Una Giorgia a schiena nuda e quasi struccata, al naturale, si volta a guardare l’obiettivo.
La copertina del nuovo album “Senza paura” ne suggerisce il contenuto: come se dal precedente “Dietro le apparenze” ad ora la cantante e autrice romana si fosse avviata sulla strada di un progressivo svelamento di se stessa. “Merito del mio truccatore che è bravissimo”, scherza lei. “Ma quell’immagine è voluta. Il tempo che stiamo vivendo mi ispira ad andare in direzione dell’essenziale. A levare, invece di aggiungere. Anche nella scrittura dei pezzi, stavolta, mi sembra di essere stata più libera, più diretta, più pulita. Di essermi fatta meno problemi del solito. Anche cantare in studio, una cosa che ho sempre trovato complicata e che in passato mi ha fatto faticare, mi è venuto più naturale. Quasi fossi sul palco durante un concerto, e con molti meno fronzoli rispetto al solito”. Anche per questo sembra di cogliere un filo diretto con il disco precedente. “E’ così. Con Michele Canova, il produttore, siamo ripartiti da lì. Ho cominciato a lavorare su questo disco quando eravamo ancora in tour. Avevo scritto un paio di pezzi che erano figli diretti dell’album precedente: alla fine non li abbiamo usati, Michele mi ha convinta del fatto che dovevamo andare oltre. Il suo progetto prevedeva di iniziare con le basi suonate dal vivo ai Sunset Sound di Los Angeles, dove ormai lui trascorre gran parte del suo tempo, per poi registrare le parti vocali nello studio di Milano in cui avevamo lavorato per ‘Dietro le apparenze’. Un fatto anche scaramantico… Abbiamo cercato di far convivere i due elementi: per chi, come me, è nata come pura interprete l’apporto della parte suonata è sempre stimolante, di grande ispirazione. Togliendomi certi pudori, anche con i testi le cose mi sono venute molto più facili. In passato con le parole ho litigato molto, perché cantando certe cose ti senti un po’ nuda. Così tendevo a nascondermi un po’, a girarci intorno per non dire esattamente quel che mi sentivo dentro. Da cantante, in passato, ho spesso privilegiato il suono delle parole. Stavolta no: ho pensato molto al perché dei vocaboli che sceglievo. E mi sono capitati quei momenti di grazia in cui la parola ti passa attraverso. Non la stai inventando tu, è come se ti arrivasse già completa di melodia e quella è sempre un’esperienza fantastica, uno dei momenti più belli della scrittura”.