COSENZA – Per gli inquirenti le indagini dell’operazione Recovery, che hanno portato ieri all’arresto di 129 persone su un totale di oltre 160 indagati, sono consolidate da un vastissimo compendio probatorio (intercettazioni telefoniche e ambientali, arresti, sequestri di droga, esiti del procedimento Reset e dichiarazione dei pentiti) ed hanno appurato non solo l’enorme richiesta di droga a Cosenza e nel suo hinterland (dalla cocaina all’eroina, dalla marijuana all’hashish), ma anche che le attività del narcotraffico e quelle illecite, si inseriscono un ampio e strutturato contesto organizzativo e strutturato unico del cosentino. Un’organizzazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti e alle estorsioni, organizzata in modo gerarchico e nella quale ogni membro aveva uno specifico compito.
Sintonia operativa dai sodali dei gruppi. La droga non mancava mai
Le attività illecite del gruppo avvenivano «con una sintonia operativa tra i sodali». Questo consentiva all’associazione, ad esempio, di fronteggiare tempestivamente situazioni emergenziali come arresti e sequestri di droga, ma anche eventuali frizioni interne causate, ad esempio, da inadempienze su consegna e pagamento delle sostanze. Lo scopo comune della “confederazione” era quella di creare, operare e mantenere nascosta una solida filiera di approvvigionamento e distribuzione della droga con la necessità di guadagnare quanto più era possibile. Sette i gruppi individuati dalle indagini e facenti capo alla confederazione al cui apice gli inquirenti collocano Francesco Patitucci: Il Gruppo Patitucci operante nel comune di Cosenza, il Gruppo Porcaro anch’esso operante nel territorio di Cosenza, il gruppo Zingari Bruzzese (“Banana”) sempre operante nel territorio di Cosenza, il Gruppo denominato “gli altri zingari” operante a Cosenza, il Gruppo Presta operante nel territorio di Roggiano Gravina, il Gruppo Di Pippo operante nel territorio di Rende e il gruppo D’Ambrosio con vocazione prettamente estorsiva.
Il Giudice nell’ordinanza, evidenza che i sodali dell’organizzazione, avevano la capacità di imporsi sul territorio anche con atti intimidatori, per recuperare somme di denaro dagli acquirenti “morosi”, ed una grande disponibilità di mezzi idonei e adeguati alla vitalità della stessa associazione che era sempre pronta a soddisfare le richieste di droga nelle piazze di spaccio. E quando la droga mancava, la mutua assistenza tra gruppi faceva si che lo stupefacente arrivasse subito. Gli italiani potevano contare sugli zingari e viceversa.
Il “sistema” e la confederazione con le dichiarazioni dei pentiti
A comprovare le esigenze cautelari non solo l’enorme numero di intercettazioni telefoniche e ambientali, le immagini di videosorveglianza, perquisizioni, sequestri e arresti, ma anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le risultanze emerse nel procedimento “Reset” che ha evidenziato da subito, l’esistenza della confederazione ‘ndranghetistica e dal quale è emerso che il territorio cosentino, Cosenza città e il suo hinterland (principalmente Rende e Roggiano Gravina) costituisce l’area territoriale di riferimento di diverse articolazioni ‘ndranghetistiche che, seppur distinguibili, mantengono un carattere unitario, e che si sono alleate tra loro al fine di preservare, mantenere e rafforzare il dominio sul territorio e commettere i diversi delitti.
Alleanza che vede protagonista due clan storicamente operativi sul territorio: quelli degli “italiani” e quelli degli “zingari” che a loro volta si dipanano in differenti sottogruppi che seppur agiscono autonomamente, sono tutti riconducibili all’associazione confederata, al cui vertice c’era Francesco Patitucci al quale, durante la detenzione, era subentrato Roberto Porcaro.
Tutti con un obiettivo comune: la gestione unitaria degli affari illeciti i cui proventi confluiscono nella “bacinella comune”. I proventi venivano suddivisi all’inizio dell’accordo 50 e 50, successivamente al 60% per gli italiani (che erano la maggioranza) e 40% agli zingari. Tutti sapevano di tutti: gli zingari avevano l’elenco dei soggetti sottoposti ad estorsione da parte degli italiani e l’attività criminosa divenne poi unitaria. Quando c’era da fare un’estorsione andavano i rappresentanti di entrambi i gruppi.
Droga solo dai canali ufficiali. Punito chi la comprava “sotto banco”
L’organizzazione cosentina presenta caratteristiche uniche e peculiari correlate al territorio in cui opera e alcune specificità che anche ieri, durante la conferenza stampa in Procura, sono state evidenziate dagli inquirenti: la famosa “bacinella” comune con la contribuzione da parte di tutti i gruppi che ne facevano parte, l’unicità dei canali di rifornimento “ufficiali” dello stupefacente, ovvero autorizzati solo dal vertice. Tutto ciò che arrivava al di fuori dei canali ufficiali, veniva considerato “sottobanco”: Questo portava non solo a rigorose punizioni (violenti pestaggi) ma anche al pagamento di cospicue somme di denaro alla bacinella comune nei confronti di chi contravveniva all’obbligo di approvvigionarsi di stupefacente dai fornitori ufficiali.
Organizzazione gerarchica, suddivisione delle piazze per sostanza
La confederazione del narcotraffico a Cosenza era organizzata in modo gerarchico. Sotto una regia unitaria operavano i gruppi, perlopiù identificati dal nome o dal soprannome del personaggio di maggior importanza o referenza criminale. Il controllo di tutte le piazze di spaccio in città e non solo, avveniva attraverso una capillare suddivisione territoriale delle zone tra i vari sottogruppi. Zone suddivise in base alla tipologia di stupefacente da spacciare. Ad esempio l’eroina era appannaggio pressoché esclusivo del clan degli “zingari” mentre cocaina, marijuana e hashish, degli “italiani”. Inoltre, si legge ancora nell’ordinanza di arresto, «i vertici conoscevano in modo sistematico l’identità di ciascun soggetto incaricato dello spaccio e del relativo gruppo di riferimento. Ogni spacciatore doveva appartenere necessariamente ad uno dei gruppi del sistema». Questo evitava che soggetti esterni al sistema potessero spacciare.
Indagini, conclude il Gip nella sua ordinanza che «hanno restituito una mappatura dei principali gruppi a partire da quelli riferiti ai diretti luogotenenti di Patitucci che si muovono con ampia autonomia e discrezionalità, fino ai raggruppamenti più prossimi al territorio nei quali operano i singoli spacciatori nella persistente e piena consapevolezza di aderire alle regole del “Sistema”. I luogotenenti, previa condivisione con il vertice piramidale, dettano le direttive, impartiscono gli ordini ai singoli pusher sulle modalità dello spaccio al dettaglio, decidono la distribuzione della droga destinata alla vendita ai vari sodali con la quantità e il prezzo da applicare agli acquirenti e suddividono i compiti. I sodali eseguono e assolvono alla fondamentale funzione di garanti la solidità, l’unità e l’omogeneità dell’associazione e dei gruppi.
