Site icon quicosenza

Donne messaggere di ‘ndrangheta, 45 misure cautelari. Arrestata criminologa

carabinieri notte angela tibullo

L’operazione dei Carabinieri di Reggio Calabria, coordinata dalla Dda, ha portato all’esecuzione di 45 ordinanze di custodia cautelare

 

REGGIO CALABRIA – Quarantacinque provvedimenti cautelari a carico di persone ritenute responsabili a vario titolo di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale di droga, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi, danneggiamento e altri reati. Nel mirino i clan Grasso e Cacciola di Rosarno.

La misura conferma l’impianto accusatorio dell’indagine, avviata nel settembre del 2017 dal Nucleo investigativo del Gruppo Carabinieri di Gioia Tauro, che il 9 luglio scorso aveva portato al fermo di 32 persone. Oltre ai destinatari del fermo, fra gli arrestati figurano altre sette persone, non destinatarie del provvedimento del 9 luglio, con ruoli di rilievo nelle due cosche di Rosarno. Dalle indagini emergono, in particolare, le responsabilità penali di quattro donne, che con le loro condotte hanno apportato, secondo l’accusa, un contributo sostanziale al perseguimento dei fini illeciti dell’organizzazione.

Le donne coinvolte nell’operazione sono accusate di avere favorito la veicolazione dei messaggi fra i vari affiliati, anche con quelli detenuti, e di avere gestito in prima persona le iniziative imprenditoriali avviate per riciclare il denaro ricavato dal narcotraffico. Le persone già sottoposte a fermo nei confronti delle quali adesso é stata eseguita l’ordinanza di custodia cautelare sono considerate elementi di spicco dei due clan della ‘ndrangheta di Rosarno, entrambe dedite alle estorsioni e all’importazione di quintali di cocaina purissima dal Sudamerica e di hashish dalla Spagna e dal Marocco. Droga destinata a varie piazze di spaccio in Lombardia, Piemonte e Sicilia.

In manette la criminologa che ha ‘favorito il crimine’

E’ tra le 45 persone arrestate stamattina la criminologa Angela Tibullo, di 36 anni, di origine polistenese, accusata di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, corruzione in atti giudiziari e intralcio alla giustizia. La criminologa, in particolare, grazie alla sua professione – riferiscono i carabinieri – é risultata determinante nelle dinamiche associative e nel perseguimento degli interessi illeciti di alcune cosche di ‘ndrangheta”. Le indagini su Angela Tibullo, hanno comprovato il carattere di non occasionalità delle condotte tenute dalla criminologa. “La Tibullo, che nelle intercettazioni confida la sua aspirazione al ruolo di ‘regina della penitenziaria‘ – riferisce ancora l’Arma – per soddisfare tali ambizioni, palesemente illecite, ha creato un vero e proprio ‘sistema criminale’ aggregando professionisti, medici o funzionari compiacenti, funzionali ad agevolare il conseguimento degli ingiusti vantaggi per i propri assistiti, o minacciando di escludere da successivi ‘affari’ quelli che dimostravano di non rispettare le sue indicazioni”.

Il ruolo della ‘regina della penitenziaria

“Nella piena consapevolezza dell’illiceità del suo agire, si é prodigata in favore degli affiliati detenuti per far ottenere loro la scarcerazione per incompatibilità con il regime carcerario, redigendo false consulenze e corrompendo i periti d’ufficio nominati dall’autorità giudiziaria per valutarne lo stato di salute o i medici impiegati all’interno delle strutture di reclusione”. “Inoltre – affermano ancora dall’Arma – sono stati documentati numerosi episodi che confermano la consapevole agevolazione delle condotte criminali dei propri assistiti, avendo veicolato all’esterno delle carceri i messaggi dei detenuti e avendo fornito ogni altra forma di ausilio agli associati, tanto da essersi prodigata anche per reperire le abitazioni dove far trascorrere le misure detentive alternative al carcere o quant’altro necessario all’ottenimento delle autorizzazioni da parte dell’autorità giudiziaria ai soggetti apicali dei sodalizi richiamati che lamentavano delle incompatibilità putative con il regime carcerario”. Secondo quanto si apprende, la criminologa Angela Tibullo è stata arrestata dai carabinieri a Marino, in provincia di Roma.

Le donne di ‘ndrangheta

Tra le sette persone arrestate a Rosarno dai carabinieri in aggiunta a quella già interessate dai fermi del 9 luglio ci sono tre donne, Anna Maria e Antonietta Virgiglio e Marilena Grasso, di 56, 58 e 32 anni, tutte legate da vincoli parentali strettissimi con i vertici della cosca Cacciola-Grasso. Le tre donne, secondo i militari, “hanno apportato con le loro condotte un contributo sostanziale al perseguimento dei fini illeciti dell’articolazione mafiosa. Hanno dimostrato di essere pienamente inserite nei meccanismi illeciti dell’organizzazione, con il compito di assistere gli affiliati nella detenzione e nel porto delle armi della consorteria, di favorire i contatti fra affiliati anche nei confronti di quelli detenuti, in generale cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso.

Alle donne era riservata anche la gestione delle iniziative imprenditoriali attraverso le quali la consorteria criminale ‘ripuliva’ le consistenti somme di provenienza illecita. Gli esercizi commerciali, avviati al solo scopo di riciclare il denaro ricavato essenzialmente dal narcotraffico, sono stati sottoposti a sequestro preventivo contestualmente all’esecuzione dei fermi di indiziato di delitto e vengono gestiti attualmente in regime di amministrazione giudiziaria”.

 

Droga ed estorsioni, anche la Upim di Amantea

Clicca in basso 

Droga ed estorsioni, anche la Upim di Amantea

Sono numerosi i reati contestati a vario titolo alle 45 persone destinatarie delle misure cautelari che hanno colpito i clan Cacciola e Cacciola-Grasso di Rosarno: associazione di tipo mafioso, traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, corruzione in atti giudiziari, produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, danneggiamento, minaccia, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro beni o utilita’ di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale, aggravati da modalita’ mafiose o perche’ funzionali ad agevolare il sodalizio mafioso.

L’unità delle due consorterie, incrinata da due delitti d’onore

“Ares” è il nome in codice dato all’operazione. Trentadue fermi, che erano stati eseguiti il 9 luglio scorso, sono stati tramutati in arresti, ma nell’elenco dei destinatari delle misure ci sono altre sette persone che non erano state coinvolte nella precedente operazione mentre sei persone sono tuttora ricercate. I militari hanno ricostruito gli assetti e gli equilibri interni ed esterni alla cosca Cacciola, documentati nel corso tempo grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia.

Dalle indagini emergerebbe che l’originaria compattezza della cosca si era affievolita dopo la scomparsa di Domenico Cacciola, ucciso nel 2013 dai suoi sodali per lavare l’onta di una relazione extraconiugale intrattenuta con Francesca Bellocco, a sua volta assassinata dal figlio, Francesco Barone, recentemente condannato per quel delitto. I clan erano dediti all’importazione di quintali di cocaina dal Sudamerica e di hashish dalla Spagna e dal Marocco, destinate a varie piazze di spaccio in Lombardia, Piemonte e Sicilia, ma non disdegnavano attvita’ piu’ “tradizionali”, come le estorsioni. Fra gli episodi documentati, un’estorsione ai titolari dell’esercizio commerciale “Upim” di Amantea (Cs), ai quali sarebbe stato imposto di contattare i referenti delle organizzazioni mafiose locali per definire i termini del pagamento del “pizzo” necessario per svolgere la loro attivita’ nel centro del Tirreno cosentino.

Le donne di ‘ndrangheta erano state incaricate di riallacciare i nodi dei clan, tranciati dagli arresti effettuati dalle forze di polizia, ma erano anche manager in grado di gestire gli affari delle “famiglie” dietro il paravento di attivita’ legali. Emerge il ruolo particolare svolto da tre persone Anna Maria Virgiglio, 56 anni, Antonietta Virgiglio, 58 anni, e Marilena Grasso di 32, che avrebbero apportato un contributo sostanziale al perseguimento dei fini illeciti dei due clan essendo pienamente inserite nei meccanismi illeciti dell’organizzazione, con il compito di assistere gli affiliati nella detenzione e nel porto delle armi, di favorire i contatti fra affiliati portando le loro “ambasciate” anche ai detenuti. Ma, soprattutto, era riservata loro la gestione delle iniziative imprenditoriali attraverso le quali la consorteria criminale “ripuliva” le consistenti somme di denaro di provenienza illecita.

Gli esercizi commerciali avviati al solo scopo di riciclare il denaro ricavato essenzialmente dal narcotraffico erano stati sottoposti a sequestro preventivo contestualmente all’applicazione dei fermi gia’ eseguiti nel luglio scorso e, attualmente, vengono gestiti in regime di amministrazione giudiziaria. Le persone gia’ fermate erano 32. Per altre 7, non coinvolte nella rima operazione, sono state emesse misure cautelari, in carcere o ai domiciliari, eseguite stamane.

Exit mobile version