Sport
Nuoto calabrese: cresce il malessere, il movimento chiede ascolto e dialogo
Non solo polemiche: nel nuoto calabrese cresce un malessere profondo e la richiesta di maggiore ascolto. E In diversi ambienti si stia iniziando a riflettere sulla possibilità di un cambiamento
COSENZA – Al di là delle polemiche affiorate in seguito alla dichiarazione del gestore delle piscine comunali di Campagnano, Carmine Manna, secondo il quale, il movimento calabrese natatorio, nel suo complesso starebbe attraversando una fase difficile, quasi di sopravvivenza, ciò che colpisce maggiormente in questa vicenda non è tanto lo scontro in sé, quanto il clima che si è venuto a creare attorno allo stesso movimento. È inutile nasconderlo, ma ormai nell’ambiente si avverte un’inquietudine diffusa, un malessere sommerso che va ben oltre il confronto tra una società di gestione e la Federazione. Le recenti dinamiche hanno infatti accentuato una sensazione che molte società nutrivano da tempo: la percezione che il rapporto tra vertici e territorio si sia irrigidito, perdendo quella capacità di ascolto che dovrebbe essere l’essenza stessa di un organismo rappresentativo.
Non meraviglia, dunque, che in diversi ambienti si stia iniziando a riflettere sulla possibilità di un cambiamento al vertice, non come atto di rottura, ma come fisiologica evoluzione. Quando la base di un movimento sente la necessità di maggiore apertura, di un dialogo più partecipato, di una gestione più moderna e meno imbrigliata in dinamiche personalistiche, la domanda di rinnovamento diventa inevitabilmente legittima.
Un movimento sportivo cresce quando si sente rappresentato: cresce quando chi guida intercetta le sue inquietudini, le trasforma in progettualità e non in conflitto. E cresce soprattutto quando la leadership ha la capacità di non percepire il dissenso come una minaccia, ma come una bussola che indica la direzione da correggere. È forse questo il punto cruciale: il nuoto calabrese non sta chiedendo uno scontro, sta chiedendo ascolto. Le tensioni emerse non sono che il segnale di un disagio più profondo e, allo stesso tempo, l’occasione per ripensare il rapporto tra vertici e territorio.



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