Lui, lei e l’altra e una denuncia per stalker per liberarsi di una delle fidanzate

Una storia durata otto anni, quasi dieci. Poi gli ultimi tre anni, probabilmente un nuovo amore e la denuncia montata ad arte. Ma la ex viene assolta perchè il fatto non sussiste

 

COSENZA – C’è una dipendente comunale presunto stalker, un poliziotto vittima, una delle tante minacce di omicidio, un’accusa pesante, un processo da affrontare e un avvocato detective che scagiona la sua cliente. A leggerli così, sembrano gli ingredienti di un buon libro di una storia avvincente. In realtà sono tutti gli ingredienti di una storia reale, dove la vittima sarebbe solo la dipendente comunale. Niente Stalker ma un uomo che ha tenuto “un piede in due scarpe” per otto anni e poi, non  sapendo come fare per liberarsi della donna in vista di un nuovo amore, sporge querela inventando una storia con un conto salato, sgonfiatasi grazie alla verità dei fatti rintracciati dalle indagini effettuate dalla difesa rappresentata dall’avvocato Giampiero Calabrese.

Ricapitolando una denuncia fatta dall’uomo per il reato di stalking: una relazione extra dopo otto anni di vita di coppia e alla richiesta di una vita piu stabile, il 50enne preferisce sporgere denuncia contro un’estranea, secondo la sua tesi, che gli renderebbe l’esistenza invivibile senza sapere il perché. Scattano le indagini difensive da parte della difesa, si richiede il rito abbreviato e si rinvia l’udienza per dare modo alla Procura di procedere per legge.

Ieri mattina il procuratore della Repubblica Cava, a seguito delle indagini difensive e alla rilettura delle carte, formula una richiesta di assoluzione perché il fatto non sussiste. La parte civile si oppone, ma l’avvocato Calabrese dimostra la veridicità delle indagini e la dipendente comunale si scrolla di dosso un pezzo di vita.

La denuncia del poliziotto

Andiamo per ordine. A.S. 50enne sporge querela contro Annamaria, così la indica in querela, perché dopo otto anni ancora non saprebbe il suo cognome. Racconta di averla conosciuta tramite un amico, di aver preso solo un caffè con lei in un bar su corso Mazzini, avere scambiato due chiacchiere e poi di non averla mai più rivista se non sempre su corso Mazzini, durate alcune passeggiate. In quelle occasioni la donna avrebbe tenuto un atteggiamento rancoroso “che attribuivo al semplice fatto di aver rifiutato di andare con lei oltre la semplice chiacchierata iniziale”. In questi anni, – dichiara in denuncia il poliziotto -, di avere avuto con la donna altri incontri sul corso principale della città, che ha continuato a mantenere lo stesso atteggiamento, tanto da indurre il poliziotto a chiederne la motivazione. La dipendente comunale per tutta risposta avrebbe detto “Hai ragione ma la colpa è tua perché vieni a spiare i miei sogni”. Da questa risposta l’uomo avrebbe capito l’instabilità mentale della presunta stalker.

Si giunge ad aprile 2017 e un sabato pomeriggio il 50enne siede ad uno dei tavoli di uno dei bar del corso, in compagnia della fidanzata, della figlia di quest’ultimo accompagnata dal marito e e da una coppia di amici. Davanti a lui si presenta Annamaria, in compagnia di una giovane donna, a lui sconosciuta, e gli svuota un bicchiere di acqua sul volto gridandogli di lasciarla stare. Il 50enne dichiara di non aver mai avuto nessun tipo di rapporto con la donna di cui conosceva solo il nome.

E ancora, in denuncia, cita a suo avviso, un altro episodio di stalker. Un giorno mentre passeggiava su corso Mazzini con la sua compagna, sarebbe stato ancora fermato dalla stalker, in quel momento accompagnata da un uomo sulla sessantina, che lo avrebbe minacciato di morte. Per non parlare dei messaggi arrivati sul telefonino tramite Facebook e della visita fatta sul posto di lavoro. In quell’occasione ai colleghi del poliziotto avrebbe chiesto di riferire “che era meglio per tutti se io mi fossi fatto trovare”

 

Una storia che non farebbe una piega, se non per il fatto che la maggior parte dei racconti siano stati travisati e cambiati, ossia totalmente falsi. Ma la vera storia è un’altra che racconta Annamaria Prete, colpevole secondo gli inquirenti “con più condotte reiterate nel tempo, fi minacciare e molestare il 50enne, infastidendolo e disturbandolo in vari modi; in particolare inviava numerosissimi messaggi, dal contenuto intimidatorio e offensivo e pubblicava sul social messaggi diffamatori. Proferiva al suo indirizzo e a quello dei familiari grave minacce anche di morte. Lo importunava ogni qualvolta se ne presentasse l’occasione”. Questo il capo di accusa smentito dal lavoro certosino svolto dalla difesa.

Il racconto della donna

“Ho conosciuto A.S. circa 8/10 anni fa. I suoi comportamenti ritenevo fossero diretti ad un corteggiamento, molto elegante, posto dallo stesso nei miei confronti che assecondavo serenamente. All’incirca tre anni fa, in uno di questi incontri chiesi al 50enne chi fosse una persona riferendogli nome e cognome (quest’uomo era un ex corteggiatore). Da quel momento A.S. ebbe una reazione scomposta e spropositata dicendomi “Sei pazza che stai dicendo”. Ebbi per la prima volta paura senza capire il perché della sua reazione. Non lo cercai pensando che mi chiamasse per chiarire. Ma non lo fece. Anche quando lo incontrai su corso Mazzini il suo atteggiamento era minaccioso e provocatorio. Altre volte il 50enne si trovava nei pressi del negozio in cui lavora mia cugina, che conosce bene”.

Qui Annamaria sottolinea  l’ottima conoscenza tra il 50enne e la cugina spiegando in denuncia che è “la stessa giovane donna che il poliziotto dice di non conoscere, che mi affiancò quel giorno su corso Mazzini quando vidi il 50enne seduto al bar con la compagna. In quell’occasione il poliziotto mi voltò il capo “cercavo solo di salutarlo”.

Ma dopo la frase proferita dalla cugina “Hai capito tu!” in riferimento alla misteriosa figura femminile che accompagnava il 50enne, dopo otto anni di storia sentimentale con Annamaria, quest’ultima, presa da uno scatto d’ira decise di versare in faccia al suo ex un bicchiere di acqua dicendogli chiaramente di lasciarla stare. Altro episodio falso, raccontato dal poliziotto è chiarito dall’indagata è quello in riferimento all’incontro avuto su corso Mazzini, in cui sarebbe stato minacciato di morte. Annamaria in quell’occasione era accompagnata da un amico che, sentito dalla difesa, per l’attività investigativa in corso, dichiarò che in nessuna occasione, in sua compagnia, Annamaria avesse mai minacciato qualcuno.

Stessa discorso è valso per la cugina che, sentita dalla difesa ha dichiarato di conoscere A.S., da 8/10 anni perché frequentava Annamaria conosciuta in sua presenza in un bar sul corso principale. «Il 50enne spesso si “parcheggiava” vicino il negozio in cui lavoro e guardava con fare minaccioso. Atteggiamenti che mi spaventarono». Spiega anche l’incidente “diplomatico” del bicchiere d’acqua versato in faccia al 50enne seduto ai tavolini di un bar del corso. «Su mia insistenza Annamaria lo guardò aspettando un saluto, ma il 50enne voltò il viso da un lato con fare seccato e minaccioso». La cugina di Annamaria spiega anche la visita della donna davanti agli uffici del 50enne. “In un’altra occasione il 50enne fu fermato da Annamaria insieme a me, per chiedere spiegazioni del suo comportamento e, per tutta risposta il poliziotto comunicò gli orari di lavoro e qualora se ne fosse presentata l’urgenza poteva raggiungerlo per discutere»

Spalle al muro, dunque, per il poliziotto e piena assoluzione per Annamaria Prete, colpevole solo di aver speso tanti anni nella speranza di vivere una vita di coppia non calcolando “l’intrusa” a sorpresa e l’uomo che voleva vivere la vita con “un piede in due scarpe”

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