Con le piogge tartufo a 250 euro all’etto, anche in Calabria terreni battuti dai ricercatori
Coldiretti: “i tartufi sono noti per il loro forte potere afrodisiaco e in cucina il bianco (Tuber Magnatum Pico) va rigorosamente gustato a crudo su noti cibi come la fonduta, i tajarin al burro e i risotti”
Con una quotazione tra i 300 euro all’ettogrammo per le pezzature più pregiate ai 200 per quelle minori è partita la 90 Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba che tradizionalmente inaugura la stagione lungo tutta la Penisola insieme alla 57esima Mostra nazionale del Tartufo bianco pregiato delle Marche a Sant’Angelo in Vado (Pesaro). È quanto emerge da una analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il maltempo di autunno spinge a quotazioni su valori in linea con quelli dello scorso anno e comunque lontani a quelli del recente passato con una media per quello di Alba di 450 euro nel 2017, di 350 nel 2013, di 500 nel 2012 e di 450 all’etto del 2007. “Nelle principali regioni produttrici ci sono condizioni per una buona raccolta anche perché – sottolinea la Coldiretti –l’autunno è stato caratterizzato fino ad ora dalle piogge importanti perché il Tuber magnatum Pico si sviluppa in terreni che devono restare freschi e umidi sia nelle fasi di germinazione che in quella di maturazione.
Le condizioni atmosferiche sono state favorevoli finora, ma la stagione quest’anno è influenzata dall’impatto dell’emergenza Covid e a causa della mancanza di turisti stranieri sul territorio nazionale, si punta sulla richiesta di tartufi da spedire all’estero oltre che sulla consumo nazionale. Con l’inizio della raccolta – precisa la Coldiretti – si moltiplicano lungo tutto lo stivale le mostre, le sagre e le manifestazioni dedicate al tartufo che coinvolge in Italia circa 100.000 raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti. Dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria sono numerosi – precisa la Coldiretti – i territori battuti dai ricercatori. Un business stimato in oltre mezzo miliardo di euro sull’intera Penisola sul quale pesa il rischio dell’inganno con la vendita di importazioni low cost spacciate per italiane contro le quali la Coldiretti è impegnata a chiedere la tracciabilità delle transazioni e l’indicazione obbligatoria dell’origine. La ricerca dei tartufi praticata già dai Sumeri – riferisce la Coldiretti – svolge una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive dove rappresenta una importante integrazione di reddito per le comunità locali, con effetti positivi sugli afflussi turistici come dimostrano le numerose occasioni di festeggiamento organizzate in suo onore.
L’avvio della ricerche apre la stagione con feste, sagre e mostre che si moltiplicano lungo tutto lo Stivale e che, anche se limitate dall’emergenza Covid, rappresentano una ottima occasione per acquistare o assaggiarlo nelle migliori condizioni e ai prezzi più convenienti. Il tartufo – riferisce la Coldiretti – è un fungo che vive sotto terra ed è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Nascendo e sviluppandosi vicino alle radici di alberi come il pino, il leccio, la sughera e la quercia – spiega la Coldiretti – il tartufo, deve le sue caratteristiche (colorazione, sapore e profumo) proprio dal tipo di albero presso il quale si è sviluppato. La forma, invece dipende dal tipo di terreno: se soffice il tartufo si presenterà più liscio, se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio. I tartufi sono noti per il loro forte potere afrodisiaco e in cucina – conclude la Coldiretti – il bianco (Tuber Magnatum Pico) va rigorosamente gustato a crudo su noti cibi come la fonduta, i tajarin al burro e i risotti e per quanto riguarda i vini va abbinato con i grandi vini rossi.”