Due mamme e due figlie prigioniere in Libia. Da Acquaformosa appello alla Schlein “Chiesto un riscatto per la liberazione”

I rispettivi mariti, ospiti del progetto Sai promosso dall'Associazione "Don Vincenzo Matrangolo" di Acquaformosa, sono disperati

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ACUAFORMOSA (CS) – Quattro camerunensi, due mamme e due figlie, sono tenute prigioniere in Libia. I rispettivi mariti, ospiti del progetto Sai promosso dall’Associazione “Don Vincenzo Matrangolo” di Acquaformosa, sono disperati. Alla luce di queste notizie, il presidente, Giovanni Manoccio, ha inviato questa mattina una missiva alla Segretaria del PD Nazionale, Elly Schlein, chiedendo un immediato intervento affinché si possa risolvere velocemente la questione.

Nel documento è scritto: «Sono Giovanni Manoccio, Presidente dell’Associazione Don Vincenzo Matrangolo di Acquaformosa (CS), da 15 anni operiamo nel campo dell’accoglienza con i progetti SAI. Mi rivolgo a Lei, sapendo di trovare una interlocutrice attenta ai diritti dei più deboli, come lo sono tutte le persone che accogliamo, che fuggono dalla fame, dalle guerre, dalle torture, e che solo per miracolo riescono ad arrivare in Italia e in Europa, in una roulette russa che non fa sconti. Da novembre abbiamo in accoglienza 2 nuclei monoparentali provenienti dal Camerum, un padre con una bimba di 4 anni e un altro padre con un bimbo di 2 anni. Venerdì i nostri accolti si sono rivolti all’assistente sociale e alla psicologa del nostro progetto di accoglienza, per informare che entrambe le loro mogli, e le loro rispettive due figlie, sono state prelevate dalle milizie libiche e portate in una delle carceri libiche. I mariti hanno ricevuto una richiesta di riscatto dai libici, senza il pagamento del quale le mogli e le figlie non verranno liberate».

«In questi giorni abbiamo segnalato il caso a diverse organizzazioni umanitarie, anche grazie al supporto del Progetto Sciabaca-Oruka di ASGI. Come certamente saprà, nell’inferno delle carceri libiche, pochi o nessuno hanno la possibilità di intervenire, ma davanti a questo ennesimo dramma umano, non possiamo lasciare nulla di intentato. Per tale ragione mi rivolgo a Lei, affinché si possano attivare altri e diversi canali, per provare a trovare una soluzione e salvare la vita di queste persone. Ai due giovani mariti, impotenti rispetto agli eventi, stiamo garantendo il massimo supporto possibile, ma abbiamo dovuto informarli che la soluzione non è semplice. Di questo ne sono consapevoli, dato che loro stessi sono stati sottoposti a torture durante il periodo trascorso in Libia, prima di giungere in Italia. Se il Governo è riuscito a trovare una soluzione per il generale libico Almasri, noi lanciamo un appello affinché ci si adoperi per trovare una soluzione per cercare, trovare e far arrivare in Italia le due mamme e le loro due figlie, salvandole dall’inferno della Libia, e far ricongiungere i nuclei familiari. Non accettiamo di rimanere impotenti davanti al dolore, devastante, di due mariti. Non accettiamo di rimanere impotenti davanti a due bambini che hanno il diritto di poter riabbracciare le loro mamme».

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