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Sangue con germi: sigilli al centro trasfusionale, medici denunciati

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COSENZA – La Procura della Repubblica sequestra il centro da cui proveniva la famigerata sacca di sangue infetto.

Nel pomeriggio di ieri è stata disposta la chiusura del presidio trasfusionale di San Giovanni in Fiore dove era conservato il sangue contaminato che ha provocato la morte di un 75enne rendese all’ospedale di Cosenza. Dai primi rilievi pare che nel plasma analizzato sia stato individuato il batterio che ha fatto perire l’anziano. Lamiglia dell’uomo, deceduto il 4 luglio scorso, non si arrende. Tramite i legali Massimiliano Coppa, Chiara Penna, Paolo Coppa e Luigi Forciniti ha fatto sapere di voler andare fino in fondo, nominando un pool di medici legali, immunoematologi e docenti universitari, al fine di  stabilire cosa è realmente accaduto. Dagli accertamenti è emerso che nella sacca di sangue sono state trovate tracce di sapone contenenti un germe. Il sapone sarebbe quello utilizzato dai medici per lavarsi le mani prima degli interventi. Oltre alla morte dell’anziano settantacinquenne si sarebbero verificati altri due casi ed il primo risaliva a giugno scorso. Restano le domande dei congiunti: come mai fino ad oggi  nessuna comunicazione ufficiale è giunta alla famiglia, nè pare all’autorità giudiziaria? Come mai , questo importante particolare è venuto fuori solo oggi? La denuncia, il carteggio presentato in tribunale lo scorso 26 luglio sarebbe privo – evidenziano i familiari –  di questa preziosa informazione. Scatta la denuncia. Nel nuovo esposto  dopo quella relativa alle cause del decesso, si chiede di accertare altri reati tra cui l’omessa denuncia da parte di pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico servizio, omissione di referto e favoreggiamento. ”Quando ci è stata consegnata la salma del nostro povero congiunto – è scritto nella denuncia – ci è stato detto genericamente che la causa della morte era una reazione avversa alla trasfusione e si ometteva completamente di riferire all’autorità giudiziaria quanto accaduto, seppur il fatto avvenuto facesse scattare l’obbligo di comunicazione, senza ritardo, per tutti i sanitari, gli incaricati di pubblico servizio ed i pubblici ufficiali che, a vario titolo, avevano avuto in cura il de cuius e avevano avuto perfetta conoscenza del fatto. E’ evidente – proseguono i familiari nella denuncia – come in noi familiari sorge il tragico ed angoscioso pensiero che se tutti i soggetti preposti avessero tenuto una condotta corretta, diligente e cristallina una volta registrato il primo episodio, probabilmente il decorso ospedaliero del nostro congiunto non avrebbe avuto una conclusione così atroce”.

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