Il presidente della Regione Calabria, sul tristemente noto caso sollevato da Le Iene, sbatte la porta in faccia all’inviato e non risponde alle domande su una sanità, quella reggina, che è sotto gli occhi di tutti per il suo stato di degrado e malaffare
SAN GIOVANNI IN FIORE (CS) – Dopo lo scandalo e le condizioni vergognose fatte emergere dalla trasmissione Le Iene di Italia 1, l’inviato Gaetano Pecoraro è andato a chiedere spiegazioni e soprattutto il ‘conto’ al governatore della Calabria, accusato di corruzione e abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta Lande Desolate. Pecoraro si è presentato in quello che lui stesso ha definito “un paesino sperduto della Calabria“, San Giovanni in Fiore per chiedere al presidente della Regione, come è stato possibile che per anni, le due strutture ospedaliere di Locri e Polistena abbiano ottenuto fiumi di denaro, il doppio rispetto a strutture all’avanguardia del nord Italia per restituire ai cittadini ospedali che versano in condizioni inimmaginabili. Dal servizio andato in onda ieri sera, sono emersi altri risvolti: una sala rianimazione nuovissima contro un pronto soccorso che non ha la possibilità di ‘riparare’ macchinari essenziali e soprattutto un dipendente dell’Asp reggina che fa emergere chiaramente come ci sia un unico problema che si chiama ‘ndrangheta.
Il Presidente della Regione, Mario Oliverio, che evidentemente parla solo con i cronisti che gli lasciano dire ciò che vuole come in una recente intervista pubblicata da un noto quotidiano nazionale, all’inviato delle Iene, chiude la porta (dopo aver chiesto di “chiudere la televisione” non la telecamera). Oliverio, un governatore sul quale pende l’accusa di abuso d’ufficio e corruzione e che può partecipare al Consiglio regionale dopo il permesso accordato dal Gip. La seconda parte di questa inchiesta sugli “ospedali da incubo” è andata in onda ieri sera e ancora una volta tenta di far luce sugli abusi, il malaffare, gli sprechi e la cancellazione totale del diritto alla Salute dei cittadini. A dirlo con parole chiare è stato il sindaco di Locri, Giovanni Calabrese: “o si va a Reggio Calabria, o da un privato… e chi non ha soldi? muore”.
Pecoraro avrebbe voluto solo sapere perché, come documentato dalle immagini e dalle testimonianza,gli ospedali di Locri e Polistena si presentano in quelle condizioni: soffitti cadenti, infiltrazioni d’acqua, sporcizia diffusa, macchinari che non funzionano, sale operatorie di fortuna, ma anche ascensori che non funzionano da anni, fiumi di soldi spesi e aggiudicati senza controllo, con un bilancio che non viene presentato da anni. 800 milioni di euro l’anno per 460 posti letto, con affidamenti mai regolamentati da gare d’appalto e tutto dato in mano agli interessi del malaffare che rattoppano i danni per poter avere sempre il rubinetto aperto. La domanda è giustificata: “dove sono finiti tutti questi soldi se gli ospedali cadono a pezzi?”
Il primo servizio di Pecoraro ha fatto letteralmente rabbrividire mezza Italia perchè le immagini sono davvero inquietanti e non sono certo frutto di foto o videomontaggio. E sono persone in carne e ossa, i primari, i responsabili, persino i magistrati che ritengono le inchieste sulla sanità reggina “rognose”. Lo aveva detto Ezio Arcadi, il PM che si occupa da anni di queste pratiche che vedono l’affidamento di servizi per milioni di euro concessi senza alcun controllo, senza l’accertamento della presenza di certificazioni antimafia e, con “ditte che si ripropongono semplicemente cambiando nomi“. Di fatto però quegli ospedali continuano a rimanere aperti in condizioni da incubo con un impianto elettrico, ad esempio, non a norma così come le misure di sicurezza, per il quale alcune “ditte ha preso anche 300 mila attraverso contratti da 30mila euro, per i quali non c’è neppure bisogno di una delibera di spesa”. Ed è stato un pugno nello stomaco la dichiarazione del chirurgo Pasquale Cerratti, che aveva affermato: «Io non farei mai curare mia figlia qui dentro». Interpellato anche il dott. Misiti direttore dell’Asl, che è anche direttore generale e sanitario della struttura si limita a parlare di un “dissesto enorme, non abbiamo bilancio dal 2013. C’è stata una cattiva gestione».
Tra gli interlocutori dell’inviato delle Iene, c’è Francesco Zavattaro della commissione Salute del Friuli Venezia Giulia che gestisce tutti gli ospedali del Friuli: Sono sei anni che non si presenta un bilancio: “io sarei decaduto dopo un minuto“. L’assenza di una gara? “siamo al limite dell’inverosimile”. Un termine che Zavattaro utilizza in tutti i passaggi. “Il lavoro può essere pagato solo se in presenza di un collaudo”. Tutto inverosimile. Un mondo lontano dalla sanità calabrese quello di Zavattaro che spiega come un ascensore non dovrebbe essere chiuso neanche per 5 minuti. E poi si commenta anche la vergognosa scena degli operatori del 118 che a spalla salgono i malati da un piano all’altro.
Per non parlare della testimonianza di un dipendente dell’Asp reggina, che voleva segnalare il fatto che i lavori di manutenzione avvenissero con i pazienti nei reparti, ma dopo aver solo scritto e non trasmesso la lettera alle autorità competenti, riceve la ‘visita’ di Pino Iannacci genero dei Pesce di Rosarno. Cosa serve ancora per capire che queste due strutture ospedaliere sono i bancomat della ‘ndrangheta a discapito della salute della popolazione? Eppure sono ancora aperte! E poi ci sono indagati che sono ancora al lavoro, e un ministro della Salute, Giulia Grillo, che non è a conoscenza del fatto che i nuovi commissari che lei stessa ha inviato in Calabria, come primo atto, hanno nominato direttore generale Pasquale Misiti che ha sulle spalle una sentenza della Corte dei Conti per spese pazze e non poteva fare neanche il direttore sanitario. Troppe cose non vanno!
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I sindacati incalzano: “è davvero sconcertante”
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A seguito dell’inchiesta de “Le Iene” sugli ospedali di Locri e Polistena e sull’Asp di Reggio Calabria, il cui stato di degrado strutturale, sanitario, gestionale e amministrativo non solo è noto da almeno 15 anni, ma è stato pluridenunciato e analizzato fin negli aspetti più reconditi anche nelle relazioni delle commissioni di accesso per infiltrazioni mafiose, intervengono i segretari regionali Fp Cgil regionale, Reggio Calabria-Locri, Gioia Tauro, Alessandra Baldari, Francesco Callea, Patrizia Giannotta. “E’ davvero sconcertante. Il debito inquantificabile, la mancata redazione dei bilanci da anni, dal 2013, i doppi pagamenti ,le non pervenute costituzioni in giudizio rispetto alla valanga di contenziosi, gli appalti opachi e le interminabili proroghe, la carenza di personale, le mancate assunzioni, nonostante le autorizzazioni commissariali, il degrado strutturale e la carenza di strumentazione, la gestione amministrativa e quella organizzativa approssimative , tutto è stato per lungo tempo agli onori della cronaca, grazie alle puntuali indagini giornalistiche, alle denunce ed ai comunicati sindacali, alle iniziative di sindaci e alle proteste e denunce dei cittadini”.
I segretari regionali Fp Cgil regionale, Reggio Calabria-Locri, Gioia Tauro, Alessandra Baldari, Francesco Callea, Patrizia Giannotta proseguono: “A fronte di una stasi di tale portata, di un’inerzia decennale senza precedenti da parte della politica, dei vari uffici commissariali e di tutti gli organi preposti ad intervenire con tutti i mezzi possibili, la sintesi è che esista un sistema inattaccabile contro il quale solo la sinergia di tutti gli attori istituzionali e non, che in quel sistema non sono incardinati, potrebbe essere efficace. Lo stesso Piano di rientro, anch’esso quasi decennale, che avrebbe l’obiettivo di razionalizzare le spese e rimettete i conti in ordine, ha inciso solo sul capitolo di spesa del personale, infatti i lavoratori ridotti all’osso, quelli che mantengono un senso profondo di responsabilità, faticano a dare risposte di assistenza e diventano il bersaglio dell’esasperazione e delle paure dei cittadini. Mentre la spesa per beni e servizi cresce, senza che ci sia un controllo, un contenimento dei costi e che da essa derivino oggettivamente miglioramenti. Probabilmente molti dei problemi accomunano altre aziende, ma qui vi è una certezza – concludono – la certificata inerzia nella volontà di risolvere almeno quelli più profondi e radicati, quelli i cui lati oscuri non riescono ad essere focalizzati una volta per tutte e che condizionano irreversibilmente la vita dell’azienda, dei lavoratori e dei cittadini”.
