Insieme all’ex consigliere regionale era stato indagato il fratello Ercole, rinviato a giudizio. Barile, collaborativo con la Procura restituisce oltre 4 mln di euro
COSENZA – Patteggia la pena l’imprenditore Domenico Barile, collaborativo con la Procura della Repubblica di Cosenza, nel ricostruire i fatti relativi alla vicenda che lo ha visto indagato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Il Gip del Tribunale di Cosenza ha ratificato il patteggiamento proposto dall’ex consigliere regionale con il consenso della Procura con una pena di due anni e 10 mesi. L’imprenditore nella richiesta di patteggiamento ha evidenziato l’ingente restituzione del denaro che ha provveduto a versare nelle casse della Nord Hotel per oltre quattro milioni di euro. Nessun dibattimento, dunque, si celebrerà a carico di Domenico Barile per la contestata bancarotta milionaria relativa al fallimento della Nord Hotel. La richiesta di patteggiamento segue al comportamento tenuto dall’imprenditore nei riguardi della Curatela Fallimentare: l’imputato, ammettendo l’esecuzione delle operazioni di finanziamento verso altre numerose società, ha consentito, almeno in parte, la corretta ricostruzione degli affari sociali, anche, mediante l’indicazione dei conti correnti utilizzati dalla società fallita e la ricostruzione delle plurime operazioni finanziarie della società fallita nel periodo in cui lo stesso Barile ne era l’amministratore. L’ex consigliere regionale è difeso dagli avvocati Roberto Le Pera, Francesco Gelsomino, Giuseppina Carricato.
Insieme a lui erano implicati nella vicenda anche Ercole Barile e Giovanni Battista Guzzo ex amministratori di diritto della Nord Hotel e Gianfranco Tenuta, amministratore nominato il 29 marzo 2014 fino alla data di dichiarazione del fallimento nel maggio 2015 della società liquidatrice omonima. In concorso e nelle loro rispettive qualità avrebbero agito allo scopo di recare pregiudizio ai creditori distraendo i beni della società. Per Ercole Barile il giudice Branda ha deciso il rinvio a giudizio, mentre per Giovanni battista Guzzo e Gianfranco Tenuta il non luogo a procedere per non aver commesso il fatto.
Il 26 settembre 2017 Domenico Barile finì ai domiciliari. Il Gip Santese accolse la richiesta cautelare formulata dal pubblico ministero Donatella Donato, titolare delle indagini. L’ordinanza fu eseguita dai finanzieri del comando provinciale di Cosenza e contestualmente furono posti sotto sequestro due milioni di euro nei confronti di tre società gestite dal medesimo imprenditore. Secondo gli inquirenti il dissesto finanziario della società e, quindi, il depauperamento del patrimonio della stessa, sarebbe stato la conseguenza di una gestione caratterizzata da continue e ingiustificate distrazioni di denaro messe in atto dai soci, sia a favore di familiari, sia sotto forma di finanziamenti a favore delle altre società del “Gruppo”. Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Cosenza, consentirono alla Procura della Repubblica di richiedere ed ottenere il provvedimento della misura cautelare ai domiciliari per l’ex consigliere regionale. Provvedimento che, a distanza di un mese, fu revocato dal Gip del tribunale di Cosenza Piero Santese, il quale accolse la tesi della difesa e «non ravvisando elementi idonei a concretare l’attualità delle evidenziate esigenze cautelari» rimise in libertà Domenico Barile.In particolare il gip accolse la tesi avanzata dai suoi legali in relazione alla società Tincson con sede a Barcellona. Come sostenuto dal collegio difensivo, infatti, anche secondo il gip Barile fu revocato dalla carica di amministratore unico della società spagnola nel gennaio del 2012, un dato che smentisce quanto invece sostenuto nell’ordinanza di custodia cautelare del 25 settembre, dimostrando di non avere più interessi economici con le società interessate dalla bancarotta Nord Hotel. Nel provvedimento con cui Barile era stato posto ai domiciliari, infatti, si sosteneva che l’ex presidente di Field fosse ancora, al momento dell’arresto, amministratore unico della Tincson e ciò avrebbe presupposto il pericolo di reiterazione del reato.
