Papà non mantiene i figli universitari che studiano con profitto: il tribunale lo condanna
Il Tribunale di Castrovillari, accogliendo le tesi degli avvocati Ettore Zagarese e Maria Teresa Fontana, ha condannato un cittadino a 4 mesi di carcere e al risarcimento
CORIGLIANO ROSSANO (CS) – Può essere svantaggioso e costare caro il non provvedere all’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni nel caso gli stessi frequentino con dimostrato profitto l’università. Questa è la lezione che si trae dall’importante sentenza emessa dal Tribunale di Castrovillari che, in che, accogliendo le tesi sostenute dai difensori della parte civile, gli avvocati Ettore Zagarese e Maria Teresa Fontana, ha condannato un cittadino di Caloveto alla pena di 4 mesi di carcere nonché al risarcimento del danno in favore della madre dei giovani, la cinquantenne M.I., costituitasi per loro parte civile.
IL FATTO
L’uomo da qualche anno aveva interrotto qualsiasi forma di mantenimento e sostentamento nei confronti dei due figli nonostante i ragazzi frequentassero con profitto un percorso di studi universitario. Non si trattava quindi di NEET, acronimo inglese che sta per “Not in Education, Employment, or Training” che vuole significare non impegnati in percorsi di studi, lavoro e simili, o magari, per usare un termine più comune, dei “fannulloni”. I due ragazzi chiedevano e volevano solo avere la possibilità di studiare tanto e uno dei due, nel frattempo, ha conseguito anche il diploma di laurea.
Della vicenda è stato investito lo studio dell’avvocato Ettore Zagarese che ne ha assunto la difesa come parte civile. Nel corso dell’arringa il collegio difensivo ha ribadito il concetto di come un figlio non chieda lui di essere messo al mondo e che, di conseguenza, abbia il diritto di essere assistito dai genitori,nel rispetto delle sue capacità e delle sue aspirazioni e tale dovere non viene meno se questi abbia raggiunto la maggiore età ed in particolare se frequenta proficuamente l’università qualificando per innaturale un atteggiamento differente e invalide scusanti del tipo “non avevamo rapporti”.
La tesi è stata condivisa dal giudice che di conseguenza ha emesso la severa condanna risarcitoria e penale verso il padre dei ragazzi.