Site icon quicosenza

Cosenza, soffriva di vomito e stanchezza, muore all’Annunziata

reparto ospedale

Una donna di 65 anni entra nel nosocomio bruzio agli inizi di gennaio e vaga da un reparto all’altro fino al giorno del decesso, dopo un mese. Aperto un fascicolo in Procura

 

COSENZA – Soffriva di vomito, stanchezza, spossatezza e non mangiava N.M. originaria di Malvito, deceduta all’Annunziata di Cosenza a febbraio scorso all’età di 66 anni. A presentare denuncia la famiglia. Un presunto caso di malasanità al vaglio degli inquirenti, accaduto nei primi mesi del 2018 e in attesa di accertare se, effettivamente, la morte della donna dipenda dai sanitari che in quel periodo l’hanno presa in cura.
La donna a dicembre scorso fu visitata per due volte dai sanitari del 118 che non ritennero di doverla trasportare in ospedale nonostante l’invito esternato agli operatori del 118 anche da parte del medico curante. A gennaio la storia si ripete. Questa volta i sanitari del 118, intervenuti sempre a casa della 66enne, decidono per il trasporto verso l’ospedale di Cosenza. La donna rimase ricoverata in pronto soccorso per due giorni, poi fu trasferita in medicina d’urgenza. Nel reparto fu trattenuta per quasi una settimana. I familiari però denunciarono in Procura che in quei giorni nessuno dei medici comunicò con loro per riferire di quale malattia la familiare fosse affetta. Nessuna diagnosi quindi. L’unica risposta che i medici davano alle domande dei familiari era quella di avere pazienza perché le cure erano lunghe.

La donna fu successivamente trasferita nel reparto di medicina Valentini. Dopo qualche giorno i medici comunicarono ai familiari che la paziente era affetta da un virus intestinale che aveva coinvolto altri organi e polmoni. A causa della situazione alla donna venne somministrato l’ossigeno. I familiari nel denunciare i fatti sottolinearono che in quei giorni la 66enne, nonostante la somministrazione di antibiotici sembrava peggiorata. La paziente era quasi sempre dormiente ed allettata, per cui i parenti pensarono fossero sopraggiunti anche complicazioni a livello cerebrale.

I medici continuarono a sostenere che per la guarigione ci voleva tempo. Il virus, invece, era stato debellato a metà gennaio. Per questa ragione i sanitari comunicarono di procedereo alle dimissioni. Ma grazie alle richieste insistenti dei familiari la donna sarebbe stata trasferita in una clinica. Nell’attesa del posto i medici dell’Annunziata decisero di trattenerla in ospedale. Dieci giorni di attesa dove la paziente continuò ad essere curata con antibiotici e alimentata artificialmente con le sacche. Le sue condizioni però non subirono miglioramenti. A metà febbraio dopo un mese di ricovero da un reparto all’altro, la 66enne muore. I sanitari comunicano ai parenti che la causa della morte era dovuta a setticemia. Ma alle lamentele dei familiari, i quali chiesero le motivazioni ad una causa di morte che gli stessi medici dichiararono debellata, quest’ultimi fornirono spiegazioni vaghe. Il caso fini’ sul tavolo della Procura la quale dispose l’autopsia sul corpo della 66enne per accertare le cause della morte e l’eventuale responsabilità dei sanitari, finiti nel registro degli indagati come atto dovuto. Non rimane che attendere l’esito dell’autopsia.

Exit mobile version