La terra dei fuochi non è solo in Campania.
Calabria e Sicilia non sono da meno. Per scoprirlo ci sono voluti anni, come se nessuno sapesse, oltre all’”insistenza” di un pentito che, finalmente è stato ascoltato dai magistrati. Così, scavando vengono fuori le vergogne degli anni passati. Pensare che, in una delle discariche abusive ma non troppo, scoperte in Sicilia, c’erano carcasse di animali oltre a rifiuti pericolosi e, perfino un cavallo morto. Ora, in Sicilia quelle “fosse comuni”, compromettono le falde acquifere che servono a dare vitalità ai famosi agrumeti dell’isola, così come in Campania, vicino a quelle “porcherie” c’erano coltivazioni di prodotti “locali e genuini” e così è per la Calabria che, a sentite magistrati e pentiti, anche qui di “schifezze” ne sono state sotterrate tante. Non sarà, per fortuna dappertutto così ma, chi può più dire che il suo prodotto è genuino? Magari sarà anche senza concime, cosa che a questo punto sarebbe il male minore, visto che, l’acqua che lo annaffia si porta dietro ogni tipo di materiale inquinante. Non dobbiamo mangiare più? Al contrario, dobbiamo pretendere chiarezza. La magistratura deve prendere a cuore questa vicenda e farsi coraggio perché anche qui le collusioni non mancano e non solo fra mafia e politica. Dobbiamo continuare a pubblicizzare e proporre il nostro prodotto. Peccato aver deturpato quella bella immagine di “arancia rossa di Sicilia” o quei manifesti che pubblicizzano il mandarino della nostra Piana. Peccato veramente che inadempienze e connivenze debbano mettere un velo perfino sul sole del meridione. Un sole che continuerà a splendere perché nonostante tutto, quelle arance e quei mandarini, restano ancora il segno distintivo di una produttività genuina che nemmeno le mafie riusciranno a distruggere. Fiorello potrà così continuare a cantare della sua “Rosaria” e la Regione Calabria offrire sugli aerei e sui treni i nostri mandarini. Perché, a parte tutto, la bontà di queste terre non potrà mai essere messa in discussione: da nessuno.
