La Direzione investigativa antimafia (Dia) di Catanzaro sta eseguendo quattro arresti, su disposizione del gip del Tribunale catanzarese, a seguito di indagini della Direzione distrettuale antimafia sull’omicidio di “un uomo di rispetto delle cosche confederate bruzie”
COSENZA – I quattro sarebbero legati all’omicidio di Francesco Marincolo detto “u biondo”, uomo dei clan cosentini, ucciso il 28 luglio del 2004 a Cosenza, di primo mattino. Un evidente regolamento di conti. All’epoca si sospetto’ subito della ormai dissolta cosca dei Bruni. Marincolo potrebbe aver avuto un ruolo nell’uccisione di Francesco Bruni, alias “Bella Bella”, avvenuta nel luglio del 1999. Tra le persone raggiunte dall’ordinanza di custodia cautelare ci sono Daniele Lamanna e il fratello Carlo, Umile Miceli, Adolfo Foggetti, Giovanni Abruzzese e Mario Attanasio. Furono proprio i collaboratori di giustizia Daniele Lamanna, Adolfo Foggetti e Franco Bruzzese a raccontare tra i vari episodi anche l’omicidio di Marincolo. Il pentito Lamanna indicò come esecutore materiale il fratello Carlo che agì insieme al defunto Michele Bruni. Sempre Daniele Lamanna dichiarò di avere partecipato al recupero dei killer, dopo l’omicidio, insieme al fratello di Michele Bruni, Luca.
Anche la moglie di Bruni dopo il pentimento raccontò dell’omicidio eseguito dal marito. Rivelò i particolari agghiaccianti dell’omicidio di Francesco Marincolo, detto “u biondo” e dell’alleanza del clan con la cosca paolana dei Serpa ai pm antimafia, Pierpaolo Bruni e Vincenzo Luberto, dell’omicidio Marincolo compiuto nel luglio del 2004 a Cosenza. Quell’uomo – avrebbe raccontato la donna – sarebbe stato odiato dal marito che lo riteneva legato all’omicidio del padre, e che lo avrebbe ucciso. Michele Bruni, essendo latitante, lo avrebbe fatto seguire per giorni e poi una mattina si sarebbe alzato, dopo aver dormito con la moglie, e portando con sè una tuta da motociclista sarebbe uscito per compiere l’agguato personalmente. La donna ha raccontato che all’ora di pranzo sarebbe poi rientrato confessandole di aver distrutto ogni prova, dalla moto alla tuta, fino alla pistola (probabilmente rubata a Paola). La pentita polacca indicò anche i corresponsabili e i fiancheggiatori del marito che avrebbero addirittura “festeggiato” l’evento.
