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Laqueo, la vittima «La pistola e la minaccia di farmi camminare su una sedia a rotelle»

estorsione pizzo 1

Imputate sette persone per usura ed estorsione, una delle vittime, agente finanziario di Paola racconta delle richieste di soldi per quasi tre anni

 

COSENZA – All’inizio la vittima, F.P. sembra tranquillo, ma dopo i primi momenti del racconto dell’estorsione subita, o presunta tale, la persona offesa inizia ad innervosirsi, a sudare, a cambiare colorito in volto. Mangiucchia le unghia delle dita e iniziano i non ricordo. La tensione in volto è tanta da non sfuggire al collegio giudicante presieduto dal giudice Carpino che, insieme ai colleghi a latere individuano in sala gli imputati e i familiari degli imputati a cui chiedono di arretrare e di non guardare il teste. Momenti abbastanza tesi per la persona offesa durante l’udienza del processo Laqueo che vede imputati, con rito ordinario, Luisiano Castiglia, Giovanni Guarasci, Danilo Magurno, Francesco Magurno, Ariosto e Francersco Mantuano, William Sacco. Per gli inquirenti della Distrettuale antimafia che portarono a termine il blitz nell’agosto del 2016 si parlava di un’organizzazione criminale responsabile di usura ed estorsione aggravate dalle modalità mafiose e tentato omicidio, in riferimento al caso del fratello di Roberto Violetta Calabrese vittima di un attentato all’interno dell’esercizio commerciale che all’epoca gestiva in via XXIV Maggio, a Cosenza. Questa mattina in aula è stato sentito l’ agente finanziario che, tra l’ansia, un palese timore e gli occhi bassi ha risposto alle domande dell’accusa prima, rappresentata dal pm della Dda Antonio De Bernardo, e della difesa poi, rappresentata dagli avvocati Antonio Quintieri, Rossana Cribari, Pasquale Marzocchi, Amabile Cuscino e Renato Tocci. E’ proprio il presidente del collegio Carpino che domanda al teste se ci fosse qualcosa che non andasse: «Sono un tipo ansioso», risponde passando una mano sulla fronte. «Perché ha da temere qualcosa?», chiede ancora il presidente. Ma il teste non risponde anche se l’atteggiamento, cambiato drasticamente in poco tempo, fa capire tutt’altro.

Le buste paghe false

L’ agente finanziario, nonchè titolare di un’agenzia finanziaria, inizia il suo racconto rispondendo alle domande dell’accusa: «Ho iniziato a svolgere questa attività dal 2006 – 2007. Conobbi Francesco Magurno per via di una pratica finanziaria intorno al 2013 – 2014; mi è stato presentato dal figlio. Conosco  anche Ariosto Mantuano sempre per via di una pratica finanziaria. Franco e il figlio mi sono stati presentati da Ariosto Mantuano, all’uscita dell’autostrada di Cosenza Nord, nei pressi del McDonald’s, centro commerciale Marconi. Era un finanziamento di 5 – 6 mila euro con buste paghe. Quest’ultime mi furono consegnate tutte insieme se non ricordo male da Magurno. Non ricordo se ci siamo visti a Montalto Uffugo. All’epoca consegnai tutto ai carabinieri». L’accusa contesta come da dichiarazioni del verbale rilasciato ai carabinieri “in quell’occasione mi consegnò buste paghe per finanziamenti fino a 10 mila euro”.

Il teste annuisce alla dichiarazione e continua: «La pratica non poteva farsi perchè la busta paga non era vera, non esisteva il rapporto lavorativo. Per cui fu rifiutata. Comunicai che non si poteva fare più niente e loro mi risposero che ormai avevano preso impegni e che si riversava tutto su di me. C’è stato un incontro a Montalto Uffugo nella prima fase. Ho comunicato che la richiesta non era andata a buon fine, ma avevo paura. Era presente Francesco e Danilo Magurno, padre e figlio. Eravamo vicino ad un bar dove una volta era situata l’Emmezeta; Franco Magurno si posizionava sempre lì con il camion della frutta. Ma ho avuto paura perchè dicevano “devi farla passare”».

L’accusa chiede con chi avesse avuto maggiori contatti telefonici e di andare avanti con il racconto. «I contatti maggiori sono stati sempre con Franco Magurno. Volevano i soldi da parte mia perchè non gli avevo fatto passare il finanziamento. Ho iniziato a fare ricariche postepay. Era più Franco che Danilo a chiedere i soldi. Mi ricordo che quel giorno aveva avuto un infarto mio padre. L’incontro a Montalto avvenne circa un mese dopo: Danilo era presente e ascoltava Franco Magurno che chiedeva i soldi.

Le minacce con la pistola

«ho avuto paura – racconta la vittima – perchè c’erano minacce telefoniche e, davanti a me al bar a Montalto, Franco Magurno ha preso la pistola e mi ha detto che dovevo far passare il finanziamento. Le minacce erano telefoniche, venivano sotto casa, mi dicevano che mi facevano scoppiare casa, mi ammazzavano sotto casa. All’Emmezeta Franco ha fatto uscire una pistola grigia “Se non mi fai passare il finanziamento lo vedi che c’è qua…”». Il teste continua il racconto in cui Franco Magurno lo avrebbe ridotto sulla sedia a rotelle ” Ti faccio camminare sulla sedia a rotelle”; e poi altre minacce di incendiare l’ufficio e fatto male alla madre e alla moglie. «Mi dicevano che non avevo capito con chi avevo a che fare, lasciandomi intendere che avevano rapporti con la delinquenza cosentina e che avevano amici a Cetraro»

La consegna dei soldi

«Nel primo incontro non riuscii a racimolare quanto richiesto ed ebbi una richiesta di un ulteriore incontro. I soldi li consegnai sia in contanti che tramite ricariche su postepay; quasi tutto consegnai tramite postepay, però ho portato soldi in contanti a Montalto Uffugo. In tutto avrei consegnato all’incirca la somma del finanziamento richiesto: 10 mila euro. Ho pagato in circa 2 – 3 anni, le ricariche erano di circa 500 euro, 350 o 300 euro. Il rapporto era sempre con Franco Magurno ma, in complessivo, erano sette persone a cui avrei dovuto fare il finanziamento. Alla fine del 2016 consegnai soldi anche a Giovanni: una volta ho fatto prendere tramite posta, con l’agenzia a Paola, 1500 euro, anche se non aveva la busta paga; lui poi non ha pagato più e li ho dovuti pagare io. Non ricordo se c’è rimasta qualche rata da pagare. Il fatto dovrebbe essere accaduto nel 2014 – 2015 per 24 – 36 mesi. I soldi sono stati erogati sulla postepay di Franco Magurno.

Il pubblico ministero ha chiesto al teste come conosceva Carmelo Perri e Ariosto Mantuano e un certo Loris, così conosciuto dalla vittima, che ha poi appreso dai carabinieri, tramite riconoscimento fotografico, che il vero nome sarebbe William. «Avevo le buste paghe di Carmelo Perri che non sono passate per il finanziamento. A Perri ho dato 1500 – 2000 euro; anche a Matteo di cui non ricordo il cognome, e sempre nel 2014 – 2015 nei pressi del Marconi a Rende, dietro al McDonad’s dove c’è un parcheggio e venivano con una smart blu. Carmelo mi ripeteva un po’ le cose che mi ripetevano tutti. Ariosto Mantuano è di Rota Greca e voleva i soldi per un mutuo di una casa.

Ho spalmato 10 – 12 mila euro , pure venti, un po’ a tutti , ma quello che ha chiesto di più era Francesco Magurno. Sapevo che si conoscevano tutti e avevo paura, quindi ho pagato un po’ a tutti. Loro hanno detto che dovevo pagare gli impegni che avevano preso visto che non avevo fatto passare i 10 mila euro a tutti. Ad Ariosto Mantuano ho consegnato in contanti la somma di 1500 euro in 5 – 6 mesi nel 2013, sempre nella zona di Montalto nei pressi dell’Emmezeta oppure allo svincolo autostradale. Erano i soldi della cessione del quinto che aveva chiesto il padre. Aveva preso i soldi e poi non li aveva restituiti, sempre per via del mancato finanziamento da parte mia.

Loris l’ho conosciuto, sempre attraverso questi individui, con il passaparola a Montalto, al bivio. Non ricordo chi me lo ha presentato. Anche la sua pratica fu bocciata. Non ricordo se avesse presentato la busta paga della mamma e un certificato falso dell’azienda ospedaliera che attestava di essere impiegata. Incontrai Loris insieme al padre Maurizio. Mai visti prima. E’ venuto a sapere tramite amicizie che io facevo finanziamenti. Dicevano che erano cosentini e avevano l’amicizia forte (verbale dell’1/09/2016 reso ai carabinieri “mi disse di essere un pregiudicato, uscito dal carcere e di avere conoscenze con la delinquenza”). L’incontro avvenne alla stazione di Vaglio Lisi. Non ricordo se c’era il figlio o la moglie. Ho acquisito i dati ma anche per questo non passò il finanziamento e dovetti dare 1500 – 2000 euro a Loris (poi scoperto essere William), alla stazione a Paola (il teste ha poi ricordato che la pratica fu presentata a nome della madre, ndc). Le richieste di soldi furono portate avanti fino al 2014 – 2015, ci sono le date delle ricariche alle postepay. Ad aprile 2016 mi contattò Giovanni Magurno, mi disse che erano senza soldi a Pasqua e “gli ho dovuto fare il regalo”. Ho dato soldi a lui fino ad agosto 2016: doveva fare la conserva dei pomodori e doveva comprare i pomodori. Dopo non sono stato più contattato e non li ho più visti».

La parola passa al collegio difensivo che incalza il teste su molte imprecisioni e i tanti non ricordo. Un controinterrogatorio durato quasi due ore in cui il teste era visibilmente provato per il timore, la paura e l’ansia. Tra le varie contestazioni l’obiezione in merito ai trasferimenti monetari, dei quali non ci sarebbe traccia nei documenti bancari.

 

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