Salute, l’allarme del sindacato: “Perdiamo per strada sempre più infermieri”

Secondo un'indagine Nursing Up i professionisti dell'assistenza rappresentano la categoria che ha fatto registrare, nel biennio 2021-2022, il più alto numero di dimissioni volontarie dalla sanità pubblica

ROMA – «Cominciamo questo mese di settembre, che si annuncia da subito “caldissimo”, in vista di possibili agitazioni dei professionisti sanitari, e in virtù delle delicate trattative contrattuali che sembrano ancora lontane dalla svolta sperata, con una accurata indagine che scava a fondo nei deficit irrisolti del nostro Sistema Sanitario, analizzando in modo dettagliato i dati del personale SSN del biennio 2021-2022, partendo dai numeri del Ministero Salute e da quelli successivi, messi a disposizione dalla Ragioneria dello Stato». Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.

«I numeri non mentono: noi del Nursing Up siamo partiti dalla definizione di “cessati puri”, una terminologia usata proprio nel Rapporto del Ministero della Salute, che nello specifico indica il numero di coloro che, sulla base di un contratto a tempo indeterminato, lasciano la sanità pubblica, e comprendono il collocamento a riposo per limiti di età, le dimissioni con diritto a pensione e la risoluzione del rapporto di lavoro e infine i licenziamenti. Ebbene è proprio il Ministero che, per l’anno 2021 indica, nella cifra considerevole di 52.534 professionisti, il numero di dipendenti della sanità che abbiamo “perso per strada”, i cosiddetti “cessati puri”, che a loro volta rappresentano il 56% delle cessazioni complessive.

Le tabelle del Rapporto del Ministero sono chiarissime e vanno analizzate e comprese. Di conseguenza, si arriva anche al numero di infermieri dimissionari, estrapolandoli proprio dai dati sopra indicati. Gli infermieri dimissionari nel 2021, facenti appunto parte del totale dei cessati puri, sono compresi tra Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere Universitarie, IRCCS, Asl e altre realtà: nel complesso parliamo di ben 6953 infermieri che si sono dimessi volontariamente dal nostro SSN nell’anno in questione.

A questi abbiamo aggiunto, sempre da nostra indagine, su più fronti, un’accurata analisi che si rivela peggiorativa, per l’anno 2022, proprio per i professionisti dell’assistenza. Siamo partiti dai numeri della Ragioneria dello Stato che, per il 2022 indicano in 283.939 il numero totale di infermieri (+ 4078 rispetto al 2021, grazie ad un esiguo numero di assunzioni).

Abbiamo poi analizzato i dati degli Ordini Professionali e delle Regioni, che indicano, per l’anno in questione, una percentuale di circa il 3% di dimissioni volontarie sul totale degli infermieri. Da questi dati emerge che nel 2022 abbiamo perso, per dimissioni volontarie, non meno di 8500 professionisti dell’assistenza, per un totale, nel biennio in questione, di 15450 infermieri.

Dalla nostra analisi, costruita su dati assai attendibili, si evince, quindi, che gli infermieri sono oggi la categoria della sanità che in assoluto abbandona maggiormente, “di sua sponte”, la sanità pubblica. Le destinazioni sono i paesi stranieri, il privato, nonché c’è una percentuale di oltre il 20%, come risulta da nostri ulteriori approfondimenti, che abbandona per sempre il settore della sanità, decidendo proprio di cambiare del tutto vita.

A questa percentuale arriviamo analizzando i dati dei principali paesi europei e anglofoni emersi dal survey, su base decennale, denominato Rn Work Project, realizzato da numerose università Usa all’interno di quelle nazioni del Pianeta con un sistema sanitario maggiormente sviluppato.

Il report indica in una media molto alta, del 18%, la percentuale di abbandono degli infermieri nei primi due anni post laurea, mentre oscilla tra il 2 e il 3% il dato degli infermieri dimissionari dopo un periodo di almeno 10 anni di professione, tra turni massacranti, escalation di aggressioni, retribuzioni non al passo con il costo della vita, aumento esponenziale di malattie professionali “acquisite sul campo”.

Il survey indica che la percentuale si abbassa nettamente con l’avanzare dell’età e degli anni di lavoro, dal momento che non è facile abbandonare la professione per gli over 35, commentano gli esperti, quando, nonostante le difficoltà, si ha molto spesso una famiglia alle spalle e si nutre poca speranza che sarà facile un adeguato reinserimento lavorativo, a fronte della eventuale decisione di rinunciare a un contratto a tempo indeterminato.

Eppure i dati sono significativi, compresi quelli di un 55% che, nei Paesi indicati, è sull’orlo, da tempo, di una vera e propria crisi di nervi, e medita da tempo, pur non avendolo ancora fatto, di abbandonare la professione o quanto meno di cambiare eventualmente reparto (pronto soccorsi e reparti di emergenza urgenza su tutti, da cui si registra una vera e propria fuga di personale), alleggerendo, quindi, il peso schiacciante del proprio lavoro quotidiano.

Gli infermieri dei paesi Ue e quelli dei paesi anglofoni nutrono oggi scarsissima fiducia che le istituzioni possano cambiare in positivo le cose a breve termine, senza dimenticare che oltre il 40% dei professionisti, facenti parte dei sistemi sanitari mondiali più evoluti, ha subito almeno un’aggressione fisica e di conseguenza, alla luce anche di retribuzioni poco gratificanti, si sente abbandonato a se stesso e si chiede ogni giorno se valga davvero la pena andare avanti», conclude De Palma.

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