Centrale del Mercure, Rapani «sospensione del provvedimento, a rischio 1.500 posti di lavoro»

La richiesta al Presidente della Regione Calabria: prevenire il rischio di un contenzioso oneroso, che potrebbe avere pesanti conseguenze economiche per il bilancio regionale

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CORIGLIANO ROSSANO (CS) – Il senatore Ernesto Rapani ha richiesto con fermezza la sospensione dell’efficacia del provvedimento approvato dal Consiglio regionale della Calabria, che impone la riduzione della potenza della centrale a biomasse del Mercure. «È necessario attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale prima di adottare misure che potrebbero compromettere gravemente l’economia locale e mettere a rischio centinaia di posti di lavoro», ha dichiarato il senatore.

La centrale del Mercure rappresenta una risorsa fondamentale per il territorio. Tra occupati diretti e indotto, sono circa 1500 le unità lavorative coinvolte nel processo produttivo. La sua operatività è garantita da un protocollo d’intesa sottoscritto da azienda, comuni, regioni Calabria e Basilicata, e organizzazioni sindacali, volto a incentivare la partecipazione delle PMI e dei consorzi locali.

Il Governo impugna il provvedimento

«Bene ha fatto il Governo Meloni a impugnare la norma contenuta nella legge Omnibus, ritenendola in contrasto con la normativa statale ed europea. Il provvedimento, osserva Rapani, viola i principi fondamentali di diritto, introducendo una retroattività impropria che regolamenta una struttura già realizzata e autorizzata, sottoponendo di fatto a rischi l’erario in chiave di risarcimento. Rapani ha sottolineato l’inadeguatezza di una misura che non disciplina il presente o il futuro, ma pretende di ridimensionare retroattivamente un impianto già pienamente operativo. «È impensabile adottare un approccio che mette a rischio un modello di sviluppo sostenibile e consolidato, soprattutto in una regione già afflitta da alti tassi di disoccupazione», ha aggiunto.

Il rischio economico e sociale

Secondo il senatore, il provvedimento comporterebbe inevitabilmente un risarcimento milionario da parte della Regione nei confronti della società che gestisce l’impianto (Sorgenia), con conseguenze devastanti per le finanze pubbliche. «Non possiamo permetterci di sacrificare un’infrastruttura che contribuisce in maniera significativa alla transizione energetica e allo sviluppo delle imprese locali», ha ribadito Rapani. L’impianto, che utilizza biomasse per la produzione di energia pulita, si inserisce in una strategia nazionale per fare del Sud Italia un hub energetico di importanza strategica. Penalizzarlo, secondo Rapani, significherebbe non solo tradire questa visione, ma anche compromettere la creazione di nuovi posti di lavoro e il supporto alle PMI del territorio proprio mentre il Governo Meloni continua a varare misure a favore delle imprese del Sud.

Un appello al buon senso

Il senatore ha quindi chiesto al Consiglio regionale di fermarsi e riflettere: «Una decisione di tale portata non può essere presa senza un approfondimento serio e senza attendere il parere della Corte Costituzionale. Serve responsabilità per evitare di mettere in ginocchio l’economia di un’intera area». «Qualora la Corte dovesse dare torto alla Regione Calabria, la Sorgenia potrebbe avviare un giudizio per risarcimento danni, un’ipotesi più che plausibile», avverte il senatore. Rispondendo alle ipotesi di divisioni interne al centrodestra sulla gestione del caso, Rapani smentisce qualsiasi spaccatura. «Di fronte a un provvedimento legislativo non ci può essere nessun tipo di divisione. Il centrodestra ha dimostrato compattezza in Consiglio regionale approvando la misura a maggioranza senza problemi», afferma. Tuttavia, il senatore riconosce che le criticità emerse successivamente richiedono un’attenta riflessione da parte delle istituzioni. «Oggi, di fronte ai problemi evidenziati, è normale regolarsi di conseguenza e prenderne atto», conclude Rapani, auspicando una gestione responsabile e condivisa della vicenda. La richiesta al Presidente della Regione Calabria è chiara: prevenire il rischio di un contenzioso oneroso, che potrebbe avere pesanti conseguenze economiche per il bilancio regionale.

 

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