Il presunto omicida della strage di San Lorenzo risponde alle domande dell’accusa: “L’ha ucciso due volte a mio fratello”
COSENZA – “Sin dall’inizio ho pensato che fosse stato ucciso da più persone….sempre collegato a quello che ha fatto Attanasio. Però, a come è stato trovato mio fratello e poi Francolino…non pensavo potesse essere così crudele. Io penso che potrebbe essere stato ucciso in un altro luogo. Io ci sono andato dai carabinieri per essere d’aiuto, ma non sono mai stato ascoltato “no, va bene, questa ce la vediamo noi”. Mi fu chiesto se fossi al corrente che mio fratello avesse un box affittato a Cosenza. Ho pensato che avesse fatto una trappola a mio fratello per la questione delle armi. Mio fratello iniziò ad avere dubbi forti dopo avergli prestato i soldi. Attanasio voleva dargli una pistola a titolo di scambio dei 17 mila euro. Damiano rispose che non gli interessava. Voleva i soldi perché gli stava nascendo un figlio”.
Ha ucciso due volte mio fratello. L’accusa chiede se sapesse che il fratello era stato indagato per presunta appartenenza alla cosca mafiosa. “ L’ha ucciso due volte a mio fratello, prima a Cosenza, e poi accusandolo dell’appartenenza e sospettato di essere mafioso. Lo vuole pure infangare, a lui e alla famiglia nostra”
Non si sottrae alle domande dell’accusa. Risponde con calma Luigi Galizia. Il processo è giunto alle battute finali. Racconta i suoi rapporti con i fratelli e quelli tra Attanasio e Damiano. Racconta dei debiti, di quel 30 ottobre, della macchina abbandonata, della latitanza, del ritorno a casa. “La mia famiglia è formata da mio padre muratore, mio fratello che ha due mestieri tra cui il batti lamiere, io che sono falegname e Damiano che faceva lavori di muratura, aiutava mio padre. Io vivevo con mio padre e i miei due fratelli. Mio fratello si è trasferito da poco perché aveva la compagna Morena”.
I rapporti con Francolino Attanasio
I dubbi svelati nelle intercettazioni
Il pubblico ministero ha domandato all’imputato se avesse una macchina Alfa Romeo a cui quest’ultimo ha risposto affermando che era in uso a lui. Poi l’accusa ha incalzato le intercettazioni del 30 giugno del 2016, all’interno della macchina due mesi dopo la morte del fratello avute con una certa “Rosà” che abita a Roma ma cresciuta a San Lorenzo del Vallo, a mezzanotte e cinque. “Io ho sempre avuto dei dubbi che non fosse stato solo lui a uccidere mio fratello. Non sono stato ascoltato da nessuno».
Anche sul prestito Galizia parla con l’amica esternando la sua rabbia sul fatto che il fratello si fosse fatto “fregare” (da intercettazione), proprio dall’amico. “Non te l’aveva detto che doveva darti questi soldi?” gli chiede Rosà e Galizia racconta del fratello che litigava con Attanasio: “Francolì guarda che mi stai facendo arrabbiare. Questi soldi me li devi dare perché mi sta per nascere un figlio” e Luigi “Francolì guarda tu non me la conti giusta, tu ci stai guadagnando sulle cose”. “Noi avevamo comprato certi appartamenti a Cosenza e lui ci portava gli affitti degli appartamenti. Ora ultimamente doveva portarci delle carte, degli strumenti, e non li portava mai”. Galizia spiega “Parlavo di una trappola che gli aveva fatto. Mio fratello aveva comprato due, tre appartamenti a Cosenza e glieli aveva fatti prendere a lui che gli aveva detto erano già stati affittati e prendeva soldi”. Oltre a fare da intermediario nell’affitto anche nell’acquisto. “Venne lui a proporci la vendita. Non arrivavano le carte di acquisto “no, ora non hanno pagato, prossimo mese così, ecce cc.”
E sui prestiti di soldi “Damiano se qualcuno aveva bisogno non si sottraeva come penso faranno tutte le persone. Il pm legge un’altra intercettazione “io gliel’ho detto 50mila volte. Perché poi io devo andare a raccogliere i soldi a Damiano: ad uno 900 euro, ad un altro 3, 4 mila euro perché doveva fare il funerale al padre” e sottolinea che Luigi avesse un ruolo in questo prestare denaro. “Io avevo il ruolo del fratello che gli davo consigli. Da quando aveva prestato i soldi alla prima persona che doveva fare il funerale al padre già avevamo problemi. Gli altri soldi erano un anticipo sui lavori che doveva effettuare in casa perché sapeva di scontarli. E poi i soldi del funerale sono stati prestati anni prima”.
La perquisizione a casa della famiglia Attanasio
“Ho saputo della perquisizione a casa di Attanasio in pese tramite giornali…si parlava in paese. Come dovevo reagire? Le indagini dovevano essere fatte prime, non dopo”. E sul ritrovamento delle armi “Sono a conoscenza del sequestro delle armi dai media. Non sono mai stato nel garage in uso a mio fratello, me l’hanno spiegato. Penso che per l’omicidio siano stati i soldi che doveva restituirgli. Io non lo so perché accusarlo delle armi”. Risponde poi alla domanda dell’accusa sui 17mila euro “Questo debito non è stato sanato. Penso che esista ancora. Ma da chi dovevamo andarli a prendere?”
Il giorno della strage a San Lorenzo, l’omicidio della madre e della sorella di Francesco Attanasio
Nella sala giochi ci sono tre salette. Noi ci siamo messi in fondo, dove di solito si gioca a carte. La vincita non è stata con molti punti avanti, è stata combattuta. Massimiliano è stato chiamato alle 9.36. Non ricordo se quel giorno fosse in macchina o meno. Se fosse venuto a piedi avrebbe impiegato 5 minuti. Nella stanzetta c’era un altro tavolo con mio padre, mio zio e altre tre persone. Io giocavo con Massimo. Al termine della partita abbiamo dato le carte indietro. Mi sembra che c’era Angela. Ho consumato una birra, in genere la prendiamo quando giochiamo. L’ha pagata Massimiliano. Dopo la partita sono rimasto nel bar. Ogni tanto Massimo andava nella sala slot.
Io ero nel bar ma i carabinieri non li ho visti. Poi sono uscito alle 10.10 e tutti parlavano di quello che era successo qualcosa di brutto, una sparatoria al cimitero. A me non mi interessava più di tanto quello che fosse successo. Non sono andato a chiedere a nessuno perché quelli che ne parlavano non li conoscevo”. L’accusa sottolinea che Galizia secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti sarebbe andato via dal bar alle 10.10 “Io sono uscito alle 10.10 per andare da Morena, alla casa dove abita mio fratello. Si fa la strada principale, viale della libertà. Quella mattina mi sono voltato indietro e sono tornato alla sala giochi. La casa si trova nella stessa direzione di casa mia. Ho percorso circa 300 metri. Mi sono ricordato che era da Pina e sono tornato indietro. Non ho fatto retromarcia perché la strada è trafficata. Subito dopo la chiesa ho girato a sinistra e subito dopo sempre a sinistra in una strada che ha portato al campetto che porta alla sala giochi”. E su Morena “Io la mattina non ricordo se c’eravamo sentiti per messaggio o al telefono. Pina abita a Spezzano. Non sono andato da Morena perché doveva ritornare. Io a Morena la cerco sempre. Per me è come una sorella. Mi ha detto che doveva staccare per un problema che aveva a casa e se n’è andata. Torno al bar e c’erano altre persone. C’era ancora mio padre. Poi torno al bar e apprendo della notizia dalle persone che stavano rientrando dal cimitero”
L’omicidio della mamma e della sorella di Attanasio
Ero davanti alla sala giochi. Ho appreso che c’era stata una sparatoria al cimitero alle 10.20 circa. Avevo intuito qualcosa di brutto legato con mio fratello. Io mi sono messo paura che tante cose non tornavano. La mia reazione è stata un po’ stupida, prendo la macchina e vado via. Sulla strada viale della Libertà la macchina nei filmati era mia e la persona alla guida ero io. Ho impiegato 5, 10 minuti per raggiungere la casa del compare.
La fuga e il nascondiglio
Avevo le chiavi perché erano nel mazzo che portavo con me. Sono stato in quella casa e sono rimasto là. Ci sono stato 4, 5 giorni. Ogni tanto uscivo ….avevo paura che poteva succedere a me qualcosa di brutto. Non ho avvisato nessuno. In casa c’erano degli indumenti della famiglia del mio compare. Indossavo un giubbino, maglioncino, jeans e scarpe. La casa non era sporca, c’era polvere, e c’erano tutte le comodità. La luce era funzionante, la cucina non l’ho utilizzata. Per mangiare c’erano provviste che avevo lasciato in precedenza. Io uscivo, di mattina uscivo; Un giorno ho visto un signore che l’ho pure salutato. Non so chi era ma abita nei dintorni. Sarò uscito un paio di volte e dalla parte di dietro della casa c’è un’aiuola”
Dopo la morte di Damiano mi sentivo seguito
Galizia risponde alle domande del presidente della Corte, Garofalo e torna sull’argomento “paura”. “Io sono andato via per paura. C’è qualcosa che mi impone di stare da solo. Avevo paura che poteva succedere qualcosa a me, perché sono stato seguito da alcune persone. Dopo le faccende di mio fratello, tante cose non sono chiare. Il comportamento che ha avuto la questura di Cosenza nei nostri confronti. Nessuno è stato sentito. Nessuno ha chiesto. Vengono a fare perquisizioni senza motivi. Francolino dice pure che le armi erano in custodia a mio fratello. Quando lo dice perché la questura mette sotto controllo noi e non lui? Io sono stato seguito ma non l’ho mai denunciato. E’ successo un paio di settimane prima del 30 ottobre da una macchina a Spezzano. Era una Fiat Stilo di colore scuro. Pure a casa c’erano persone che passavano, si fermavano e poi andavano via a bordo di un Bmw. Pensavo ci fosse stato qualche cosa ai danni della famiglia Attanasio per il ritrovamento delle armi. Io ho avuto paura. Che ne so cosa pensano queste persone”.
Il ritorno a casa
“Dopo cinque giorni sono rientrato a casa. Esco da casa e mi metto a piedi sulla via principale. Incontro un ragazzo e gli chiedo un passaggio. Lui mi dice “no, luì, che ci sono i carabinieri che ti stanno cercando”. Torno a casa, mio padre mi spiega che dovevo chiamare il maresciallo dei carabinieri. E’ venuto e siamo andati in caserma”. Galizia risponde ancora alle domande del presidente Garofalo e spiega che il 30 mattina si è recato al cimitero dalle 9.15 alle 9.30 “prima sono andato al bar, poi al cimitero e dopo di nuovo al bar. Non ho parlato con nessuno. Ho visto solo al fioraio posizionato davanti al cimitero. L’ho salutato ma lui non ha ricambiato; forse non mi ha visto, ero in macchina”.
Il telefono abbandonato, i vestiti indossati e quelli ritrovati in macchina, la macchina abbandonata, le sigarette fumate
“Mi volevo liberare di tutto. Ho buttato il cellulare nella spazzatura il giorno stesso o il giorno dopo. Potevo pure spegnerlo ma in quel momento ho pensato così”. Sui vestiti: “Io ero ancora vestito come i 5 giorni prima: un jeans, una maglia bianca, uno smanicato nero. Mi sono cambiato solo d’intimo con quello appartenente a Nicolò che frequentava la casa più del nonno. I vestiti sporchi cambiati, cioè l’intimo, sono nella casa buttati in un sacco”. La macchina “In genere lascio sempre la macchina aperta con le chiavi inserite. Gli indumenti nell’Alfa erano miei. C’era un giubbino Armani, scarpe Adidas, un cappellino che non ho mai indossato, regalato da un amico che aveva fatto un’escursione a Firenze”. “Io la vivo la macchina, a volte faccio dei montaggi. Le scarpe le avevo acquistate qualche giorno prima e le avevo cambiate con le vecchie e lasciate in macchina”. “Funo Marlboro Light e rosse, Philip Morris slim; non fumo Merit.
