Inchiesta “Hydra”, riconosciuta l’esistenza di un’alleanza tra le tre mafie in Lombardia

Il Riesame doveva esprimersi sull'inchiesta Hydra della Dda di Milano dopo che il gip aveva rigettato 142 misure cautelari su 153. Custodia cautelare per Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra, Gioacchino Amico, per conto della camorra, e Massimo Rosi, anche lui presunto esponente di vertice per la 'ndrangheta

MILANO – Un “consorzio” delle tre mafie in Lombardia. A riconoscere l’esistenza di tale alleanza è il Tribunale del Riesame di Milano, dopo il ricorso della pm Alessandra Cerreti, nella maxi inchiesta “Hydra” dei carabinieri di Milano e Varese, che aveva rinnovato la richiesta di custodia cautelare in carcere per 79 indagati, dopo che il gip Tommaso Perna un anno fa aveva rigettato 142 istanze su 153, disponendo 11 arresti, bocciando l’accusa di associazione mafiosa come “consorzio” delle tre mafie, Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta, ribattezzato “sistema mafioso lombardo“.

“Supermafia”

Secondo quanto si è appreso sono state notificate al momento le decisioni con cui il Riesame ha accolto il ricorso della Dda, guidata dal procuratore Marcello Viola, per la custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa come “patto” tra le tre mafie (il capo 1 dell’imputazione della Procura) per le posizioni di Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra, di Gioacchino Amico, per conto della camorra, e per Massimo Rosi, anche lui presunto esponente di vertice per la ‘ndrangheta. Gli indagati, però, potranno fare ricorso in Cassazione e, dunque, la decisione sulla custodia in carcere non è immediatamente esecutiva. Per una quarta posizione, invece, il ricorso dei pm non è stato accolto. Da quanto si è appreso, i vari collegi del Riesame che si sono occupati in questi mesi del caso depositeranno i provvedimenti a scaglioni in questi giorni. Riconosciuta, però, la tesi principale della Dda sul “consorzio” tra le mafie, che era stata bocciata dal gip.

Si può “ritenere che singoli soggetti anche appartenenti alle mafie cosiddette storiche abbiano costituito una associazione di stampo mafioso non configurabile però né come una confederazione di mafie né come una ‘supermafia‘ avendo trasferito nel sodalizio orizzontale tutti i tratti genetici delle associazioni di appartenenza”. Lo scrive il presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia in un comunicato con cui dà contro della decisione del Riesame di Milano sull’inchiesta “Hydra” della Dda sul presunto patto tra le tre mafie in Lombardia, definito dai pm come “sistema mafioso lombardo”.

Il Riesame di Milano, si legge nella nota, ha depositato “13 ordinanze su 79 posizioni esaminate nell’appello proposto dalla Procura della Repubblica di Milano-Dda”. Il collegio ha ritenuto “ampiamente dimostrato – scrive Roia – che il sodalizio contestato abbia fatto effettivo, concreto, attuale e percepibile uso, anche con metodi violenti o minacciosi, della forza di intimidazione nella commissione di delitti come nella acquisizione del controllo e gestione di attività economiche, che sono propriamente gli ambiti di attività che, secondo il parametro normativo, tipizzano la natura mafiosa del gruppo”. L’uso “del metodo mafioso e il programma criminale mafioso ex art. 416-bis, terzo e sesto comma codice penale, non lascia mai dubbi sulla qualità propria dell’associazione”.

In tal senso, sulla base della “Giurisprudenza di legittimità“, prosegue la nota, “il sodalizio, tale per la funzionalizzazione di strutture e capitali comuni alla realizzazione con metodo mafioso del suo oggetto come partecipato (a vari livelli) da soggetti di diversa provenienza mafiosa e con un ambito operativo che è quello proprio del comma terzo dell’art. 416 bis codice penale, si connota indubbiamente in termini mafiosi”.

In 1121 pagine del ricorso al Riesame il pm Alessandra Cerreti aveva tenuto a precisare, rispetto a quanto scritto dal giudice nell’ordinanza, di non aver “mai sostenuto trattarsi di una super associazione mafiosa (…) composta dalle 3 mafie italiane“. Il capo di imputazione sul punto appare, aveva scritto la Dda, “estremamente chiaro: trattasi di mere ‘componenti’ delle tre tradizionali associazioni mafiose, operative sul territorio milanese” e non altrove “che si alleano strutturalmente tra loro per aumentare le possibilità di profitto” ed “evitare i conflitti”.

Il 25 ottobre dello scorso anno erano stati eseguiti solo 11 arresti sulle 153 misure cautelari richieste dalla Dda. Ossia gli arresti disposti dal gip non per associazione mafiosa ma per reati come estorsioni, al massimo con l’aggravante mafiosa. Per la Dda il “sodalizio” ha tenuto insieme più clan delle tre mafie: si va dalla cosca Iamonte alla famiglia Romeo di San Luca, al “gruppo Senese” con addentellati a Napoli e nella Capitale, fino agli emissari di Gaetano Fidanzati, dei Rinzivillo e dei “trapanesi” collegati al mandamento di Castelvetrano, un tempo guidato da Matteo Messina Denaro. Tra questi ultimi figura anche Paolo Aurelio Errante Parrino, che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il capo dei capi Messina Denaro, morto più di un anno fa.

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