«Le norme anti-covid erano ingiuste». Cittadini risarciti con 10 euro simbolici per danno non patrimoniale

La causa intentata da una ventina di cittadini contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la sentenza da parte di un Giudice di pace di Alessandria: «il diritto alla salute non gode di una superiorità rispetto agli altri diritti fondamentali»

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ALESSANDRIA – Le norme anti Covid erano ingiuste e i cittadini hanno diritto a essere risarciti con 10 euro per “danno non patrimoniale”. È quanto stabilito da una sentenza con cui un Giudice di Pace di Alessandria ha dato ragione a una ventina di persone che avevano fatto causa alla Presidenza del Consiglio dei ministri. L’ente aveva chiesto di respingere il ricorso, ma il magistrato onorario ha sancito, nella sentenza, che «le posizioni espresse dall’attuale credibile Consiglio dei ministri» in materia di pandemia e vaccini sono «quasi una sorta di confessione stragiudiziale del carattere illecito della normativa». Il riferimento è sul decreto legge del 2024 che ha previsto la cancellazione delle multe ai No Vax. Secondo il giudice, infatti, i politici attualmente al governo in questione hanno fatto capire che le multe in epoca pandemica furono «una forzatura» e che nella normativa emergenziale «vi sono stati errori in buona fede ma forse anche in mala fede».

Lo Stato di emergenza nazionale del 2020

I ricorrenti avevano contestato praticamente per intero la legittimità della normativa anti Covid a cominciare dalla dichiarazione di “stato di emergenza nazionale” del 31 gennaio 2020, sostenendo di essere stati «costretti a comportamenti non desiderati in modo ricattatorio a fronte di benefici inesistenti per quanto concerne il contenimento dell’emergenza epidemica». La Presidenza del Consiglio aveva eccepito il “difetto di giurisdizione”, perché “«l‘attività legislativa è espressione del potere politico», aggiungendo che, eventualmente, non poteva essere il Giudice onorario a decidere, ma al massimo la giustizia amministrativa (il Tar e il Consiglio di Stato).

Il diritto alla salute non gode di una superiorità

Il giudice si è detto di parere diverso in quanto non è stato chiamato a “invadere la funzione sovrana“, ma solo a stabilire se c’è stato un illecito civile. Inoltre, a differenza di colleghi che finora si erano pronunciati in senso opposto, ha stabilito che è corretto chiamare in causa la Presidenza del Consiglio (la “legittimazione passiva“). Quindi ha spiegato che «il diritto alla salute non gode di una superiorità rispetto agli altri diritti fondamentali», che gli effetti della legislazione emergenziale presentano “aspetti inquietanti”, che le persone sono state costrette a «inocularsi farmaci sperimentali o comunque non approvati in via definitiva». Infine il giudice ha elencato una serie di dati da cui risulta che «in Stati dove le norme di confinamento domiciliare non sono state adottate la diffusione dei contagi è stata inferiore e inferiore è stata la mortalità». La conclusione è che ai ricorrenti spettano dieci euro ciascuno per “danno dinamico-relazionale e danno morale”.

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