Erano finiti in manette per spaccio di droga. Assolti in primo grado, la Procura di Cosenza ha presentato il ricorso rigettato in appello
ROGLIANO (CS) – Operazione Casba, in Appello confermata la sentenza di assoluzione in primo grado del Tribunale di Cosenza nei confronti degli imputati Bruni Pasquale, difeso dagli avvocati Antonio Quintieri e Cristian Cristiano, Cozza Luigi, difeso dall’avvocato Nicola Rendace e Scavelli Fortunato, difeso dall’avvocato Antonio Quintieri, accusati i primi due del reato di cessione di sostanze stupefacenti e tutti del reato di estorsione.
La I Sezione della Corte di Appello di Catanzaro ha confermato ieri la sentenza di assoluzione emessa con la formula “perché il fatto non sussiste” dal Tribunale di Cosenza in composizione collegiale, rigettando l’appello avanzato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza che, a seguito della pronuncia assolutoria, aveva presentato ricorso sollecitando una rivisitazione del materiale probatorio, affermando che il teste principale del processo sarebbe stato intimidito e coartato nella sua volontà tramite specifiche minacce che lo avevano condotto, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, a ritrattare le accuse mosse in sede di indagini.
I FATTI
In carcere finirono: Pasquale Bruni, 33 anni, Luigi Cozza, 33 anni, Valentino De Francesco, 22 anni, Massimo Sirangelo, 35 anni, Angelo Altomare, 21 anni, Domenico Falbo, 24 anni, e Massimo Benvenuto, 33 anni. Sono stati disposti gli arresti domiciliari per Fortunato Scavelli, 34 anni, Francesco Lucanto, 25 anni, Salvatore Pati, 20 anni, Giovanni Donato, 21 anni, Francesco Mantuano, 22 anni. Obbligo di dimora per Francesco Falbo e Antonio Greco. Molti scelsero il rito abbreviato e altri patteggiarono. Pasquale Bruni, Luigi Cozza, e Fortunato Scavelli scelsero il rito ordinario che dopo circa un anno di istruttoria dibattimentale conclusasi nel marzo 2015, in cui rimasero ai domiciliari vennero assolti.
LA RITRATTAZIONE IN AULA DELLA VITTIMA
Fulcro del processo era stata la ritrattazione in aula di qualsivoglia accusa da parte del presunto assuntore che aveva affermato di non aver ricevuto alcuna sostanza dagli imputati e di non essere mai stato minacciato dagli stessi al fine di ritrattare le accuse inizialmente mosse e ciò nonostante una iniziale denuncia avente ad oggetto proprio siffatte condotte minatorie ad opera, però, non già degli imputati ma di un’interposta persona che, generalizzata e sentita nel dibattimento, aveva smentito ogni minaccia.
Era seguita la richiesta dell’Ufficio di Procura di acquisire come prova le dichiarazioni dell’assuntore alla luce delle minacce poste in essere nei suoi confronti per fargli ritrattare ogni accusa ed oggetto di specifico lamento penale.
Sul punto il collegio difensivo aveva insistito per l’inconsistenza del teorema accusatorio in ragione di una serie di dati temporali che viziavano l’argomentare del pubblico ministero; ed infatti le presunte minacce non avevano impedito nel corso delle indagini all’assuntore di denunciare anche tale presunta coartazione che, di conseguenza, non aveva sortito nell’immediatezza alcun effetto; sul punto le difese avevano rimarcato come apparisse, allora, illogico che una minaccia posta in essere oltre un anno e mezzo prima rispetto all’audizione in tribunale potesse aver sortito quell’effetto che, di contro, non aveva ottenuto subito nell’immediatezza del fatto. Né alcun altra condotta violenta era stata posta in essere durante il periodo di sottoposizione alla misura cautelare carceraria e domiciliare per come confermato anche dalla moglie dell’assuntore che, espressamente sentita sul punto, aveva negato qualsivoglia coartazione nel lungo periodo di svolgimento dell’istruttoria dibattimentale.
LA SENTENZA ASSOLUTORIA
Ieri la Corte d’Appello viste le motivazioni del collegio difensivo ha deciso per la riconferma della sentenza assolutoria di primo grado. Nel rigettare il gravame proposto dalla Procura di Cosenza, ha così sancito la regolarità dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Cosenza che già aveva escluso ogni ipotesi di violenza commessa in danno della persona offesa confermando l’assoluzione per Bruni, Cozza e Scavelli per i capi d’imputazione comuni e dichiarando la prescrizione per il solo Cozza, condannato ad anni 1 e mesi 2 di reclusione, in relazione ad altra ipotesi di cessione scissa dalla vicenda principale.
