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“Comune Accordo”, ditte e funzionari comunali gestivano appalti e soldi

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Oltre 155 mila euro spesi per acquistare 42 panchine con un costo reale poco meno di mille euro; 170 mila euro per costruire un palazzo al posto di una strada cancellata completamente per il piacere dell’imprenditore. L’ufficio tecnico comunale distribuiva per tutti il pane quotidiano

 

CORIGLIANO (CS) – 40 misure personali, 5 in carcere, 18 ai domiciliari, 10 con obbligo di presentazione alla Pg, 7 sospensioni dal pubblico servizio: 55 in tutto gli indagati. Sono stati impiegati 150 uomini 50 autovetture e reparti esterne alla provincia: coinvolte aziende operanti anche al di fuori come a Pesaro, Vibo Valentia, Reggio Calabria, Bari, Firenze, Cirò Marina, Petilia Policastro ed altri. Sequestrate 11 società coinvolte per un valore di circa 9 milioni di euro. Più in particolare: 5 imprenditori costituivano il nucleo costituivo e organizzativo dell’associazione a delinquere, finiti agli arresti in carcere. Arresti domiciliari per ulteriori 18 tra imprenditori e pubblici funzionari, tra cui anche un ex assessore ai lavori pubblici. Nei confronti di 10 tra imprenditori e pubblici dipendenti è stata disposta la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, mentre nei riguardi di 7 pubblici funzionari è stata disposta la sospensione dal pubblico servizio.

Imprenditori, professionisti e pubblici funzionari dipendenti del Comune di Corigliano Calabro (CS), ritenuti responsabili di reati di associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta, frode nelle pubbliche forniture, falso ideologico, abuso d’ufficio e corruzione. Le indagini, durate circa un anno e 6 mesi, hanno consentito di ricostruire le dinamiche relative alla gestione degli appalti pubblici in particolare nel Comune di Corigliano Calabro delineando l’esistenza di un vero e proprio centro di potere criminale costituito da un “cartello” di società ed imprese che condizionavano le procedure di gara di aggiudicazione ed esecuzione beneficiavano dell’atteggiamento compiacente e colluso di pubblici funzionari.

42 panchine del costo unitario di 860 euro in realtà il comune le ha pagate 3700 euro l’una; strade chiuse per costruire palazzi ad un costo di 170 mila euro, funzionari comunali che peroravano direttamente la causa di imprese presso l’autorità di bacino, società di servizio che assicuravano la vittoria almeno ad una ditta del cartello e in ogni caso si assicurava un contentino a tutte le ditte. Questi sono solo alcuni degli episodi raccontati dagli inquirenti durante la conferenza stampa tenutasi presso il comando provinciale della Guardia di Finanza alla presenza del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro Otello Lupacchini, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari Eugenio Facciolla; Comandante Provinciale Guardia di Finanza Cosenza il colonnello Marco Grazioli; Ten. Col. Valerio Bovenga, Comandante del Gruppo Sibari; Cap. Francesco Coppola, Comandante della Compagnia di Rossano; Lgt. cs Domenico Allevato, Comandante della Tenenza di Corigliano Calabro.

LA CONFERENZA STAMPA

Il comandante provinciale della Guardia di Finanza Grazioli ha ringraziato il procuratore generale Lupacchini e il procuratore della repubblica di Castrovillari Facciolla. «Un servizio importante per il nostro territorio e frutto della eccezionale sinergia tra autorità giudiziaria e la nostra Procura della Repubblica di Castrovillari e del corpo dei nostri militari, i reparti della sibaritide che si sono uniti in uno sforzo inusuale: il gruppo di Sibari, la compagnia di Rossano, la tenenza di Corigliano e poi Montegiordano, sotto la direzione dell’autorità giudiziaria che, straordinariamente, ci ha supportato ed ha diretto l’attività»

Lupacchini: il rispetto delle regole

«La mia presenza qui è come testimonianza della serietà del lavoro che è stato svolto in perfetta sinergia tra la procura di Castrovillari che ha diretto le indagini e la Guardia di Finanza che ha condotto gli accertamenti portando ad una pluralità di misure cautelari – precisa il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro Otello Lupacchini – . Voglio precisare che si tratta di un punto di partenza e non già di u punto d’arrivo, non fosse per il fatto che la Costituzione prevede e presume la non colpevolezza degli indagati, sino a sentenza definitiva di condanna. Laddove invece molto spesso queste cerimonie sembrano un punto di arrivo di un’attività che invece e ancora tutta da svolgere, realizzare, sottoposta ad una serie di controlli successivi fino alla Cassazione. Di conseguenza le conclusioni dovrebbero tirarsi solo allora e solo allora dovrebbero farsi i conti. Purtroppo queste cerimonie servono ad autoincensarsi senza preoccuparsi di quello che sarà poi il risultato e spesso abbiamo visto – non è il caso di questa operazione – finiscono poi in fumose e torbide bolle di sapone che lasciano attorno a se macerie morali, culturali, personali, familiari, senza aver conseguito quello che è lo scopo della legge: accertare in positivo il dovere di punire. Questo è quello che volevo preliminarmente dire perché mi sembra importante, altrimenti ci troveremmo qui a celebrare un qualcosa che è di là da venire perché bisogna attendere il Processo per sapere cosa succederà.

Ma ci troviamo qui anche per testimoniare un impegno per portare fuori quello che erano conoscenze in maniera del tutto casuale o forse anche per coprirsi le spalle da parte di qualcuno che denunciava anomalie nella pubblica amministrazione per poter dire “manco mai succedesse qualcosa, io l’avevo detto, io vi avevo informato”. Dipende poi come si era data l’informazione, a chi si era data. Partiamo dalla denuncia di un sindaco dislocata rispetto all’autorità giudiziaria, sulla quale l’autorità giudiziaria è intervenuta disponendo una serie di deleghe di indagine. Ha trovato la collaborazione piena e competente da parte della Guardia di Finanza. Non ha guardato in faccia a nessuno, perché questo è un altro aspetto che molto spesso caratterizza la sicofantia piuttosto che l’accertamento giudiziario e l’ha portato ad evidenziare una serie non di anomalie ma di fatti potenzialmente costituenti reato e responsabilità personali che come dicevo sono tutte da accertare dei quali comunque segnalano  un rapporto malato tra comunità, pubbliche amministrazioni, cartelli di imprese ed individui che rivestono pubbliche funzioni e che queste pubbliche funzioni  finiscono per dislocare rispetto a quella che è la loro finalità in un rapporto malato con la corruzione. E’ questo il primo passo per andare al di là di quelle che sono i fenomeni di accomunazione originaria di cui spesso noi puntiamo gli obiettivi e non guardare invece quelle che sono le anomalie, le deficienze, le deviazioni di quelle che sono le Istituzioni chiamate a rispettare la legge; questo è il senso della legalità che se ne fa un gran parlare ma ritengo non si abbia una idea chiara di cosa la legalità sia: rispetto delle regole che oggi viene fatto strame.

Ritengo per aver letto le 900 e più pagine dell’ordinanza di custodia cautelare che il rispetto delle regole vi sia stato: è stata formulata una incolpazione perché d’imputazione non possiamo ancora parlare; una incolpazione rispetto alla quale è stato raccolto un compendio probatorio notevole; raccolto con competenza e conoscenza. E’ stata formulata una richiesta di misure cautelari; è stata operata una valutazione puntale precisa coerente non parcellizzata per addivenire alla conclusione provvisoria di una indagine che da questo momento non arriva ma parte verso altri approdi dell’accertamento processuale. Di questa attenzione posta nel lavoro, evocata come rispetto, sin da questo momento, e da qui in poi ancora maggiore delle regole del giusto processo, non posso che ringraziare gli autori del risultato oggi conseguito che auspico possa avere le sue conseguenti valutazioni successive conformi nel rispetto delle regole».

 

Facciolla: le ditte del cartello erano sicuri di potersi aggiudicare e controllare le gare

 

 

«Ringraziamenti sentiti da parte del Procuratore capo della Repubblica di Castrovillari per il procuratore Generale «attento alle dinamiche sul territorio di sua competenza. Le parole del Procuratore generale sono significative sul fatto che c’è una reale vigilanza e controllo sulle attività in essere. Ringrazio la guardia di Finanza e i collaboratori “quotidiani” della Guardai di Finanza di Sibari, il capitano della compagnia di Rossano, la tenenza di Corigliano, collaboratori che non dicono mai di no. Questa indagine nasce per la stretta collaborazione non solo con le forze dell’ordine e la magistratura ma con il prefetto di Cosenza, Tomao, al quale va il mio personale ringraziamento per la preziosa collaborazione che ha dato in questi anni in cui sono alla guida della Procura di Castrovillari e anche in precedenza perché l’esposto da parte del sindaco di Corigliano (oggi ex sindaco Giuseppe Geraci) con la quale si segnalava in maniera anomala (perché queste denunce vanno presentate alla Procura della Repubblica), che erano sempre le stesse ditte ad occuparsi dei lavori pubblici o direttamente o indirettamente quando c’erano altre ditte a vincere le gare , comunque poi di fatto eseguivano sempre le stesse i lavori.

Questa segnalazione è giunta sul mio tavolo dal prefetto di Cosenza ed è stata sviluppata poi dalla Guardia di Finanza. Abbiamo iniziato a verificare non solo che era vero ciò che era stato segnalato ma c’era una particolare ricorrenza anche fuori il territorio di Corigliano. La dinamica era la stessa: c’era una sorta di modus operanti identico per varie gare d’appalto; si concordavano le offerte con la percentuale di ribasso e si creavano le condizioni per aggiudicare ad una o all’altra ditta quella che era la gara in questione. Quando ciò non succedeva o per errore o perché capitava che usciva qualcuna con una offerta diversa, magari si aggiudicava poi i lavori, la ditta estromessa veniva accontentata con il riconoscimento di un 5% senza fare i lavori perché in realtà i lavori venivano eseguiti dalle stesse ditte del cartello che gestivano questo tipo di situazioni.

Il guadagno e a cosa portava il meccanismo

I lavori venivano eseguiti male, a risparmio, con il complicato meccanismo di nolo di personale e macchinari che faceva sì che si creava movimento tra la ditta che avrebbe dovuto fare l’appalto e quella che materialmente lo realizzava. Tutto questo in violazione delle norme del codice penale Frode di pubblica fornitura, turbativa d’asta, abuso d’ufficio ma soprattutto un meccanismo di elusione del codice degli appalti: il divieto di subappalto veniva sistematicamente eroso, superato, aggirato e anche i limiti imposti dalla legge per il quantitativo di lavorazione che possono essere dati in subappalto, a cottimo, all’esterno, da parte della ditta appaltatrice veniva completamente disatteso. Questo il panorama generale

Il capo fila: l’ufficio tecnico del comune di Corigliano

Attivate iniziative soprattutto intercettazioni ambientali all’interno del comune di Corigliano ci hanno consentito di comprendere come fosse possibile attuare il meccanismo: non era l’operatività da parte di soggetti esterni, di imprenditori, ma era anche qualcosa in più che trovava la sua sponda nell’ufficio tecnico del comune. Ci sono conversazioni che abbiamo captato in occasioni di aggiustamenti di alcune pratiche di gara, sistemare offerte, percentuali, ecc. sono indicative per quelle che erano le attività del sodalizio che controllava gli appalti e tutto ciò che era il territorio dal punto di vista della collettività.

Le gare di appalto, le 42 panchine pagate a 3700 euro cadauno e il palazzo costruito al posto della strada

Sono undici gare: si va dai loculi del cimitero, alle condotte idriche, ai lavori di moderazione del rischio idrogeologico, lavori stradali, bitumazioni, rattoppi stradali di particolare importanza posti in essere per buche ed estemporanee e in una zona dove la scorsa estate ha perso la vita un ragazzino di undici anni dove in queste buche era finito con la bicicletta. Questo per dire che il danno molte volte non si produce solo alla pubblica amministrazione ma alla vita di relazioni all’esterno delle nostre case. Ulteriore indicazione delle gare, per esempio dell’arredo urbano che sono panchine, fioriere: abbiamo verificato come nella nota piazza Salotto di Corigliano , una piazza un po’ il fiore all’occhiello  della cittadina, sono state allocate 42 panchine del costo unitario di 860 euro in realtà il comune le ha pagate 3700 euro l’una. Ma il dato soprattutto significativo un comune del Nord Italia che ha preso le stesse panchine le ha pagate al costo di 860 euro…questa la dice lunga del danno alle casse comunali e alla collettività. Un’altra vicenda che ha a che fare con la piazza Salotto: un imprenditore destinatario di provvedimenti emessi dal Gip ha realizzato un palazzo prospicente una via comunale che viene chiusa dalla stessa amministrazione comunale per consentire la realizzazione di una scalinata di accesso a questo palazzo che altrimenti avrebbe avuto una via e le macchine di passaggio a dare fastidio. La via è stata letteralmente cancellata per la scalinata per un costo totale di 178 mila euro a carico delle casse del Comune.

Mi sono soffermato su quelli che sono gli aspetti più emblematici, ma ci sono le conversazioni che indipendentemente da chi partecipa e si aggiudica la gara si sente dire “tanto il lavoro lo facciamo noi”. Sembra emergere dalla nostra attività captativa un accordo generalizzato tra nord e sud, cioè le imprese che partecipano dal nord qui da noi, per rientrare nel discorso della soglia e portare quell’indice percentuale che consente di aggiudicare all’uno o all’altro aderente al cartello, viene rispettato anche per gare fatte al nord Italia con la partecipazione delle nostre ditte alle gare che si fanno in quella zona. Questo la dice lunga non solo come operavano questo meccanismo ma su come erano sicuri di potersi aggiudicare e controllare le gare.

Chi non si aggiudicava la gara veniva accontentato

In ogni caso chi per errore si aggiudicava una gara veniva accontentato e questo mi piace evidenziarlo, nessuno imprenditore pur essendosi aggiudicato una gara non ha mai denunciato, non ha mai portato avanti i lavori o “è stato costretto”; era un meccanismo in cui tutti ci guadagnavano: i funzionari dell’ufficio tecnico, i direttori dei lavori incaricati perché in alcuni casi abbiamo verificato che mentre si esercitava la funzione pubblica di responsabili  di una di queste opere pubbliche contemporaneamente una delle ditte aderenti al cartello conferiva un altro incarico. Un meccanismo che ha funzionato fin troppo bene nel corso degli anni. Per dare il senso di mancanza di autocontrollo di legalità che è andato oltre perché c’erano queste collusioni di interessi, addirittura quando si parlava di variante approvata o un problema di natura idrogeologica per lo spostamento di una condotta direttamente il responsabile dell’ufficio tecnico si è fatto promotore nell’interesse della ditta recandosi a Catanzaro presso l’Autorità di bacino. Era un contesto fuori da ogni schema operativo della pubblica amministrazione»

 

Bovenga: una società ad hoc gestiva le gare garantendo la vittoria alle componenti del cartello

28 imprese che hanno creato un sistema che accontentava un po’ tutti che riusciva a funzionare nonostante le criticità delle varie imprese c’era anche una ripartizione territoriale. Si fa riferimento ad una linea tracciata su una cartina geografica dell’Italia sul Molise. Questa linea geografica in cui si divideva l’Italia in nord e sud dicendo “qui agisco io”. Qui si dà l’idea della strutturazione del sistema tanto che si era costituita una società ad hoc di servizi posta da tre – quattro addetti delle singole aziende che facevano una specie di regia del cartello delle singole imprese per poter presentare contestualmente e massicciamente le domande di partecipazione alle gare di appalto garantendo la vittoria ad una delle componenti del cartello. Il dato desolante è che questo sistema era risultato quasi perfetto grazie all’apporto dato dai funzionari dell’ufficio tecnico del comune. Abbiamo otto funzionari pubblici coinvolti che in alcuni casi non hanno adoperato controlli e in altri agevolavano il sistema. Molti dei ribassi garantiti da queste aziende erano elevati perché in corso d’opera venivano approvate delle varianti con l’appoggio dei funzionari coinvolti che superavano il limite previsto dalla legge che prevede in alcuni casi il 5, in altri il 30% dell’appalto fino all’80% o all’intero valore dell’appalto. Con questi aumenti anche di inutili valori non previsti e non urgenti ricambiavano l’azienda per il ribasso notevole con cui si era aggiudicato l’appalto.

 

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