conosce confini e sarebbe riduttivo pensare di poter contrastare un fenomeno così complesso e articolato, anche per le rilevanti implicazioni internazionali, in una prospettiva esclusivamente nazionale. In considerazione della trasversalità della corruzione e della fluidità delle pratiche corruttive, la cooperazione transnazionale, in ambito Ue, rappresenta un obiettivo non procrastinabile. Sebbene il fenomeno sia più o meno presente e radicato, l’indagine 2024 di Eurobarometro sull’atteggiamento dei cittadini dell’Ue nei confronti della corruzione ha rilevato che in media il 68% degli Europei (e il 78% degli italiani) considera la corruzione diffusa nel proprio Paese. Circa il 65% ritiene che gli episodi che si verificano ad alto livello non siano perseguiti a sufficienza e solo il 30% pensa che gli sforzi del governo per combattere i fondi illeciti siano efficaci. I dati dimostrano che, a prescindere dalle diverse sensibilità, la corruzione è comunque percepita come una minaccia da una quota rilevante della popolazione europea».