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Sanità, terapie bloccate ai malati oncologici. La denuncia delle Fem.In. Cosentine

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Sono giorni che il cup non prenota analisi e visite ambulatoriali a causa di ‘mancanza di linea’, ostacolando, in particolare, la salute dei pazienti oncologici” scrive il collettivo sui social

 

 

 

COSENZA – “Sono giorni che il cup non prenota analisi e visite ambulatoriali a causa di ‘mancanza di linea’, ostacolando la salute di tutti, ma specie quei check-up fondamentali che un/a malatə oncologicə deve fare ogni tot. La dice lunga il fatto che a gestire la linea ospedaliera sia una ditta campana e non una del posto; così, per non rischiare di avere capacità di problem solving”. È la denuncia che lancia il collettivo “Fem.In. Cosentine in Lotta” dalla propria pagina Facebook.

“L’Annunziata blocca le terapie e non effettua tamponi gratis”

“Apprendiamo da una nostra concittadina che oltre a comunicazioni lacunose e per niente tempestive, spesso l’AO Annunziata blocca l’accesso alle terapie (di vitale importanza) – prosegue il collettivo – perché si pretende illegittimamente che ogni 15 giorni un/a malata oncologica, già in difficoltà per il delicato percorso in essere, debba premurarsi di effettuare un tampone privatamente, a danno sia della sua tranquillità che della sua situazione economica. Il tampone dovrebbe effettuarlo gratuitamente l’ospedale perchè propedeutico alle cure; pretendere che il paziente spenda più di 100€ al mese, in un periodo di grave crisi come questo, è uno sputo in faccia alla miseria”.

La “via crucis” dei malati oncologici e la sospensione delle attività ambulatoriali

Le femministe cosentine riportano l’esperienza di una signora, F. F., la quale raccontava che “per un malato oncologico in Calabria la vita è in realtà una via crucis”. Infatti, “costretta a recarsi a Roma per operarsi d’urgenza di tumore alla mammella, la signora F. ha visto vani i suoi appelli all’allora commissario ad acta, il quale con Decreto apposito non rinnovò la deroga per le cliniche convenzionate che da anni, rispetto le lunghe liste d’attesa dell’AO, svolgono il ruolo di effettive Breast Unit circa le patologie senologiche. Con i propri risparmi – proseguono – e poca speranza la signora F. si è recata a Roma per potersi salvare, il tutto dopo aver ricevuto un caloroso ‘in bocca a lupo’ da parte dell’inerme Regione Calabria, nella persona di Eva Catizone, completamente indifferente a tali misfatti’.

“Con la sospensione delle attività ambulatoriali, tra Ottobre e Novembre, il Presidente f.f. Spirlì ha sferrato ulteriore colpo nei confronti dei/delle malate oncologicə e/o cronicə; prevedendo l’accesso alle cure solo per le urgenze, ma in un sistema al collasso e con molte urgenze sono state valutate come visite ordinarie troppe situazioni delicate”.

Stessa situazione per un’altra “calabrese residente sulla costa tirrenica, la quale con metastasi al fegato aveva estrema necessità di consultare un chirurgo ma, dopo aver atteso invano, ha trovato possibilità di ricovero in Basilicata. La signora in questione, tanto per ordinaria necessità quanto per cure oncologiche ed esami diagnostici si vede rimbalzare tra l’ospedale di Paola (che non ha un vero reparto oncologico, ma un semplice distaccamento), l’AO di Cosenza, della quale abbiamo visto il piano organizzativo, e varie strutture – anche private – poiché spesso la strumentazione del nostro SSR è rotta o inesistente”.

La rete oncologica hub e spoke

Le femministe cosentine ricordano la rete oncologica hub e spok ad integrazione territoriale, approvata dal 2015, “un bel documento pieno di parole e vuoto di fatti, da rileggere di tanto in tanto per assaporare a pieno il paradosso che vive chi avrebbe il sacrosanto diritto di combattere una battaglia per volta e invece si ritrova smarritə in spazi ostili”.

“Gli ospedali, gli ambulatori e i presidi sanitari diventano troppo spesso spazi in cui la psiche, probabilmente già provata, dei/delle pazienti viene ulteriormente violentata, ammesso che a questi spazi si riesca ad accedere. – concludono – Gli spazi di cura non sono sicuri e non sono accessibili; di questo hanno responsabilità persone con facce, nomi e cognomi che dovrebbero rappresentare le istituzioni”.

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