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Giace in una pozza di sangue, accanto il marito la guarda

omicidio carabinieri

Omicidio Paffile, giugno 2014. Carmela, 80 anni, sarebbe stata uccisa dal marito Eugenio Barbiere, secondo le prove accusatorie raccolte dagli inquirenti

 

BISIGNANO – Si torna in Corte d’Assise per riprendere il processo sulla morte di Carmela Paffile. Nell’udienza presieduta dal giudice Garofalo, a latere Granata, sono stati sentiti dalla Corte i due figli della vittima e la vicina di casa, probabilmente, una delle chiavi del processo. La storia di Carmela, gli ultimi attimi di vita della donna si svolgerebbero attraverso un “incidente domestico”, almeno questo fu quello che il marito fece intendere ad uno dei due figli quando lo raggiunse telefonicamente per allertarlo che la madre era caduta. E se non ci fosse stata la vicina di casa nessuno avrebbe mai saputo che Carmela col cenno della testa avrebbe fatto capire alla donna che non era caduta. «Conosco Carmela dall’87, prima ero stata in Svizzera, veniva spesso a casa mia, – racconta la teste alla corte-. Quella sera mi hanno chiamato che la signora Carmela non stava bene. Mio figlio è andato a vedere e poi è tornato da me per venirmi a prendere. L’aveva chiamato Umile a mio figlio. Mi ha detto che Carmela non stava bene, era per terra. Quando sono arrivata davanti casa sua le ho domandato “Carmè, ma sei caduta?” e lei col cenno della testa mi ha detto no. Ho domandato ancora “ma sei caduta” e lei di nuovo ha ripetuto col cenno della testa no. Le ho chiesto se voleva un po’ di acqua e mi ha detto no sempre con la testa. Poi ho messo la mano sotto la nuca ma sangue non ce n’era. Era sdraiata per terra, aveva un occhio gonfio con sangue, ma stava con gli occhi chiusi. Sono stata là vicino fino a che non sono arrivati i soccorsi. Ricordo di avere pulito il volto di Carmela con dei fazzoletti, il sangue era a grumi e ho avuto difficoltà a pulirlo”

 

Il racconto del figlio Santo

Santo Barbieri è uno dei sette figli di Eugenio Barbieri e Carmela Paffile (i due si sarebbero separati dopo i fatti di Catanzaro, nell’88)  che, la sera del 29 giugno 2014 si recò a casa della madre, in contrada Frassia, trovandola a terra in una pozza di sangue. «Io abito a Santa Sofia. Chiama mio fratello Umile verso le 11, 11.30 di sera e mi dice di scendere da “mamma che era caduta”. Mio fratello era al mare con la famiglia a villapiana quel giorno. “Scendi tu che fai prima di me”. Per strada ho incontrato un vicino che stava aspettando l’ambulanza. Mi ha detto “Tu corri  a prendere la guardia medica a Mongrassano che io aspetto l’ambulanza”. Accanto a mia madre c’era una vicina di casa. Io sono andato a prendere la guardia medica a Mongrassano e sono tornato indietro. Con me in macchina c’era mia moglie. Arrivati a casa abbiamo trovato a mia madre distesa a terra, in una pozza di sangue e mio padre seduto su una gradinata di scale , appoggiato ad un bastone. Si trovavano tutti davanti casa. Non era la prima volta, c’erano dei precedenti. Lui la voleva togliere a tutti i costi da casa. Mi sono messo a gridare “disgraziato cosa hai fatto, finalmente te l’hai tolta davanti”, ma lui non ha risposto».

«Era presente la vicina di casa che mi ha raccontato di averle chieste se fosse caduta e mia madre aveva fatto segno con la testa di no. Quando sono arrivato io era a terra ma non sono andato, è arrivata subito la guardia medica a mettere l’ossigeno. Io dalla rabbia non mi sono reso conto se mia madre avesse gli occhi aperti. Era con la testa nella pozza di sangue. Poi è arrivato il 118. Io insistevo a chiamare il 112, ma il 112, a quanto mi è stato detto, ha rifiutato di intervenire. L’aveva chiamati  mio fratello Giuseppe da Santa Sofia. Mia madre indossava una vestaglietta da notte». A ricordo di memoria il pubblico ministero Greco, legge quanto dichiarato davanti ai carabinieri della stazione di Bisignano “quando siamo arrivati a casa mia mamma era a terra sulla schiena col viso rivolto verso l’alto, indossava un prendisole, e aveva addosso delle coperte“. Aveva una botta in testa ed era piena di sangue “la cosa che mi ha lasciato un po’ di stupore era che sul pavimento di cemento vi era una copiosa macchia di sangue distante dal capo di mia mamma”. Ricordo che aveva anche vomitato».

«Mio padre era seduto su una gradinata di scale, accanto al porticato, che vanno sopra. Io l’ho aggredito con quelle parole, ma lui non mi ha detto nulla. La porta era aperta e le chiavi erano all’interno. Dentro era tutto tranquillo, tutto normale. Sul lavello c’era la protesi dentale. Mia madre in genere va a letto presto, massimo le 21.30 – 22. Quel giorno ero passato alle 16.30, avevo lasciato dal lavoro. A quell’ora fa caldo e di solito mia madre riposa. C’era mio padre sul balcone e non mi sono fermato perchè non c’erano buoni rapporti ed ho prefertio andare via prima di qualche scenata. Sono tornato verso le 7, le ho portato qualcosa da mangiare, un po’ di formaggio fresco. Mamma era tranquilla. Non c’era niente di strano. Non me lo voleva dire, secondo me, che lui le dava fastidiole ha dato sempre fastidio.

 

Mio padre picchiò mia madre finita in coma nell’88

«Mio padre abitava in paese a Bisignano. Dieci, quindici giorni  prima dell’accaduto era sceso alla casa di campagna dove abita mia madre. Io ho sempre reclamato che dava fastidio a mia mamma e nessuno mi ha dato ascolto. I carabinieri di Bisignano dicevano che lui era il padrone e poteva fare quello che voleva. Ci sono pure denunce che le dava fastidio. Mia madre è stata in coma a Catanzaro nel 1988. Le aveva lanciato un pezzo di ferro all’epoca. Era presente mio fratello Umile. Mia madre chiedeva sempre di essere lasciata in pace. Invece no, il padrone era lui, e lei doveva andare via di casa. Aveva acquistato un pezzo di terreno nel ’72, poi l’abitazione era stata costruita nel ’75 ed era stata intestata a tutti e due. Negli anni mia madre se n’era andata dalla campagna al paese, a Bisignano, con i due figli minori, per i maltrattamenti di mio padre. Parlo del periodo prima dell’88. Poi l’hanno denunciata per abbandono di tetto coniugale ed è tornata. Le bestemmiava i morti, la chiamava pxxxxxna, le diceva di lasciargli la casa. Da 15 giorni era tornato a casa e non li avevo sentiti litigare, nel giugno 2014».

«Mia mamma mi diceva che la notte camminava con il bastone per darle fastidio o metteva la radio ad alto volume per non farla dormire. Da quando era tornato mio padre a casa anche se le dava fastidio, non me lo diceva. Mio padre andava d’accordo con mio fratello Umile e mia madre non mi diceva nulla per non farmi litigare con mio fratello. Mio padre mi ha denunciato tante volte perchè io difendevo mia madre. Una volta mia madre era operata ad un ginocchio ed era davanti al porticato. Non so cosa le ha detto, c’era lui di fronte, ma ho visto che stava per colpire mia madre e l’ho fermato da un braccio. Lui ha perso l’equilibrio ed è finito su ua rete di recinzione. La sera mi ha denunciata perchè lo avrei picchiato». Il pubblico minisetro rimarca l’ultima affermazione con le dichiarazioni rese ai militari dell’Arma “Mi sono sempre opposto al fatto che mio padre potesse ritornare in contrada Frassia perchè temevo per l’incolumità di mia madre. Avevo anche cambiato la serratura per non farlo entrare per non dare fastidio a mammaal cancello esterno della strada. Lui era solito presentarsi la sera tardi davanti casa quando non c’era nessuno».

 

Ho pulito il sangue a terra prima di andare in ospedale

Ritornando alla sera dell'”incidente”: «Non ho notato se avessse sangue addosso o se il bastone fosse insanguinato. Mia madre è stata rianimata con l’ossigeno e poi è stata portata via. Io sono rimasto 10, 15 minuti, ho pulito il sangue. C’era una pompa d’acqua e c’ho lavato un poco. C’erano degli stracci per pulire il sangue. Ho usato solo acqua. Ho messo gli stracci in un secchiello, in macchina e poi sono corso in ospedale. In quel momento i carabinieri non c’erano. Dopo due giorni sono sceso per andare a casa di mamma e ho trovato i carabinieri che stavano sentendo la vicina di casa. Mamma è morta il 4 luglio». «Io ho chiesto a mio fratello di andare sopra e prendere il bastone dove era appoggiato mio padre, quando l’ho trovato seduto. Io quando avevo tempo andavo da mia madre, una sera sì ed una no, ma cinque minuti mi fermavo sempre». Ha risposto ancora ad altre domande poste dagli avvocati della costituita parte civile e dal presidente della Corte d’Assise. Ha raccontato che dopo la morte della madre è venuto a sapere che quest’ultima aveva confidato alla fornaia, Nunziatina, che il marito le dava fastidio e l’aveva presa a sassate per mandarla via di casa. Quando l’uomo abitava a Bisignano per non fare andare il figlio a far visita alla madre aveva chiuso il cancello esterno con una catena. La donna per uscire aveva dovuto tranciare con una tenaglia la rete esterna.

Nel collegio difensivo gli avvocati Francesco Parise e Francesca Funari. I figli della vittima, costituitisi parte civile sono rappresentati dagli avvocati Linda Sena, Gianfranco Vetere e Federico Littera

 

 

 

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