Il diabete può accelerare l’invecchiamento, danni ad arterie e reni
Nella popolazione con diabete la perdita di funzionalità del compartimento staminale, uno dei meccanismi alla base dell'invecchiamento, avviene in maniera accelerata
COSENZA – “L’obesità e il diabete sono in grado di alterare la funzionalità degli adipociti anche quando si trovano ancora in uno stadio di staminalità”, spiega il prof. Sebastio Perrini. Questo quanto emerso al 30° Congresso nazionale della Società italiana di diabetologia (Sid), a Rimini. “Senza normale turnover cellulare fisiologico i tessuti invecchiano, la pelle perde la sua normale elasticità e le cellule vanno più facilmente incontro a disfunzione favorendo l’insorgenza di patologie tipiche dell’invecchiamento, quali le malattie cardiovascolari, neurologiche e renali”.
La lipotossicità, una delle alterazioni metaboliche associate al diabete, è caratterizzata da eccesso di acidi grassi liberi nel sangue, con l’accumulo di grasso in sedi ectopiche, dove normalmente non dovrebbe essere (o essere poco) presente: viscere addominali, cuore, fegato, pancreas. Con conseguente possibile insorgenza della sindrome cardio-renale-metabolica, fino alla disfunzione multiorgano e a esiti cardiovascolari avversi. Oltre all’invecchiamento, il diabete contribuisce a sviluppare condizioni che riducono la qualità e potenzialmente l’aspettativa di vita. Impatta anche su fertilità e funzione sessuale: disturbi ormonali secondari a una cronica iperglicemia possono favorire infertilità, disfunzione erettile negli uomini e irregolarità del ciclo mestruale nelle donne, anche in giovane età.
Livelli elevati di glucosio e conseguente stress ossidativo possono dare via neuropatia e vasculopatia, causando debolezza, difficoltà motorie, o favorendo l’insorgenza del cosiddetto ‘piede diabetico’. Nelle persone con diabete, un deficit secretorio dell’insulina favorisce la perdita di massa muscolare. “Il diabete accelera il processo di invecchiamento cellulare e ha un impatto devastante su numerosi organi e tessuti”, spiega Raffaella Buzzetti, presidente eletta Sid. Fondamentali “diagnosi precoce, trattamento intensivo e continui progressi nella ricerca, per affrontare le sfide poste da questa complessa malattia”.