La donna sembrerebbe rivelasse informazioni riservate coperte da segreto d’ufficio. Interrogazione parlamentare per avere chiarezza sui rischi per la salute umana.
REGGIO CALABRIA – C’e’ anche un ispettore della Polizia di Stato tra gli indagati dell’operazione Metauros, condotta stamani da Polizia e Carabinieri e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Si tratta di una donna, che ha una relazione sentimentale con uno dei fratelli Pisano, tra i sette fermati. La donna è indagata per accesso abusivo al sistema informatico della Polizia, per aver comunicato dati sensibili a persone diverse dall’amministrazione della Polizia di Stato, e violazione di segreto d’ufficio, per fatti che avrebbe commesso quando era in servizio al commissariato di Gioia Tauro. Adesso invece la donna lavorava alla Questura di Firenze, ed e’ nella citta’ toscana che oggi e’ stata destinataria di una perquisizione. Il coinvolgimento della poliziotta e’ stato reso noto dal questore Raffaele Grassi e dal capo della squadra mobile Francesco Ratta’ nel corso della conferenza stampa tenuta stamani in Procura.
Le indagini sono state avviate in seguito a una conversazione intercettata proprio dalla Polizia di Stato il 21 giugno 2009 all’interno dell’abitazione sita a Granarolo dell’Emilia che era in uso a Carmelo Bellocco, elemento di spicco dell’omonima cosca, in cui Gioacchino Piromalli (alias “l’avvocato”) era messo in relazione con l’inceneritore di Gioia Tauro e Domenico Pisano. Sulla base delle intercettazioni effettuata dagli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria e’ stato possibile delineare il ruolo dei fratelli Pisano che, in considerazione delle opportunita’ presentatasi con la realizzazione del termovalorizzatore, avrebbero attuato un progetto imprenditoriale sostenuto dalle cosche locali, partecipando gia’ ai lavori di edilizia nella fase di costruzione dell’impianto, svolgendo, come ditta individuale, l’originaria attivita’ di carpenteria e successivamente entrando a far parte di imprese in possesso degli appropriati requisiti necessari per poter operare nel settore specifico del “ciclo rifiuti”, oppure, in mancanza di essi, conseguendoli tramite l’adeguamento delle qualifiche professionali, in modo da ottenere le competenze essenziali per rispondere alle nuove richieste di mercato.
CHIAREZZA SUI RISCHI PER LA SALUTE
“Non possono lasciare inermi le istituzioni, a partire dal governo nazionale e regionale, i fatti ricostruiti nell’inchiesta “Metauros” dalla Dda di Reggio Calabria, per cui in Calabria i rifiuti erano cosa del clan di ‘ndrangheta Piromalli e i fanghi industriali da smaltire venivano venduti a imprese compiacenti per la trasformazione in fertilizzanti”. Lo afferma, in una nota, il deputato del M5s Paolo Parentela, che aggiunge: “Ci potrebbero essere conseguenze terribili per l’ambiente e la popolazione, per cui ho subito provveduto a presentare una specifica interrogazione, che si aggiunge a una prima, firmata all’inizio della legislatura insieme ai colleghi parlamentari calabresi del Movimento 5stelle, sul sistema rifiuti della Calabria e sull’impressionante giro di soldi che il governo mando’ per l’emergenza ambientale della regione”.
“Il tema dello smaltimento di rifiuti e scorie – sottolinea il deputato grillino – e’ sempre stato sottovalutato, riguardo alla Calabria. Manca una coscienza del potere, non di rado supino, che non ha saputo accertare fino in fondo, in modo trasparente, i correlati rischi di inquinamento nei territori. Adesso devono attivarsi intanto le prefetture. Nell’immediato ci aspettiamo iniziative serie e concrete dal presidente della Regione, Mario Oliverio, e dal governo nazionale, che chiamiamo espressamente in causa. La magistratura – conclude Parentela – sta facendo saltare progetti criminali di gravita’ inaudita. Le istituzioni politiche devono invece chiarire quanto sia in pericolo l’ambiente e la salute dei calabresi”.
