Giuseppe Muzzillo da 64 anni gestiva un pezzo di storia di Cosenza, lasciato in eredità al nipote che oggi raccoglie macerie in una stazione fantasma
COSENZA – Il bar “Buffet stazione” di Muzzillo Giuseppe chiude i battenti dopo 64 anni di attività perchè di treni in stazione non ne passano più. Sembrerebbe una battuta un po’ spinosa, in realtà è la verità. Il nipote Raffaele, 31 anni, padre da 7 mesi di una deliziosa bambina e sposato da meno di due anni, conosciuto da tutti come Lello, oggi “abbasserà definitivamente le serrande” perchè con l’acqua alla gola non riesce più a mandare avanti “un pezzo della sua vita”. Ieri mattina, se da un lato gli operai della ditta di manutenzione effettuavano i lavori presso la Ferrovia dello Stato, dall’altra c’era chi caricava macchinari e congelatori sui camion per portarli via. Un bar che a poco a poco si è spogliato di quella identità che per tanti anni è stato punto di riferimento per tanti cosentini e tanti pendolari. E’ proprio il nipote Lello che ci racconta un pezzo di storia bruzia che va via “stipata” in quei congelatori caricati per essere accantonati chissà dove. «Il bar è stato aperto da mio nonno materno Giuseppe nel 1954 alla vecchia stazione a Cosenza difronte il centro commerciale “I Due Fiumi”. Nell”87 ci siamo trasferiti qui, nella nuova stazione inaugurata nel mese di maggio. Come bar nella stazione è sempre stato lui l’unico. Io ero piccolo, ma affiancavo sempre mio nonno. In stazione, in quegli anni il flusso era ampio. C’erano molti treni, molti pendolari, lavoratori, gli uffici erano pieni. La stazione dello Stato, una volta, era una piccola cittadella».
La crisi
«La stazione ha iniziato a svuotarsi 10 – 15 anni fa’. Un lento scemare, molto lento, inesorabile ma costante. Non so per quale motivo, forse una mossa politica della Regione, i treni iniziarono ad essere sempre di meno, tra cui quelli più importanti, gli intercity a lunga percorrenza. C’era il treno per Roma, Torino, Bologna, Bari. Tutte linee soppresse. I primi negozi che iniziarono a chiudere furono la lavanderia, il negozio di giocattoli, l’Hertz autonoleggio. Successivamente chiuse il centro Tim e infine l’edicola. Rimanemmo aperti io e il tabacchi. Oltre ai pendolari e i ferrovieri c’erano vicino gli uffici della Banca e tutti venivano a consumare da me, tutti i giorni, mattina e pomeriggio. Anche se ero piccolo mi ricordo bene che negli anni ’90 c’era un grande afflusso di persone, continuato nei primi anni del 2000. Poi si è iniziato ad avvertire il calo.
Dipendenti licenziati e debiti maturati
Nonno negli ultimi tre, quattro anni ha rimesso di tasca sua per mandare avanti l’attività oltre 30 mila euro più le buone uscite dei miei ultimi dipendenti superando di gran lunga i 60mila euro. Quindi posso dire che l’attività ad oggi mi ha creato 60mila euro di debiti.
La stazione fantasma e i progetti “fumo negli occhi”
Il primo progetto fu la vecchia locomotiva di Mancini di cui si vede ancora l’insegna e dovevano aprire qui Malizia, big Ben e altre attività mai viste. Mentre le ultime promesse del “buon” sindaco Occhiuto da circa cinque anni a questa parte erano quelle di portare la polizia municipale negli uffici della stazione dello Stato. Lui dichiarava sulla stampa che era imminente, che era stato raggiunto l’accordo con Rfi mentre gli accordi non sono mai stati presi e mai raggiunti. Anche in virtù di queste promesse abbiamo tentato di rimanere aperti, perchè le tante rassicurazioni che dava il sindaco “abbiamo già visionato i locali”, “faremo partire i lavori”…io scioccamente ho sperato.
I furti subiti
Negli ultimi cinque anni ho subito una media di due furti all’anno. Ho chiesto a chi di dovere di far mettere un impianto di videosorveglianza perchè si parla di una stazione. Ma mi hanno sempre risposto picche. Io ho sempre subito furti, danni, sempre nel cuore della notte perchè non c’è sorveglianza. Gli agenti della polizia Ferroviaria un tempo erano più di 20, oggi sono soltanto in sei e non ce la fanno a coprire le 24 ore di turno e la notte qui è accessibile a chiunque
La chiusura della galleria Santomarco
Da premettere che io avevo preso la decisione anche prima che la galleria chiudesse. Con la chiusura della galleria avvenuta il sei dicembre e ad oggi ancora non riaperta, ho perso giornalmente qualcosa come 200 euro di incasso. Ovviamente senza treni quei quattro pendolari rimasti non ci sono più. Per questo sono stato costretto a licenziare subito quei due dipendenti che avevo. Gli altri licenziamenti sono avvenuti nel 1999, 2005, 2008 e così via. Io rimango con una figlia a carico e disoccupato perchè non ho altro lavoro
Un contratto di locazione salato ma FRI fa “orecchie da mercante”
Lello chiude, dunque. Porta via con se il vecchio ed il nuovo, le speranze e le delusioni e una vita a 31anni da dover iniziare daccapo con una famiglia da sostenere. Un nuovo disoccupato all’ufficio “collocamento” oggi centro per l’impiego che accoglie un altro figlio finito nel vortice della crisi economica, aiutata anche da RFI che di treni in Calabria non ne manda più.
