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Ucciso in giardino durante una faida, pena ridotta per un ‘pentito’

patania figliuzzi 1

L’omicidio si era consumato durante una delle cruente faide tra cosche in Calabria, assolta la madre dei quattro fratelli accusati del delitto

 

 

VIBO VALENTIA – Scontro sanguinario tra i clan Patania di Stefanaconi e i Piscopisani. Una faida che ha tramortito il Vibonese lasciando dietro di sé morte e terrore. Ieri la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro si è espressa su uno degli omicidi consumatisi in questa folle guerra di ‘ndrangheta: l’uccisione di Giuseppe Matina detto Gringia. L’uomo il 20 febbraio del 2012 è stato trucidato mentre si trovava nel giardino di casa. Sfuggito all’agguato del 27 dicembre 2011, la sua ‘grave colpa’ era quella di aver scelto di appartenere al gruppo dei Piscopisani nonostante avesse legami di parentela con i rivali Patania. Gringia infatti era il marito della collaboratrice di giustizia Loredana Patania. I giudici hanno ritenuto responsabili del delitto quattro persone: il giovane ‘pentito’ di Sant’Angelo di Gerocarne Nicola Figliuzzi, difeso dall’avvocato Loredana Gemelli, e tre dei cugini della moglie di Matina. Per due dei quattro fratelli di Stefanaconi alla sbarra, Giuseppe e Salvatore Patania (di 38 e 40 anni), è stato emesso il verdetto di ‘fine pena mai’. Per il 43enne Saverio Patania invece la pena dell’ergastolo è stata ridotta a 30 anni di detenzione. Uno ‘sconto’ riconosciuto anche al collaboratore di giustizia Figliuzzi, condannato in primo grado a 20 anni per concorso nell’omicidio di Matina. Per lui infatti la Corte ha accolto la richiesta della difesa di riconoscere l’attenuante speciale per la collaborazione iniziata nel novembre del 2017.

 

 

 

La pena è stata così rideterminata ad 11 anni e sei mesi di detenzione in continuazione con i 6 anni di reclusione espiati per i tentati omicidi di Scrugli e Calafati, quindi resteranno per lui da scontare altri 5 anni. Figliuzzi, secondo l’accusa, avrebbe partecipato insieme ai mandanti alle riunioni in cui fu pianificato il primo tentativo di far sparire Gringia con un agguato armato mentre attraversava la strada provinciale Stefanaconi – Vari a bordo della sua Fiat 500 e di aver fornito il furgone per porre in essere l’omicidio. Confermata la sentenza di assoluzione di primo grado per un altro dei fratelli di Patania, Nazzareno, e la madre Giuseppina Iacopetta (moglie di Fortunato Patania) inizialmente accusati di essere responsabili del tentato omicidio di Gringia e della sua uccisione avvenuta dopo meno di due mesi. In primo grado il processo era stato celebrato con rito abbreviato, formula che ha consentito ai fratelli condannati al carcere a vita solo di evitare l’isolamento diurno. Accusati di essere gli esecutori materiali dell’uccisione di Matina sono Cosimo Caglioti di Sant’Angelo di Gerocarne, Francesco Lopreiato, Alex Loielo, Alessandro Bartalotta e Arben Ibrahim macedone che ora collabora con la giustizia.

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