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Autobomba di Limbadi, in 5 a giudizio. Rosaria Scarpulla “spero in una giusta condanna”

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Il giudice dell’udienza preliminare distrettuale di Catanzaro ha rinviato a giudizio cinque imputati coinvolti nell’inchiesta sull’autobomba di Limbadi che il 9 aprile dello scorso anno ha portato al decesso di Matteo Vinci ed al ferimento del padre Francesco

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CATANZARO – Il processo si aprirà il 17 settembre prossimo dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro e vedrà alla sbarra 5 persone, rinviate a giudizio oggi dal giudice dell’udienza preliminare distrettuale di Catanzaro. I cinque imputati sono coinvolti nell’inchiesta che riguarda l’attentato di Limbadi avvenuto il 9 aprile dello scorso anno quando un’autobomba è esplosa sotto la vettura nella quale si trovavano il biologo 42enne Matteo Vinci, deceduto a seguito della deflagrazione ed il padre Francesco Vinci, rimasto gravemente ferito. Il processo è stato disposto per: Domenico Di Grillo, 72 anni, la moglie Rosaria Mancuso di 64 anni, le figlie Rosina Di Grillo, 38 anni, Lucia Di Grillo, 30 anni ed il marito di quest’ultima Vito Barbara, 28 anni tutti di Limbadi. I fatti di sangue sono aggravati dalle modalità mafiose. Ai 5 sono stati contestati anche i reati di estorsione e detenzione illegale di armi.  Alla base dell’attentato il rifiuto della famiglia Vinci-Scarpulla di cedere alle prepotenze della famiglia Di Grillo-Mancuso che intendeva appropriarsi di un loro piccolo appezzamento di terreno a Limbadi.

Poco più di due settimane fa si era registrata la protesta della madre di Matteo Vicino, la signora Rosaria Scarpulla, che aveva occupato la stazione dei carabinieri di Limbadi per protestare contro il nulla di fatto all’udienza preliminare proprio davanti al gup distrettuale di Catanzaro, a causa di alcuni difetti di notifica degli atti agli imputati, che rischiavano in caso di nuovo rinvio di essere rimessi in libertà. Era seguita una lettera accorata dell’avvocato scritta al Ministro della giustizia Bonafede. Oggi l’udienza che ha rinviato a giudizio le 5 persone è stata accolta con soddisfazione dalla donna: “la verità riaffiora anche respirando. Ho avuto paura anche questa volta in un rinvio, ma ho avuto fiducia nella magistratura. Ancora attendo molto, spero che questa verità riaffiori in ogni senso e che per tutti vi sia una giusta condanna

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