COSENZA – Un’accoglienza da stadio. Com’era prevedibile, il tour elettorale di Nichi Vendola in Calabria, è stato un successone. Dopo il “pieno” di consensi a Reggio Calabria, anche la Cosenza e il laboratorio “rosso” di idee ed eccellenze dell’Unical, hanno salutato il leader del Sel,
candidato alle primarie del Pd, con affettuoso entusiasmo. Partiamo dalla fine. Il punto di massimo entusiasmo s’è registrato non appena l’ex presidente della Regione Puglia, ha varcato la soglia d’ingresso dell’aula magna dell’Unical, strapiena. Sono stati tanti, gli studenti universitari, i ricercatori, i docenti, i simpatizzanti e i curiosi che si sono ritrovati nell’aula simbolo della cittadella universitaria per dare il loro benvenuto all’atteso “compagno”. Vendola, con quella sua capacità dialettica chiara, senza fronzoli, senza giri di parole e non farcita di “politichese”, ha aperto il dialogo con i suoi sostenitori parlando a braccio, senza nessun discorso preimpostato, senza fogli e appunti. Un discorso, o meglio come ama definirlo lui, una chiacchierata spontanea, mettendo in risalto i problemi, le esigenze, le emergenze. «La buona politica – come ama definirla il leader del Sel – non è fatta solo di logiche legate al buonismo, o al galateo del buon governo, ma è fatta dell’abrogazione di tutte quelle norme che costringono le nuove generazioni a “crepare” di precarietà. La buona politica – prosegue Vendola – è la cancellazione della legge 30, la cancellazione della Bossi-Fini, la cancellazione della Giovanardi, l’abrogazione delle leggi che sono servite a costituire l’impalcatura della società della paura e la società dell’immoralismo degli anni del berlusconismo, queste leggi vergognose vanno smantellate. Credo che vadano scritte cose concrete nell’agenda di governo». Le parole di Vendola infiammano la platea che apprezza il discorso del leader del Sel, evidenziando come l’ultimo esponente di quella sinistra vera, autentica, genuina, sia rimasto coerente con la sua vocazione politica e la salvaguardia della sua identità ideologica, senza cedere alla logica del compromesso, in cambio di poltrone o di incarichi governativi. Il discorso di Vendola è stato inframezzato da scroscianti applausi e continui slogan. Prima di arrivare all’Unical, il candidato alle primarie del Pd, era stato ospite di Palazzo Arnone, dove ha apprezzato l’inestimabile e variegato patrimonio artistico della terra bruzia. «Credo che un Paese che lascia sfiorire a morte i proprio patrimonio di beni culturali, che lascia ferire a morte la scuola pubblica e l’università, un paese in cui le classi dirigenti ritengono superflua la spesa e l’investimento per la cultura, sia un paese candidato alla marginalità. A fronte della crisi, gli USA, il Brasile, l’india, l’Argentina, hanno investito in cultura, non solo come nutrimento dello spirito ma per modernizzare gli apparati produttivi e spingere l’economia ad investire nell’innovazione. I diritti di libertà e i diritti del mondo del lavoro, devono essere diritti interi e diritti eguali per tutte e per tutti». Ovviamente il discorso non può non scivolare su Beppe Grillo e sul suo Movimento. Seppur i dati e le analisi politiche dicono che 5 Stelle cresce, per Vendola, l’analisi è diversa. «E’ rappresentativo della delusione che tanta parte del popolo del centrosinistra ha provato per il centrosinistra. Diciamo, il centrosinistra, troppe volte ha promesso molto ed ha mantenuto poco e ciò ha consentito a Grillo di crescere, soprattutto nelle regioni rosse che sono il trampolino di lancio del suo fenomeno. Noi dobbiamo sapere che molte parole chiave del vocabolario di Grillo sono le parole giuste, semplicemente noi non possiamo investire sulle macerie, dobbiamo investire sulla ricostruzione di un paese devastato come l’Italia». Da Grillo alla sinistra, il passo è breve. «La sinistra deve fare cose di sinistra. E’ inaccettabile che parte dello schiaramento di centrosinistra si stato complice dell’omicidio dell’articolo 18». Sempre rimandendo con la bussola orientata a sinistra, Nichi Vendola ha anche parlato dei sue due competitors alle primarie: Bersani e Renzi. «Osservando bene entrambi – ironizza il leader del Sel – Bersani è l’avversario più di sinistra (?) che ho».
Anche se non fa mai il suo nome, è chiaro che quando dice «con i banchieri e gli uomini della finanza puoi parlarci, ma fallo in pubblico, e un rivoluzionario che piace ai finanzieri, alla destra e ai vescovi, mette molto sospetto», si capisce lontano un miglio che si riferisce a Renzi. Ultima domanda d’obbligo il suo rapporto con la Calabria. «E’ una terra che amo molto e non solo per la vicinanza geografica con la mia, ma perchè la Calabria è piena di buone idee, di elevate intelligenze di generazioni vogliose, così come nel resto del Meridione, di cambiare lo stato delle cose. A Reggio ho visto una piazza che non si vedeva da tanti anni. È una terra che conosco molto bene, che ho attraversato per anni in lungo ed in largo, di cui conosco le pene e le speranze, è una terra che ti fa tanta rabbia per la sua sua bellezza sfigurata e per il livello di classi dirigenti che continuano a manipolarla e a spolparla viva. Ma l’Italia non si salva senza la Calabria».
