L’uomo è stato arrestato e portato in carcere dai. Si tratta di G.C. ex sovrintendente della Polizia di Stato di 45 anni
ROSARNO (RC) – Era in servizio fino allo scorso mese di agosto nel posto di Polizia di Frontiera Marittima della Polizia di Stato, ubicato all’interno dell’area portuale di Gioia Tauro, G.C. ex sovrintendente della Polizia arrestato stamattina dai carabinieri. La notte del 9 luglio 2018, era stato emess un fermo di indiziato di delitto a carico di 38 soggetti appartenenti o contigui alle cosche “Cacciola” e “Grasso”, radicate nella Piana di Gioia Tauro e riconducibili alla società di Rosarno del mandamento tirrenico della provincia di Reggio Calabria, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, estorsione, porto e detenzione di armi comuni e da guerra, produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, danneggiamento, minaccia, intestazione fittizia di beni, impiego di denaro beni o utilità di provenienza illecita, violazione degli obblighi della sorveglianza speciale.
In quella circostanza sette persone però, riuscirono a sfuggire dopo essere stati avvertiti dell’imminenza delle catture da parte dei Carabinieri e tra i latitanti, c’era anche Rosario Grasso, rampollo della cosca Cacciola-Grasso, al quale era stata contestata l’aggravante di essere il promotore e l’organizzatore dell’articolazione territoriale della ‘ndrangheta.
Le indagini dopo la fuga dei sette latitanti, svoltesi dal luglio del 2018 al marzo del 2019, hanno portato poi all’arresto di tutti i soggetti ricercati e di individuare le connivenze che gli avevano consentito di darsi alla fuga. In particolare una puntuale attività d’indagine consentiva di accertare che la notte dell’esecuzione dell’operazione «Ares», il giovane boss della cosca Grasso ed i suoi più stretti collaboratori erano stati avvertiti tramite una comunicazione telefonica inviata da un appartenente alle Forze dell’Ordine. I componenti della cosca avevano potuto contare su di lui fino a quel momento che è stato poi identificato nel 45 enne G.C., originario della provincia reggina ma residente in Sicilia.
L’attività investigativa ha fornito risvolti di rilievo anche in relazione alla partecipazione dell’ex poliziotto a ben due associazioni dedite al narcotraffico internazionale; l’ex sovrintendente della Polizia ha rappresentato un supporto indispensabile per l’ingresso nel porto di Gioia Tauro di ingenti quantitativi di cocaina, provenienti dal Sudamerica e commissionati dai sodalizi. L’indagato deve rispondere dei reati di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, corruzione propria e partecipazione ad associazioni dedite al narcotraffico internazionale.
“È stata un’indagine lunga e complessa che ha richiesto uno sforzo tecnico imponente ai carabinieri del gruppo di Gioia Tauro e dell Ros centrale con esame ed incroci di migliaia e migliaia di dati telefonici che hanno consentito di individuare il telefono da cui è partito il messaggio che all’epoca avvisava Rosario Grasso dell’operazione in corso e che è costato il mancato arresto di ben 7 latitanti nell’operazione Ares, tutti successivamente catturati, e di riferire l’uso dell’apparecchio stesso all’indagato”.
Sono le parole del Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri: “Anche grazie alle dichiarazioni raccolte da altro indagato nel procedimento Ares, proprio uno di quelli sfuggiti inizialmente alla cattura, – ha aggiunto il Procuratore – è stato possibile ricostruire il coinvolgimento del soggetto arrestato, all’epoca in cui era in servizio nel porto di Gioia Tauro, in alcuni grossi traffici di sostanze stupefacenti riferibili a due pericolose organizzazioni criminali dì narcotrafficanti, già oggetto di processi a Torino ed a Palmi”.
