Il senatore calabrese, dal suo canto, continua a professarsi innocente.
ROMA – L’Aula del Senato ha accolto con 154 si, 110 no e 12 astenuti la proposta della Giunta per le Immunità di dire sì all’arresto del senatore di Gal Antonio Stefano Caridi. La votazione è avvenuta con voto segreto, come richiesto dai senatori di Gal, nonostante il Pd avesse proposto il voto palese. Dopo il via libera dell’Aula del Senato al suo arresto, il senatore di Gal Antonio Stefano Caridi, si starebbe andando a consegnare a Rebibbia. Ad assicurare la circostanza sarebbero stati i legali del parlamentare, tra cui l’avvocato Valerio Spigarelli, ad alcuni esponenti del gruppo di Gal. Il senatore pare che al momento abbia già lasciato Palazzo Madama. “Sono innocente, non ho mai avuto rapporti o fatto patti con il crimine organizzato, mai fatto parte di logge segrete e non ho mai svenduto il mio ruolo.
Quella contro di me è “un’accusa sconvolgente e ingiusta”. Queste le parole del senatore Stefano Antonio Caridi, in Aula al Senato prima del voto sulla sua richiesta di arresto. “Sono sicuro che la mia innocenza verrà riconosciuta in sede giudiziaria – ha dichiarato nel suo intervento il senatore di GAL – e affido alla vostra coscienza di parlamentari l’integrità di quest’organo prima che della mia libertà”. Commosso fino quasi alle lacrime e rosso in volto: così il senatore Antonio Stefano Caridi lascia l’Aula del Senato dopo il voto dell’Assemblea di Palazzo Madama. Baci e abbracci da numerosi colleghi del centrodestra (i cui banchi però hanno registrato qualche assenza) trattengono il senatore una manciata di minuti nell’emiciclo, dove l’esito della votazione era stato accolto in un quasi totale silenzio. Una commozione, quella del senatore Caridi, che ha fatto capolino solo al momento di lasciare l’Aula del Senato dopo la votazione in favore del proprio arresto. Il senatore di Gal ha infatti ascoltato gli ultimi interventi prima della votazione restando seduto al proprio posto apparentemente impassibile. Una telefonata al cellulare, un bicchiere d’acqua, qualche battuta con i colleghi e per il resto mani sul banco e un’aria rassegnata: così infatti il senatore ha atteso che si arrivasse alla votazione.
LE DICHIARAZIONI DEL SENATORE CARIDI IN AULA PRIMA DELL’ARRESTO
Il senatore di Gal, Antonio Stefano Caridi, quando parla nell’emiciclo di Palazzo Madama è nella penultima fila dei banchi del centrodestra. Si difende dalle accuse dei magistrati di Reggio Calabria leggendo una memoria di poche pagine visibilmente emozionato. Accanto a lui, a distanza di un seggio, Carlo Giovanardi (Idea). Durante il suo intervento, un senatore del M5S prova a riprenderlo con il telefonino, ma viene subito fermato dal presidente del Senato, Pietro Grasso, che invita a non fare “riprese non autorizzate” e a “non fare gesti di manette o altro genere” che nulla hanno a che vedere “con la delicatezza della situazione”. Dopo aver ripreso anche il botta e risposta nato nel frattempo tra esponenti del M5S e della Lega, Grasso ridà la parola a Caridi che, al termine della sua autodifesa, riceve l’applauso solo dai banchi del centrodestra, soprattutto da FI, e la stretta di mano di diversi senatori tra cui Pier Ferdinando Casini e Luigi Compagna (Cor).
“E’ vero, questo non è il luogo dove fare il processo ma questo è il luogo dove si può perpetuare un’ingiustizia, a un cittadino e a un parlamentare. Sono sicuro che la mia innocenza verrà riconosciuta in sede giudiziaria e affido alla vostra coscienza di parlamentari l’integrità di quest’organo parlamentare prima che della mia libertà. Da due settimane vivo l’incubo di chi guarda la sua vita nelle carte delle indagini, di non riconoscere la mia vita di professionista stimato. Nella mia terra quando si fa politica si sta tra la gente è sempre in agguato l’allusione, la millanteria interessata. Tenterò di difendermi con tutte le mie forze nel corso del processo, da un’accusa senza fatti e ‘per sentito dire’, come testualmente riferisce il pentito Moio. Mi si accusa di aver fatto parte di una sorta di componente apicale e segreta della ‘ndrangheta, pur senza indicare un fatto, uno, che dimostrerebbe questa infamante accusa. In quasi venti anni di indagini i fatti dimostrativi del ruolo che mi viene addebitato, così fondamentale, sarebbero infatti l’ assunzione di sei persone in una società controllata dal Comune, ovvero la circostanza, narrata ma non dimostrata in alcun modo, secondo la quale avrei assicurato le cure di un medico – non io ma una persona diversa da me – ad un latitante.
Mi si accusa di aver avuto da sempre l’appoggio elettorale delle cosche, eppure si dimenticano quelle tornate elettorali, nel 2000 e nel 2005, in cui non sono neppure riuscito ad essere eletto ovvero ho raccolto un numero di voti inferiore a quello di altri candidati proprio nei paesi in cui, storicamente, le famiglie di ‘ndrangheta hanno un ruolo dominante. Che logica c’è in questo? Come e’ possibile comandare le cosche, influire sulle elezioni e poi perderle? Mi si accusa di aver fatto parte, addirittura, stabilmente della cosca De Stefano Tegano per il tramite di una persona, Chirico, con il quale i rapporti sono interrotti da oltre 12 anni. Mi si accusa, specificamente, di aver concordato con la “cosca Pelle” l’appoggio elettorale, per un incontro che sarebbe durato, secondo gli inquirenti, 180 secondi, ma si cancellano gli esiti di altri processi che hanno verificato che a San Luca, il paese di quella famiglia, ho preso meno voti di tutti gli altri candidati. Si dimentica che in casa di uno degli esponenti di vertice di quella famiglia una microspia ha registrato per un periodo di tempo lunghissimo tutte le conversazioni con persone che per questo sono state processate, e condannate, ma mai la mia presenza, la mia voce.
Si dimentica che su tutte le tornate elettorali che si sono svolte in Calabria negli ultimi anni sono state effettuate indagini e celebrati processi, scandagliando tutte le pieghe più recondite dei rapporti tra il potere politico e gli ambienti criminali senza mai trovare alcunché di serio da contestarmi. Giudicate voi quanto sia coerente e logico scrivere che sarei appartenente ad un organo di vertice della ‘ndrangheta, cioè della ‘componente apicale segreta e riservata’ .. chiamata a svolgere funzione di direzione strategica, in simbiotico scambio con gli organismi operativi’, e poi scoprire nelle pagine del processo non solo che neppure uno dei cosiddetti pentiti che hanno parlato di me ha riferito nulla su questa mia così fondamentale presenza ma, anzi, verificare che chi (tali Virgilio e Lo Giudice) ha parlato dei così detti membri ‘riservati’ della ‘ndrangheta non ha mai fatto, neppure lontanamente, il mio nome. Del resto sarei parte di un vertice che sovraintende alle attività strategiche delle cosche e però sarei costretto a mendicare voti, senza neppure ottenerli.
Sarei nel cuore dell’organizzazione mafiosa ma il Gip, riflettete su questo fatto, ha escluso che nei miei confronti possa essere applicata l’aggravante di cui all’art. 416 bis II° comma c.p., cioè proprio quella che sanziona l’attività di promozione, direzione ed organizzazione della consorteria. Che logica c’è in questo? Giudicate voi perché il vostro sarà un giudizio in difesa della separazione dei poteri, se è possibile escludere la strumentalizzazione, o anche solo il cattivo utilizzo degli strumenti giudiziari, il cui effetto indiretto sarebbe quello di negare l’integrità del Parlamento, se una persona, un esponente politico, un parlamentare, può essere di fatto inquisito ininterrottamente per più di tre lustri, interrogando sul suo conto i collaboratori di giustizia con domande spesso suggestive, disponendo intercettazioni telefoniche nella sua auto, senza mai portarlo a giudizio, senza mai informarlo delle accuse, generiche ma risalenti anche ai primi anni 200.
Giudicate voi, perché il vostro sarà un giudizio in difesa delle guarentigie di un parlamentare, se è possibile che una conversazione in cui si parla di politica, come quella intercorsa a suo tempo tra me e il Senatore Valentino, mai neppure sfiorato da accuse di mafiosità, possa divenire il “manifesto programmatico” della loggia supersegreta, dell’anello di congiunzione tra mafia politica, solo perché si è parlato di una “cambiale da onorare”, frase che neppure sono io a pronunciare ed accompagnata da evidenti risate, proprio dimostrazione che di una battuta si trattava…”.
