La Corte costituzionale ‘legittima’ gli ambulatori di fibromialgia in Calabria

La Corte ha precisato che la realizzazione di tali prestazioni, pur non ricomprese fra i livelli essenziali delle prestazioni (LEA), non contrasta con il divieto di spese non obbligatorie

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ROMA – Con la sentenza n. 201 del 2024, pubblicata oggi, la Corte costituzionale ha riconosciuto che non sono incostituzionali le previsioni contenute nell’art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione Calabria n. 8 del 2024 (Disposizioni per il riconoscimento della rilevanza sociale della fibromialgia e della elettrosensibilità e istituzione dei relativi registri regionali), volte a promuovere l’istituzione, a livello sia ospedaliero che territoriale, di ambulatori, anche multidisciplinari, dedicati all’attività gratuita di screening, trattamento e gestione degli esiti della fibromialgia. La Corte – rende noto un comunicato della Consulta – ha precisato che la realizzazione di tali prestazioni, pur non ricomprese fra i livelli essenziali delle prestazioni (LEA), non contrasta con il divieto di spese non obbligatorie, della legge n. 311 del 2004, gravante sulle regioni, come la Calabria, sottoposte a piano di rientro dal disavanzo sanitario. E ciò in quanto esse sono attuate dalla Regione senza “oneri di spesa a carico del bilancio regionale”, in forza (ed entro i limiti) delle risorse di uno specifico fondo statale istituito nel 2021 e “finalizzato allo studio, alla diagnosi e alla cura della fibromialgia”. Tali risorse sono state poi ripartite fra le regioni con lo specifico compito di individuare “sul proprio territorio uno o più centri specializzati, idonei alla diagnosi e alla cura della fibromialgia” e il legislatore calabrese non ha fatto altro che perseguire tale obiettivo.

Le medesime disposizioni regionali sono state, invece, dichiarate incostituzionali, nella parte in cui estendono la previsione dell’istituzione, nel territorio regionale, di ambulatori per diagnosi, trattamento e cura dell’elettrosensibilità, sindrome distinta dalla fibromialgia, peraltro finora neppure riconosciuta quale patologia dagli organismi internazionali e interni di ricerca medica. Le prestazioni inerenti a tale sindrome, in quanto non riconducibili al fondo specificamente riferito alla sola fibromialgia, né ai LEA sono, infatti, tali da generare un incremento della spesa sanitaria regionale incompatibile con il divieto di spese non obbligatorie. La Corte ha, tuttavia, espresso l’auspicio che, a livello statale, si porti al più presto a conclusione, secondo le procedure e le modalità previste e in linea con le indicazioni del progresso scientifico e medico, l’aggiornamento dei LEA, la cui individuazione è ferma al d.P.C.m. 12 gennaio 2017. In assenza di tale aggiornamento, i cittadini residenti in regioni sottoposte a piano di rientro dal disavanzo sanitario si trovano, infatti, nell’impossibilità di usufruire di prestazioni divenute essenziali alla luce di sopravvenute evidenze scientifiche.

Sono state, infine, ritenute non fondate le censure relative alle previsioni della medesima legge regionale inerenti alle attività di collaborazione presso gli ambulatori multidisciplinari, nonché, più in generale, di supporto e aiuto ai pazienti, per le quali è espressamente indicato il coinvolgimento solo di associazioni di volontariato e di altre associazioni. Al riguardo, la Corte ha affermato che il richiamo operato dal legislatore regionale solo ad alcuni tipi di enti del terzo settore (ETS), peraltro in maniera poco accurata e disomogenea, non ha un significato preclusivo, bensì meramente esemplificativo. Alla luce di una lettura sistematica dell’intera legge, nonché dai lavori preparatori della stessa, risulta chiaro che il legislatore calabrese ha inteso, all’opposto, riferirsi a tutto il “complesso e variegato arcipelago” dei soggetti di diritto privato che “esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.

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