Difficoltà economiche: nel 2023 quasi 10 milioni di cittadini hanno richiesto un prestito, 54,7% ai familiari
Nel 2023 meno di un quarto (23,1%) dei cittadini residenti di 18-74 anni ha chiesto un prestito o un aiuto economico in un momento di difficoltà. Maggiori richieste di prestito si registrano tra chi non lavora o ha contratti a tempo determinato
ROMA – La fragilità sociale è all’origine delle richieste di aiuto economico e tende a porre i soggetti interessati in uno stato di subalternità e dipendenza. Secondo il report dell’Istat “Le richieste di aiuto economico dei cittadini”, nel 2023 meno di un quarto (23,1%) dei cittadini residenti di 18-74 anni ha chiesto un prestito o un aiuto economico in un momento di difficoltà e tra questi, il 54,7% si è rivolto ai familiari. Il 31,4% alle banche, il 22,7% alle società finanziarie, il 7,4% agli amici o ai vicini di casa, il 2,4% ad altre persone.
La quota di chi richiede un prestito/aiuto tra i disoccupati arriva al 34%.
I familiari concedono il prestito/aiuto nel 97% dei casi, chiedendo in cambio un interesse soltanto al 7,5% dei richiedenti. Il 27,7% di chi ha ricevuto il prestito non sa valutare se l’interesse pagato è più alto o meno rispetto a quanto avrebbe richiesto la propria banca. All’8,5% dei cittadini è capitato di ricevere proposte di aiuto economico, a prescindere dal fatto che abbiano o meno chiesto un prestito o un aiuto economico.
“Inoltre – osserva l’Istat – i cittadini in questa condizione possono trovarsi ad avere relazioni con soggetti/operatori afferenti a un’area grigia, incluso il mercato illegale del credito e l’usura. “L’impatto che il fenomeno ha sulla vita dei cittadini e sul tessuto socio-economico nel suo complesso è rilevante e impone la disponibilità di una solida base informativa statistica al fine di monitorarne l’andamento”.
Disoccupati o impiegati a tempo determinato
Maggiori richieste di prestito si registrano tra chi non lavora o ha contratti a tempo determinato: “sono le persone in cerca di occupazione, più degli occupati e degli inattivi, a chiedere una qualche forma di aiuto economico – si legge nel rapporto – si tratta del 34% dei primi, rispetto al 24% e al 20,6% dei secondi”.
Rilevante la tipologia di contratto dei lavoratori dipendenti: mentre ha chiesto un aiuto economico il 31,2% dei lavoratori dipendenti con contratto a tempo determinato, la percentuale scende al 22,8% tra quelli con contratto a tempo indeterminato.
Alla famiglia ha chiesto aiuto una quota decisamente superiore di persone in cerca di occupazione (24,4%) rispetto agli occupati e agli inattivi (12,1%); chiedono più spesso aiuto alle società finanziarie sia gli occupati (6%) sia i cittadini in cerca di occupazione (6,4%) rispetto agli inattivi (4%), mentre si rivolgono alle banche con maggior frequenza gli occupati (9,1%) rispetto ai cittadini in cerca di occupazione (4,8%) e agli inattivi (5%).
La richiesta di un prestito o di un aiuto economico è più diffusa tra chi ha un titolo di studio di scuola secondaria: sono il 24,7% dei diplomati, a seguire i cittadini con titolo fino alla licenza media (23,1%), e in misura inferiore i laureati o in possesso di un titolo ancora superiore (19,7%).
Oltre la metà dei cittadini quando ha bisogno di aiuto si rivolge alla famiglia raggiungendo una quota di circa 5 milioni 344mila. A seguire, oltre 3 milioni (circa 3 milioni 69mila) si sono rivolti alle banche, circa 2 milioni 213mila alle società finanziarie, oltre 700mila (circa 722mila) agli amici o ai vicini di casa e circa 235mila ad altre persone.
Richieste di prestito o aiuto economico si registrano soprattutto nelle classi di età comprese tra i 18 e i 44 anni (28,5%). Al crescere dell’età diminuiscono i cittadini che chiedono un aiuto economico: poco più di un quarto (22,9%) dei 45-64enni e il 14,5% dei 65-74enni.
Le richieste di aiuto sono più diffuse nelle Isole (26,3%) e nel Sud (25,7%), segue il Centro (24,2%), mentre si collocano sotto la media il Nord-est (20,9%) e il Nord-ovest (20,3%). Tra le regioni spiccano la Puglia (28,4%), il Lazio (27,6%) e la Sicilia (27,3%); sopra la media anche la Calabria, la Campania, l’Umbria e l’Emilia Romagna.