L’indagine denominata “Scipione” è stata avviata dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Messina a seguito di un attentato a colpi di fucile compiuto da ignoti il 27 settembre del 2016
MESSINA – Traffico di droga tra Sicilia e Calabria. I carabinieri del Comando provinciale di Messina hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip presso il Tribunale di Messina, su richiesta della procura distrettuale di Messina, nei confronti di 19 persone ritenute responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi, nonché reati contro il patrimonio.
L’indagine denominata “Scipione” è stata avviata dal Nucleo Investigativo del Comando provinciale di Messina a seguito di un attentato a colpi di fucile perpetrato da ignoti il 27 settembre 2016 nei confronti di alcuni pregiudicati che si trovavano seduti all’esterno di un bar Messina.
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Gli approfondimenti eseguiti sulle vittime hanno fatto emergere come costoro fossero inseriti nel contesto del traffico di droga cittadino e hanno quindi consentito di delineare i contorni di un’associazione per delinquere che assicurava un florido traffico di sostanze stupefacenti. Il gruppo criminale messinese si riforniva stabilmente di droga da elementi riconducibili alla cosca di ‘ndrangheta “Morabito-Bruzzaniti–Palamara” di Africo Nuovo, che assicuravano la consegna a domicilio, ogni settimana, di carichi di cocaina e marijuana che venivano poi distribuite nella città di Messina.
I dettagli
Nell’attentato del settembre 2016 vennero coinvolti i pregiudicati Angelo Albarino, Stefano Marchese e Stellario Brigandì. Erano seduti ad un tavolino del “Café sur la ville” di viale Regina Margherita a Messina. Indagando i militari hanno scoperto il loro coinvolgimento nel traffico di droga cittadino, delineando poi i contorni di un’associazione per delinquere dedita ad un florido traffico di sostanze stupefacenti.
In particolare, le indagini sul conto di Angelo Albarino, titolare di una paninoteca sita in via Cesare Battisti, hanno fatto emergere come questi e Giuseppe Selvaggio (divenuto poi collaboratore di giustizia), fossero i promotori di un più ampio gruppo criminale che si riforniva stabilmente di droga da elementi riconducibili alla cosca di ‘ndrangheta “Morabito-Bruzzaniti-Palamara” di Africo Nuovo (Rc), che assicuravano la consegna a domicilio, su base settimanale, di carichi di cocaina e marijuana che venivano poi destinati alle principali piazze di spaccio della città di Messina.
I fornitori calabresi
L’individuazione dei fornitori calabresi, identificati nei fratelli Salvatore e Costantino Favasuli e nel loro cugino Giovanni Morabito (quest’ultimo nipote del capo cosca Giuseppe Morabito detto “tiradritto”, esponente apicale della ‘ndrangheta ionico reggina) è stato possibile grazie al monitoraggio del pub di Albarino dove i soggetti si recavano senza alcun preavviso telefonico per accordarsi di persona con Albarino per le consegne della droga e i pagamenti.
Gli incontri tra Albarino e i calabresi, facevano finta di non conoscersi
Particolare il modus operandi utilizzato dagli indagati per sottrarsi alle possibili investigazioni, documentato dai carabinieri nel corso dei servizi di osservazione presso il citato locale: quando i calabresi arrivavano al locale, entravano senza salutare Albarino, come se non si conoscessero. Lui li seguiva nel locale solo alcuni minuti dopo il loro ingresso, una volta accertatosi che non vi fossero servizi di osservazione delle forze dell’ordine. All’interno del locale avvenivano quindi le trattative per la fornitura della droga che veniva quindi trasportata ogni settimana dalla Calabria a bordo di autovetture con doppi fondi; il trasporto era effettuato dai calabresi stessi, i quali garantendo la consegna a domicilio, pretendevano una maggiorazione sul prezzo di vendita di ogni carico. Albarino e Selvaggio curavano poi la successiva distribuzione del narcotico attraverso una rete di pusher, mentre i fornitori calabresi rifornivano anche altri gruppi di spacciatori messinesi facenti capo a Santo Salvatore, deceduto nel 2019 in carcere, e a Alessandro Duca, quest’ultimo in rapporti anche con il gruppo facente capo a Selvaggio e Albarino.
La droga occultata nella sabbia, seppellita sulla spiaggia di Africo Nuovo
Nel corso dell’attività investigativa sono state documentate le particolari modalità di occultamento dello stupefacente in Calabria: infatti, i Carabinieri hanno ricostruito come i Favasuli e Morabito fossero soliti nascondere lo stupefacente seppellendolo nella sabbia dell’arenile di Africo Nuovo contrassegnando i punti dove era occultata con appositi segnali.
Ad aprile del 2017, i carabinieri di Messina e di Bianco individuarono uno dei luoghi di occultamento del gruppo, recuperando 6 kg di marjuana, alcune dosi di cocaina ed un revolver calibro 44 completo di munizionamento, il tutto occultato in apposite buche nella sabbia. Nel maggio del 2017, invece i Carabinieri della Compagnia di Messina Sud furono costretti ad eseguire un rocambolesco inseguimento per sequestrare un carico di droga che era appena stato ceduto dall’organizzazione criminale indagata.
La droga era trasportata a bordo di un’autovettura da Francesco Protopata e Pasqualino Agostino Ninone, entrambi di Sant’Agata Militello e da un terzo uomo, solo in un secondo momento identificato in Sebastiano Bontempo detto il “Uappo”, elemento apicale del gruppo mafioso tortoriciano dei “batanesi”; alla vista dei carabinieri che volevano procedere a un controllo, i tre speronarono l’auto dei militari e tentarono la fuga a bordo dell’auto; dopo un inseguimento i militari riuscirono a bloccare l’auto in fuga e ad arrestare Protopata e Agostino Ninone sequestrando 2,5 kg di marijuana, mentre Bontempo riuscì a fuggire per le campagne sottraendosi all’arresto. Poi è stato identificato grazie alle indagini che in quel periodo il ROS stava facendo nei suoi confronti nell’ambito dell’indagine “Nebrodi”.
Il quadro delineato dalle investigazioni dei Carabinieri ha trovato successive conferme nelle dichiarazioni rese da Giuseppe Minardi che ha confermato il rapporto tra il cugino Angelo Albarino e Giuseppe Selvaggio nell’ambito del traffico di stupefacenti ed i loro rapporti con i fornitori calabresi. Successivamente lo stesso Selvaggio tratto in arresto nell’ambito di un’altra indagine per il reato di usura decideva di avviare un rapporto di collaborazione con la giustizia ammettendo il proprio coinvolgimento nel traffico di stupefacenti e confermando la collaborazione dei coindagati come appartenenti al gruppo di cui era a capo.
Le indagini hanno inoltre fatto emergere come Selvaggio ed i suoi complici fossero anche attivi nel pianificare e progettare il compimento di furti in appartamento, individuando le potenziali vittime facoltose, controllandone gli spostamenti e studiandone le abitudini al fine di commettere i fruttuosi colpi.
In particolare, sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza a carico di uno degli indagati risultato autore, unitamente ad un complice rimasto sconosciuto, di una rapina in abitazione commessa il 09.04.2016, in Torrenova (Me), ai danni di una donna 60enne che, nella circostanza, venne picchiata e legata ad una sedia e derubata di denaro contante e gioielli.
I provvedimenti restrittivi in carcere sono stati eseguiti nei confronti degli indagati:
1. ALBARINO Angelo, 45enne; 11. FAVASULI Salvatore, 46enne;
2. BONANNO Giovanni, 47enne; 12. FILETI Adriano, 50enne;
3. BRIGANDÌ Stellario, 52enne 13. MARCHESE Stefano, 43enne;
4. CALABRÒ Fortunato, 42enne; 14. MILAZZO Giampaolo, 49enne;
5. CHIARA Santo, 43enne; 15. MORABITO Giovanni, 37enne;
6. CHIERICI Rinaldo, 49enne; 16. SPADARO Francesco, 40enne;
7. CIPRIANO Roberto, 53enne; 17. VISALLI Maria, 42enne;
8. COCO Giuseppe, 43enne; 18. VISCUSO Marcello, 49enne;
9. DUCA Alessandro, 42enne; 19. FAMULARI Orazio, 45enne (arresti domiciliari)
10. FAVASULI Costantino, 48enne.
