Site icon quicosenza

Estorsione alle Magnolie, 8 anni di carcere per Barone

estorsioni cosenza

Era presente alla richiesta estorsiva insieme a Marotta, già condannato in abbreviato a 5 anni. Per l’accusa “Barone dà forza all’atto intimidatorio”

 

COSENZA – Estorsione Magnolie, otto anni è la sentenza di condanna nei confronti di Ivan Barone, accusato di avere in concorso morale e materiale con Antonio Marotta, (già condannato in abbreviato a quattro anni, ndc) con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, mediante minaccia consistita nell’avvalersi del potere di intimidazione derivante dalla spendita del nome di Daniele Lamanna, noto appartenente alla cosca “Rango – Zingari”, operante sul territorio di Cosenza e così manifestando la loro contiguità alla predetta cosca, recandosi in più occasioni presso il ristorante pizzeria “Le Magnolie””. Così si è espresso il collegio giudicante presieduto dal giudice Carpino al termine della camera di consiglio. Il pubblico ministero della Distrettuale di Catanzaro Camillo Falvo aveva chiesto una condanna a nove anni di reclusione.

Questa mattina prima di dichiarare chiusa l’istruttoria dibattimentale è stato sentito l’imputato difeso dall’avvocato Gelsomino. Rispondendo alle domande della difesa e dell’accusa ha dichiarato di non avere mai conosciuto e parlato con il proprietario della pizzeria “Magnolie”. «Conosco Antonio Marotta, un rapporto relativo, non di amicizia che tutti i giorni ci vedevamo». E a proposito dell’incontro alle Magnolie «Mi sono recato alle Magnolie una sola volta, a dicembre 2016. Io mi ero recato per andare a mangiare e si diceva che là si mangiava bene. Siamo andati là, non c’era il proprietario e ce ne siamo andati. Io non sapevo le intenzioni di Marotta». L’imputato risponde poi alle domande del pm della Dda Falvo. «Non ho mai visto in vita mia Moretti. Io sono andato alle Magnolie perché mi avevano consigliato: “lì si mangiava bene”. Io ero presente quando abbiamo chiesto ai dipendenti se ci fosse il proprietario, poi siamo andati via e non sono andato più. Quel giorno poi con gli amici ci siamo fermati a mangiare sulla statale». L’imputato alla domanda dell’accusa non ha saputo fornire i nomi degli amici, né il luogo dove si fermarono a mangiare, né il perché avessero scelto di non fermarsi alle Magnolie anche se il titolare era risultato essere assente «Non mi ricordo, sono passati anche due anni». Sulle frasi pronunciate dal Marotta «Non ho assistito a quello che ha detto il Marotta. Personalmente io non ho mai parlato con Moretti. E non ho saputo più nulla perché io non ci sono più andato».

L’accusa poi ha domandato se l’imputato avesse rapporti con il clan Rango – Zingari «Io non ho mai parlato con Lamanna. Conosco Rango Maurizio di vista da 4 – 5 anni. Conosco Antonio Abbruzzese, Ettore Sottile ma con loro solo un rapporto “ciao e ciao”, “buongiorno e buonasera”». Con Sottile ha ammesso di essere stato fermato per un controllo dalle forze dell’ordine mentre mai con Maurizio Rango. Ma l’accusa supportato dagli atti prodotti durante l’istruttoria dibattimentale ha incalzato Barone dicendogli che era stato fermato con Rango il 27 marzo del 2017 e a giugno e novembre dello stesso anno con Antonio Abbruzzese. «Di Rango non ricordo. Forse con Abbruzzese sì, può essere. Ma Lamanna non lo conosco». Chiusa l’istruttoria dibattimentale il pubblico ministero Falvo prima della requisitoria ha depositato gli atti processuali “Rango – Zingari” in merito ai fatti inerenti Daniele Lamanna, citato da Marotta; i verbali di sequestro e perquisizione nei confronti di Marotta, le motivazioni della sentenza di condanna sempre del Marotta.

 

La requisitoria dell’accusa “Non vi è dubbio che sussistano gli elementi per dire che si tratti di estorsione col metodo mafioso: l’estorsione è consumata; il metodo mafioso è dato dalle modalità”

«Una vicenda lunga quella vissuta dalla persona offesa, (il titolare della pizzeria “Magnolie”, Moretti, ndc) perché ha vissuto per ben due volte la richiesta estorsiva, prima ad opera della compagine, poi condannata nell’ambito del processo denominato Rango – Zingari, e nella successiva richiesta estorsiva avanzata nei suoi confronti rievocando il soggetto già condannato per la prima estorsione, Daniele Lamanna – sostiene il pubblico ministero Camillo Falvo- ». I fatti: «Si presentano due soggetti in più circostanze presso la pizzeria Le Magnolie per avanzare una richiesta di un regalo presentandosi come amici di Lamanna. In realtà a parlare è solo Marotta che poi viene arrestato. La vittima ha denunciato e si presta a fotocopiare le banconote per la somma di mille euro che è solo una prima trance di tutta una serie di somme da versare nelle migliori tradizioni ‘ndranghetistiche: a Natale, a Pasqua e a Ferragosto. Solo che non potevano prevedere che la persona offesa così come aveva fatto già altre volte, avrebbe denunciato il fatto. Quando si presenta il Marotta viene arrestato in flagranza». Falvo si rifà all’esame dell’imputato «Ma chi c’era con Marotta? Oggi dice l’imputato “io sono andato solo una volta”, “non ho incontrato Moretti”, “non c’ero quando è stata avanzata richiesta estorsiva”, “ero presente perché dovevo mangiare la pizza con degli amici”, ma non ricorda gli amici perché è passato troppo tempo. Però è strano, e anche da questo si può desumere la responsabilità penale dell’imputato che va con gli amici per mangiare presso il locale e se ne vanno perché non c’era il proprietario; se ne sarebbero dovuti andare se non ci fosse stato posto». L’accusa si sofferma sul riconoscimento dell’imputato «Il proprietario, il fratello e le dipendenti hanno riconosciuto il Barone prima dell’inizio del processo attraverso le immagini della videosorveglianza e anche durante l’istruttoria dibattimentale. Ci sono le conversazioni».

La richiesta estorsiva

«La richiesta si articola in due momenti diversi – continua il pm della Dda Falvo –  “sono amico del Lamanna” e, quando si riscontra la resistenza da parte della persona offesa, si sposta il tiro e si evocano gli zingari ovvero i soggetti più liberi di agire in quel momento sul territorio. Non vi è dubbio sull’attività estorsiva del Marotta per via della sentenza di condanna. Non vi è dubbio che sussistano gli elementi per dire che si tratti di estorsione col metodo mafioso: l’estorsione è consumata; il metodo mafioso è dato dalle modalità: si evoca il regalo, la presenza di Lamanna noto ‘ndranghetista condannato per 416 bis. Dobbiamo concentrarci su quello che è la valenza dal punto di vista probatorio della presenza di Barone in quella circostanza. Moretti dirà che è più di una circostanza, l’ha visto anche il fratello ed era presente quando è stata avanzata la richiesta estorsiva. E’ chiaro che una richiesta estorsiva si fa evocando la presenza di una organizzazione. Barone è presente per dare forza all’atto intimidatorio. E che questa sia la funzione non vi è dubbio alcuno anche alla luce delle dichiarazioni di Lamanna. Oggi l’imputato ha detto che ricordava a stento Rango, Sottile, Abbruzzese tutti indagati e condannati ma perché ce lo dice Lamanna “Io Barone lo conosco e so che era stato affiliato al clan Rango Maurizio, e lo scopo della sua affiliazione era quello di fare danneggiamenti e richieste estorsive nei confronti di esercizi commerciali”. Questa è la ragione per la quale si trova in compagnia di Marotta per la richiesta estorsiva. E quindi non vi è dubbio che in questo caso è provata la responsabilità penale dell’imputato per il reato di estorsione consumata. Dal punto di vista sanzionatorio, estorsione col metodo mafioso, aggravato dall’art. 7, recidiva, contestata reiterata, specifica, quinquennale per i reati dell’art. 407 del c.p. tenendo conto della gravità della condotta, della personalità dell’imputato, della recidiva contestata chiedo la condanna di 9 anni di reclusione e otto mila di multa»

 

La difesa chiede l’assoluzione perché il fatto non è stato commesso dall’imputato e per carenza dell’elemento psicologico

La difesa si oppone e precisa «dall’istruttoria espletata non si può ritenere raggiunta la prova al di là di ogni ragionevole dubbio della colpa del Barone. E’ importante scindere la posizione del Marotta, condannato per il reato di estorsione consumata e aggravata col metodo mafioso, e del Barone. A mio avviso, rafforzata dall’istruttoria e dagli atti, diversa è la posizione del Barone, marginale rispetto a quella del Marotta. Il collaboratore di giustizia dice di aver fatto parte dell’organizzazione e, nel momento in cui  è venuto a conoscenza della circostanza che il Barone facesse parte di questa organizzazione, lui era già fuoriuscito. Quindi, al fine di vagliare l’utilizzabilità delle dichiarazioni del collaboratore al fine di questo processo, bisogna fare un raffronto tra i tempi di uscita dell’organizzazione del Lamanna e quelli di entrata del Barone. Ossia, le informazioni date dal Lamanna non sono informazioni acquisite in maniera diretta ma de relato “me l’ha riferito il Rango”. E a mio avviso non è utilizzabile nel processo».

A proposito dell’estorsione precisa la difesa «E’ stata consumata ma avvenuta in un momento successivo alle condotte contestate al Barone. Dall’istruttoria espletata, dalle dichiarazioni rese dalla parte offesa e da quelle dei dipendenti si evince un dato certo che, nel mese di dicembre due persone si recavano presso la pizzeria, non trovavano il proprietario e non trovando nessuno nel locale chiedevano ai dipendenti della presenza del proprietario e dopo aver ricevuto risposta dell’assenza di quest’ultimo vanno via. A questo episodio vengono forniti i fotogrammi alla questura e in quella sede si risale alla presenza del Barone. Della successiva presenza non vi è prova alcuna. Non abbiamo fotogrammi o prove che collocano con certezza il Barone al ristorante Le Magnolie quando viene effettuata la richiesta estorsiva. ù

Altro elemento importante è l’assenza dell’elemento psicologico. Il Barone oggi ci dice che oltre di essere stato presso le Magnolie in una sola occasione non era a conoscenza delle intenzioni del Marotta. Ma un elemento ancora più importante affinché una persona possa concorrere nel reato di estorsione è necessaria anche la sola presenza pur se abbia un effetto rafforzativo. Se il Barone si è recato alla pizzeria in una sola occasione e senza sapere la motivazione come poteva rafforzare la presenza di un soggetto che tra l’altro è dimostrato non ha proferito parole, non si è presentato e non era neanche conosciuto dalle persone offese» La difesa ha chiesto l’assoluzione in base all’art. 530 perché il fatto non è stato commesso dall’imputato o è contraddittoria la prova. In subordine per la carenza dell’elemento psicologico chiede l’assoluzione per insussistenza della prova perché il fatto non costituisce reato per difetto dell’elemento psicologico»

Il collegio giudicante ha condannato l’imputato, riconosciuto l’aumento di pena e le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle ulteriori aggravanti contestate, alla pena di otto anni di reclusione, al pagamento della multa di otto mila euro, oltre le spese processuali. E’ stato inoltre interdetto dai pubblici uffici e condannato al risarcimento del danno alle costituite parti civili rappresentate dagli avvocati Domanico e Pizzuti, da liquidarsi in separata sede e al risarcimento del danno in favore dell’associazione antiracket di Cosenza “Lucio Ferrami” con il presidente Alessio Cassano e la vittima rappresentata dal legale Michela Grandinetti pari a 2 mila euro.

 

 

Exit mobile version