Cetraro: lo Stato chiede 8mila euro ad un richiedente asilo. Il Tar annulla l’ingiunzione di pagamento

Il Tar della Calabria annulla ingiunzione di pagamento a richiedente asilo straniero. Per la Prefettura di Cosenza avrebbe dovuto rimborsare allo Stato 8.178 euro

CETRARO – Secondo la Prefettura di Cosenza, K.M., 32enne senegalese, residente a Cetraro, richiedente asilo in Italia, già ospite del Centro di Accoglienza Straordinaria “Parco degli Aranci”, a seguito delle verifiche sulle posizioni giuridiche effettuate, avrebbe dovuto rimborsare allo Stato 8.178,555 euro, somma equivalente ai costi sostenuti per l’accoglienza indebitamente usufruita, a seguito della procedura di emersione del lavoro irregolare ex Art. 103 c. 1 D.L. 34/2020 (il cd. Decreto Legge “Rilancio”) conclusasi con il rilascio del permesso di soggiorno per lavoro subordinato per prestare la propria attività lavorativa di “lavoratore domestico” e “bracciante agricolo”.
L’Ufficio Territoriale del Governo di Cosenza aveva reso edotto il migrante che in caso di mancato pagamento di quanto ingiunto, avrebbe proceduto al recupero coattivo delle somme dovute. Gli avvocati Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri del Foro di Paola, avevano immediatamente impugnato il decreto prefettizio avanti al Giudice Amministrativo ritenendolo illegittimo chiedendo, in via preliminare, la sospensione del provvedimento impugnato in quanto il K.M., come dichiarato all’Agenzia delle Entrate nel Modello 730/2023, nell’anno 2022 aveva conseguito un modesto reddito di euro 3.960,00. Invero, per poter procedere alla revoca delle misure di accoglienza ed alla contestuale ingiunzione di pagamento, il cittadino straniero deve disporre di mezzi economici sufficienti a garantirgli, autonomamente un tenore di vita dignitoso, superiore all’importo annuo dell’assegno sociale, che per l’anno 2022 risultava ammontare ad euro 6.085,43.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria di Catanzaro, Seconda Sezione, con Ordinanza del 14 dicembre 2023, aveva accolto la domanda cautelare di sospensione dell’ingiunzione di pagamento, anche al fine di consentire alla Prefettura di Cosenza, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro, di riesaminarlo in contraddittorio con l’interessato. Ma nonostante tale Ordinanza, l’Amministrazione dell’Interno, ritenendo corretto e legittimo il suo operato anche in virtù di precise indicazioni ministeriali, contestate dai difensori del ricorrente, non ha voluto riesaminare la questione. Quindi, all’udienza pubblica del 26 giugno scorso, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio giudicante il quale ha depositato la sentenza nei giorni scorsi riconoscendo la fondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti, accogliendoli ed annullando i provvedimenti impugnati.
Infatti, per i Giudici Amministrativi catanzaresi (Ivo Correale Presidente, Francesco Tallaro Consigliere e Vittorio Carchedi Referendario Estensore), come dedotto dai difensori del ricorrente Avvocati Carmine Curatolo ed Emilio Enzo Quintieri, e sostanzialmente riconosciuto dall’Amministrazione resistente, il provvedimento impugnato è stato disposto, con un mero automatismo, a seguito della conclusione della procedura di emersione da lavoro irregolare, che ha interessato il ricorrente, presupponendo che il parametro della retribuzione annuale indicato in tale procedura si traducesse in un reddito di sicura percezione.
Ma la revoca delle misure di accoglienza e la conseguente ingiunzione di pagamento, oggetto specifico del ricorso, può intervenire solo a seguito di un pieno accertamento della titolarità, in capo al richiedente, di mezzi economici che siano sufficienti a garantirgli, autonomamente, un tenore di vita dignitoso e, dunque, solo a fronte di risorse effettivamente conseguite, non potendo a ciò rilevare compensi non realmente percepiti. Pertanto, il provvedimento impugnato, è viziato, avendo posto a fondamento della decisione assunta unicamente l’adesione alla procedura di emersione, senza che sia stata effettuata una concreta verifica delle somme realmente guadagnate e risultando documentato, invece, per il 2022 (modello 730/2023), un reddito di lavoro dipendente pari ad euro 3.960,00, ampiamente inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale.
Ci auguriamo che la prassi illegittima, oltre che assurda, della Prefettura di Cosenza (sostenuta dal Ministero dell’Interno), a seguito di questa sentenza, cessi immediatamente e non vengano più adottati provvedimenti di tal fatta nei confronti dei poveri migranti. Diversamente, dice l’Avvocato Quintieri, impugneremo innanzi al Giudice Amministrativo, ogni analogo provvedimento che ci verrà sottoposto, facendolo annullare”.
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