MARTONE (RC) – Chiusa a chiave in una stanza senza cibo. Solo una bottiglia d’acqua e un telefonino che le ha restituito la libertà.
E’ accaduto nella locride in una contrada del piccolo centro di Martone, nel reggino. Una ventenne dopo aver lasciato il fidanzatino è stata sottoposta dai genitori ad una punizione esemplare: la carcerazione. Per giorni la ragazza è rimasta sola ad aspettare invano che la rabbia del padre si placasse. Ma niente da fare. Lei, sposa promessa, quel ragazzo della vallata del Torbido non può mollarlo e potrà tornare ad uscire solo quando si convincerà che è lui l’uomo della sua vita. Le piaccia, o non le piaccia. Il cellulare le viene quindi restituito per chiedere perdono e riallacciare i rapporti con l’ex fidanzato. In preda alla disperazione invece chiamerà le amiche confidandosi, non intende cambiare idea. All’una di stanotte i carabinieri di Roccella Jonica,dopo l’allerta lanciata alle forze dell’ordine dagli amici della giovane, entrano nella casa-galera in cui da domenica è rinchiusa la ventitreenne. I genitori non oppongono resistenza. Il padre della ragazza, un carpentiere quarantottenne, viene immediatamente arrestato per sequestro di persona e condotto presso la casa circondariale di Locri. E’ lui il fratello di uno dei sette arrestati per aver favorito la latitantanza di Gallizzi, il boss di Martone. Gli altri familiari saranno invece denunciati a piede libero. Gli inquirenti intanto indagano per accertare se la giovane, attualmente affidata ad una casa protetta, non sia stata costretta a subire maltrattamenti. Non si esclude l’ipotesi di un matrimonio forzato tra famiglie ‘d’onore’.
