L’ultimo ciak di ‘Io non ti lascio solo’: il film favola ambientato nei boschi della Sila
In una serata a Cosenza l’incontro di congedo con la stampa e la Fondazione Calabria Film Commission alla presenza dei protagonisti Giorgio Pasotti e Valentina Cervi
COSENZA – Se questo film fosse lo specchio fedele dell’armonia che ha regnato sul set sarebbe già un capolavoro, prima ancora di essere montato. Solo pochi giorni e qui in Calabria si chiuderanno le lavorazioni di “Io non ti lascio solo”, pellicola diretta da Fabrizio Cattani, tratta dall’omonimo romanzo di Gianluca Antoni che ha vinto numerosi premi letterari. Sullo sfondo, emergono i colori caldi dell’altopiano silano con il suo foliage arancione e le distese di alberi giganti. In totale, quattro settimane di riprese tra Camigliatello Silano e i comuni di Spezzano, Celico, San Giovani in Fiore, Rende, Castrolibero e Cosenza. Proprio a Cosenza, per chiudere in bellezza questa magica alchimia creata sulle scene da tutte le professionalità coinvolte, a ridosso del rompete le righe la produzione (a cura di Minerva Pictures, Solaria Film, Ipotesi Cinema e RC Produzione) ha organizzato una serata informale con la stampa. Non una conferenza, bensì un incontro per piacevoli chiacchierate-interviste a suon di calici e di prodotti dell’enogastronomia locale. Regista, cast e maestranze (35 unità calabresi su 50) in assetto rilassato davanti a taccuini e microfoni. Presenti i vertici della Fondazione Calabria Film Commission – che ha sostenuto il film – con il presidente Anton Giulio Grande a fare gli onori di casa.
“Io non ti lascio solo”: la storia di due amici inseparabili
La storia al centro di “Io non ti lascio solo” è quella di Filo e Rullo, due amici inseparabili che partono di nascosto per cercare Birillo, il cane smarrito dal padre di Filo (interpretato da Giorgio Pasotti) dopo la morte della mamma (Valentina Cervi). Nonostante la giovane età, nulla può fermarli, nemmeno la paura del buio o il burbero montanaro Guelfo Tabacci, che sembra essere coinvolto nella scomparsa del cane. Ma dietro quest’apparente verità, si scoprono vicende inaspettate, che costringeranno i ragazzi ad affrontare prove ben più grandi di loro. “Una favola un po’ noir per i temi trattati”, così descrive la sua opera il regista Fabrizio Cattani che porta per la prima volta sul grande schermo i piccoli protagonisti – Andrea Matrone e Michael D’Arma -, entrambi una rivelazione di bravura (ed entrambi presenti con incontenibile entusiasmo alla serata con la stampa organizzata negli eleganti spazi del “Cavò”).
“Sì, è un film favolistico – sottolinea Cattani – e lo è anche se i temi trattati sono più che realistici. Ho voluto creare una sorta di favola per renderlo più accattivante ed affascinante perché i temi sono molto forti, alla base c’è il dolore di un bambino che ha perso la mamma, un lutto terribile. Volevo dire ai ragazzi che la vita che li aspetta non è tutta rose e fiori”. Per rendere l’atmosfera della favola niente di meglio della Sila come location. “Il suo bosco – prosegue il regista – sembra il bosco delle favole, quello che protegge come un rifugio”. Cattani passa in rassegna il simbolismo dei personaggi (“il Guelfo è il mostro ad esempio, poi c’è la razionalità, il bambino che è in noi, eccetera”), quindi si sofferma “sull’esperienza meravigliosa che è stata girare un film in Calabria”: “Per quanto mi riguarda – dice – lasciare questa regione è un dolore perché a Camigliatello ed a Cosenza, come negli altri luoghi, mi sono trovato benissimo. Ma, su tutto, c’è la troupe e le maestranze calabresi”. Al regista si illuminano gli occhi, alza il bicchiere di vino e guarda in avanti come se vedesse l’immagine che sta ricordando: “Sono stati tutti di una bravura incredibile ma, se devo dire… Ecco, lo scenografo Gianluca Salomone lo vorrò senz’altro con me per altri lavori. Un geniaccio. Guarda, mi ha risolto una cosa che ancora non ci credo, non so come abbia fatto”.
E racconta di una finestra ricreata su un muro dal nulla per rendere il momento in cui i due bimbi scappano da uno scantinato (“quando vedrete il film capirete”). Valentina Cerri, figura algida e anti-diva molto alla mano, evidenzia: “Questo film è una favola perché è un racconto di formazione e parla della relazione con un padre. La storia è ambientata in un non luogo, e la Calabria si presta ad esserlo perché è un posto accogliente e misterioso come è misterioso il viaggio di un bambino lasciato solo dalla mamma. Il piccolo in questa emotività spezzata percepisce che ci sono segreti da scovare e angeli custodi che gli vengono incontro. Il cane che va a cercare lo legava alla madre e quando scompare la sua vita si spezza. Come mi sono trovata qui? In Calabria mi sono sentita amata e leggera”. E se Valentina Cervi è rimasta nella regione pochi giorni proprio perché il suo personaggio compare giusto nei flash back del bambino rimasto orfano, per Giorgio Pasotti la durata della permanenza sul set è stata più intensa. “Interpreto la parte di Paride, il padre – spiega Pasotti – Il mio bambino nel film cerca di mettere insieme i puntini della famiglia e tutto inizia appunto per la ricerca del cane. Dopo che avrò trovato mio figlio il mio compito sarà quello di ritrovarmi nel rapporto con lui”.
Giorgio Pasotti ama rievocare l’amore per le serie tv degli anni ’80 che gli permettono di richiamare alla memoria la bellezza vissuta nella sua generazione di adolescente. Ma, se si parla di bellezza, si arriva a parlare della Calabria: “Credo che la Calabria sia molto anni ’80. Girare qui è un’esperienza di grande impatto, c’è una natura molto forte che non passa inosservata e per questo ha un grosso peso all’interno del racconto. In questo film la Sila è uno dei protagonisti a tutti gli effetti. Un luogo molto ispirante – aggiunge sincero Pasotti – Una regione bagnata da due mari con al centro una catena montuosa. Tante volte sono venuto in Calabria come turista e come ospite a diversi festival, è una terra che conosco, mi ricorda moltissimo la Puglia di tanti anni fa. Siete fortunati perché rimane una terra incontaminata”.