REGGIO CALABRIA – Polizia, carabinieri del Ros e Guardia di Finanza hanno fatto scattare questa mattina un’operazione, coordinata dalla Dda di Reggio, per l’esecuzione di 53 ordinanze cautelari – 44 in carcere e 9 ai domiciliari – nei confronti di altrettanti soggetti. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, detenzione, porto illegale e ricettazione di armi, estorsioni (consumate e tentate), favoreggiamento personale, aggravati dalla circostanza del metodo e dell’agevolazione mafiosa, nonché per traffico e cessione di sostanze stupefacenti, prevalentemente marijuana e hashish.
La Squadra mobile e lo Sco della Polizia stanno eseguendo 49 misure cautelari, il Ros e il Gico 4 misure cautelari e il sequestro di una cooperativa agricola, con annessi capannoni industriali e terreni e un’impresa individuale – avente ad oggetto l’esercizio di attività agricola, con relativi terreni – per un valore stimato di oltre 8,5 milioni di euro. Sono in corso di esecuzione anche numerose perquisizioni.
L’operazione scaturisce dalla convergenza investigativa di due attività di indagine – quella condotta dalla Squadra mobile denominata Handover e quella svolta dal Ros e dal Gico di Reggio denominata “Pecunia Olet” nei confronti della cosca Pesce, ramificata sul territorio di Rosarno e in altri comuni della Piana di Gioia Tauro, con interessi estesi in ambito nazionale e all’estero.
Le indagini finalizzate alla cattura di Antonino Pesce e quelle condotte sul contesto mafioso, hanno consentito di ricostruire l’articolata rete dei fiancheggiatori che hanno favorito la sua latitanza, tanto da consentirgli di dirigere gli affari della cosca, senza mai abbandonare il territorio, spiega una nota. Inoltre, è stato svelato come la cosca Pesce, sebbene avesse subito un duro colpo per effetto delle operazioni che avevano determinato l’arresto dei suoi esponenti storici, sia stata capace di riorganizzarsi e proseguire nella gestione delle attività illecite, operando nei settori del traffico di sostanze stupefacenti, delle estorsioni in danno di operatori economici, del controllo delle attività appaltate dall’Autorità Portuale di Goia Tauro, della proprietà privata assoggettando le attività a imposizione patrimoniali, finalizzate a consentire all’organizzazione criminale di far fronte alla costante esigenza di liquidità, necessaria per sopperire, in primis, alle spese necessarie per il sostentamento dei latitanti, dei detenuti e delle loro famiglie.
“Fra i tanti nomi stati destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare, figurano soggetti ben noti alla nomenclatura, agli organigrammi ormai classici di ‘ndrangheta come, tanto per fare un esempio, Vincenzo Pesce detto ‘Sciorta’, ma anche Savino Pesce, Domenico Bellocco, ma figurano anche le nuove leve che nel frattempo avevano iniziato il loro excursus criminale che, grazie a questa indagine, è stato sostanzialmente e ci auguriamo definitamente, o quantomeno temporaneamente interrotto”.
Indagati anche appartenenti alla Polizia
“All’interno di questa struttura – ha dichiarato invece il questore di Reggio Calabria Bruno Megale – ci sono anche alcuni appartenenti alla Polizia di Stato e alle forze di polizia. Sono stati destinatari di un’informazione di garanzia per attività di favoreggiamento, a dimostrazione che comunque l’attività della polizia di Stato riguarda anche le proprie strutture. Noi siamo anche qui a dire che nella nostra attività non guardiamo veramente in faccia nessuno. Facciamo anche pulizia, laddove ce ne fosse necessità, al nostro interno”.
L’indagine “Pecunia Olet” e la gestione dei supermercati
La cosca Pesce era inserita nel tessuto economico rosarnese relativo alla Grande Distribuzione Organizzata, con particolare riferimento alla gestione dei trasporti su gomma per il rifornimento di generi alimentari. L’indagine ha consentito di documentare l’esistenza di strette relazioni criminali tra la cosca Pesce ed un gruppo imprenditoriale siciliano attivo nella gestione di supermercati e con mire espansionistiche anche in Calabria dove, per ottenere vantaggi economici, non ha esitato a stringere accordi collusivi con la ‘ndrangheta, traendo così vantaggio dal potere mafioso esercitato dalle cosche sul territorio.
L’accordo prevedeva che i Pesce avrebbero gestito in maniera monopolistica lo stoccaggio e l’intero settore dei trasporti su gomma delle merci destinate a rifornire i punti vendita al dettaglio del gruppo. L’imprenditore colluso, conscio della mafiosità dei suoi interlocutori, ha cercato di mettersi al riparo da possibili indagini nei suoi confronti creando una sorta di schermo, stipulando formalmente accordi commerciali diretti con una sola azienda di autotrasporti ‘pulita’ riferibile a soggetti incensurati, la quale, a sua volta, affidava i trasporti ad ulteriori imprese di gradimento del sodalizio, assicurandosi in tal modo, attraverso una gestione monopolistica del settore dei trasporti, un incremento del potere economico e del prestigio criminale sul territorio.
L’apice dell’escalation imprenditoriale della holding siciliana, iniziata nel 2009, è stato raggiunto nel 2014, quando il gruppo era presente sul territorio calabrese con un centro di distribuzione e smistamento delle merci a Rosarno; tre punti vendita a gestione diretta (uno a Rosarno e due a Reggio Calabria); quattro punti vendita a gestione indiretta, concessi in affitto (due a Reggio Calabria, uno a Catanzaro ed uno a Cosenza); sei punti vendita legati da rapporti di affiliazione/somministrazione (uno a Gioiosa Jonica, due a Melito Porto Salvo, tre a Reggio Calabria).
