Il caso della discarica di Scala Coeli approda in Commissione europea

L'atto di Pasquale Tridico chiama in causa le responsabilità della Regione Calabria. La vicenda risale al 2010, con l'autorizzazione regionale a costruire la discarica e con una successiva, nel 2019, all'ampliamento sino al 600% delle dimensioni

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SCALA COELI (CS) – La discarica di Scala Coeli in Commissione europea, e Pasquale Tridico, capo delegazione del Movimento Cinque Stelle al Parlamento europeo, ha interrogato per sapere, con risposta scritta, se ravvisi «violazioni del diritto europeo in tema di salute pubblica e quali azioni intenda intraprendere» a tutela delle popolazioni interessate; se la Commissione abbia avviato o voglia avviare apposito «monitoraggio Bat» e, inoltre, come valuta la politica della Regione Calabria «sui rifiuti rispetto alle Direttive Ue».

L’atto di Tridico chiama in causa le responsabilità della Regione Calabria, «nell’interesse – spiega l’europarlamentare – delle comunità locali, per salvaguardare la salute pubblica e l’ambiente in un territorio a lungo colpevolmente abbandonato». La vicenda risale al 2010, con l’autorizzazione regionale a costruire la discarica in questione e con una successiva, nel 2019, all’ampliamento sino al 600 per cento delle dimensioni.

La Regione Calabria, che secondo il giudice amministrativo aveva ecceduto nell’esercizio delle proprie funzioni, consentì l’espansione abnorme dell’impianto, nonostante, si ricorda nell’interrogazione: «il rigetto alla sdemanializzazione delle aste demaniali da parte dell’Agenzia del Demanio, confermato dal Tribunale superiore delle acque pubbliche»; «il parere negativo della Struttura tecnica di valutazione e del dipartimento regionale Agricoltura»; «l’assenza di autorizzazione sismica e la successiva realizzazione di opere abusive».

L’europarlamentare Tridico ha precisato alla Commissione europea che «la discarica è situata in un’area agricola con produzioni biologiche certificate e allevamenti tradizionali di bovini»; che nel 2022 i conferimenti iniziarono «in violazione delle prescrizioni Aia, con accessi impropri attraverso il torrente Patia e senza un impianto di trattamento del percolato funzionante»; che «il 22 giugno 2023, una fuoriuscita massiva di percolato, tramite tubazioni abusive, contaminò il territorio circostante, sfociando nel Mar Ionio». «Davanti all’ostinato immobilismo della Regione Calabria – commenta Tridico – toccherà alla Commissione europea affrontare il caso, anche tenuto conto che è stato già certificato il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione di ferro, manganese e solfati».

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