Eugenio Barone, originario di Paola, è il coordinatore del progetto “Unravelling a novel mechanism favoring brain insulin resistance development”
COSENZA – Trentanove anni, ricercatore, calabrese con la valigia piena di esperienze vissute per il mondo e con un sogno nel cassetto: trovare la cura per l’Alzheimer. È Eugenio Barone del Dipartimento di Scienze biochimiche A. Rossi Fanelli dell’Università Sapienza, coordinatore del progetto “Unravelling a novel mechanism favoring brain insulin resistance development”, selezionato e finanziato per la seconda volta dall’Alzheimer’s Association, fra le più importanti in ambito internazionale nella lotta contro l’Alzheimer e molte altre malattie neurodegenerative. La ricerca ha evidenziato una forte associazione tra le alterazioni del segnale dell’insulina e il deficit energetico a livello cellulare causato da un anomalo funzionamento dei mitocondri (la centrale energetica delle nostre cellule). Queste alterazioni, quando si verificano a livello cerebrale promuovono l’insorgenza di malattia neurodegenerative, prima fra tutte la malattia di Alzheimer. Normalmente, infatti, l’insulina, oltre alle classiche e note funzioni di regolazione del metabolismo glucidico e lipidico, svolge un ruolo fondamentale nella regolazione dei processi biochimici alla base delle funzioni cognitive che includono la memoria e l’apprendimento.
Il prof. Eugenio Barone ha raccontato il suo lavoro ai microfoni di RLB
«Quello che facciamo – spiega Eugenio Barone – è studiare il ruolo dell’insulina nel cervello, perché oggi sappiamo che l’Alzheimer è una sorta di diabete del cervello. Dunque, l’insulina ha un ruolo fondamentale, non solo per il cervello ma anche per lo sviluppo della malattia. Il nostro progetto avrà proprio lo scopo di analizzare un nuovo meccanismo molecolare, di cui abbiamo già diversi dati preliminari, al fine di chiarire aspetti centrali della regolazione dell’attività mitocondriale a livello cerebrale da parte dell’insulina. Il progetto al momento è nella fase di studio in laboratorio, il prossimo step prevede l’applicazione sull’uomo». La malattia di Alzheimer (AD) rappresenta una delle principali patologie neurodegenerative dell’età adulta caratterizzata da difetti della memoria che progressivamente progrediscono verso uno stato di demenza. Secondo l’ultimo report dell’Alzheimer Association circa 47 milioni di persone nel mondo sono affette da questo tipo di patologia e il numero è destinato a raggiungere i 75 milioni di casi nel 2030 e i 130 milioni nel 2050, in assenza di interventi adeguati.
C’è voluta la pandemia di coronavirus perché ci si accorgesse che la ricerca scientifica è importante e i ricercatori italiani sono bravi, ma ancora in Italia la ricerca è fortemente trascurata. Secondo l’ultimo rapporto Anvur 2018, l’ammontare destinato alla ricerca in Italia nel 2018 era pari all’1,32% del Pil, al di sotto della media dei paesi Ocse e dei paesi europei, rispettivamente al 2,36% e al 1,95%. Nel 2018 i fondi complessivi destinati alla ricerca ammontavano a circa 2,3 miliardi di euro, circa 406 euro per abitante, contro la media europea di 656 euro.
«È un lavoro impegnativo – ha poi concluso Eugenio Barone – ma mi ritengo fortunato perché faccio quello che mi piace, ed oggi non è da poco. Nonostante la difficoltà continuo a impegnarmi al massimo nel mio lavoro. Ai giovani universitari consiglio di credere nei loro sogni, di studiare ed essere tenaci, perché solo così è possibile realizzare se stessi e contribuire a migliorare il mondo».
