REGGIO CALABRIA – Nel 2002 trucidarono il padre mentre era dal barbiere a Reggio Calabria. Insieme al fratello si costitui come testimone di giustizia.
Entrambi vennero trasferiti in una località protetta con una nuova identità. Un luogo in cui iniziarono una nuova vita aprendo aziende e dando lavoro a diverse famiglie. Il tutto però si infranse quando per una fatale superficialità un agente di polizia rivelò ad un pentito reggino i nomi veri dei due fratelli, come venivano ora identificati all’anagrafe e il volto che avessero. Terrorizzati i nipoti di Filippo Barreca, l’uomo che fu uno dei primi pentiti della ‘ndrangheta, chiusero tutte le loro attività chiedendo di essere trasferiti per scongiurare ogni tipo di vendetta e tutelare le proprie famiglie. Filippo e Santo, senza lavoro, tentano quindi di acquisire i beni di loro proprietà abbandonati nella località protetta: circa due milioni di euro. Ottenute tutte le autorizzazioni per vendere tutto allo Stato attendono da Maggio che l’Avvocatura dia il nullaosta per la conclusione della pratica. Ma sinora nessun segnale. Esausto Filippo Barreca ieri è tornato a Reggio Calabria e si è incatenato davanti il palazzo della Prefettura in attesa di risposte. Il Prefetto si è quindi reso disponibile ad adoperarsi per risolvere la vicenda e permettere ai due fratelli di riappropriarsi dei propri averi.
