REGGIO CALABRIA – Due agenti della polizia locale di Reggio Calabria sono stati arrestati e posti ai domiciliari, mentre altri sette sospesi per un anno. Nei confronti degli indagati le accuse sono di concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, falso ideologico e anche di violenza privata. E’ stata anche sequestrata una depositeria giudiziaria autorizzata iscritta all’Albo Prefettizio.
L’inchiesta dopo il furto di 800 euro di merce
L’indagine era partita da una denuncia dello scorso settembre presentata da un extracomunitario venditore ambulante, residente da 30 anni in Italia, vittima di un’ingiustificata appropriazione della merce esposta da parte dei vigili Anselmi e Costantino. I due agenti, in borghese e abusando della loro qualità, gli hanno preso la merce . Il tutto senza qualificarsi e senza redigere alcun verbale di sequestro o sanzione amministrativa.
Altri 7 agenti sospesi
Le indagini eseguite dalla Guardia di Finanza sono partite da una denuncia presentata ad ottobre dell’anno scorso da un extracomunitario, un venditore ambulante con regolare licenza, che aveva raccontato di aver subìto un furto della merce che esponeva in vendita da parte di due persone risultate essere due agenti di polizia locale per un valore di circa 800 euro. Si tratta di Mauro Anselmi 43 anni e Giuseppe Costantino, di 46. Altri sette, invece, sono stati sospesi dall’esercizio del pubblico ufficio per 12 mesi. Si tratta degli agenti Domenica Fulco, Vincenzo Cassalia, Concetta Sorbilli, Maria Cinanni, Umberto Fabio Falcone, Giacomo Mauro e Paolo Cilione.
Nonostante l’uomo avesse esibito la licenza autorizzatoria, la merce gli sarebbe stata sottratta senza che venisse redatto e rilasciato un verbale di sequestro amministrativo o che gli fosse mossa alcuna contestazione. Acquisite le immagini della videosorveglianza, i finanzieri hanno accertato la fondatezza delle dichiarazioni del venditore. I due agenti della municipale avrebbero abusato della loro qualità nonostante il commerciante avesse esibito la regolare licenza che gli sarebbe stata anche restituita ma in malo modo. I due agenti gliela avrebbero lanciata contro senza restituirgli la merce.
Tutti gli indagati secondo l’ipotesi accusatoria, durante i normali e ordinari servizi contro l’abusivismo commerciale, avrebbero sottratto sistematicamente la merce esposta in vendita da ambulanti extracomunitari, senza redigere verbali di sequestro amministrativo o altri atti, ma pubblicando successivamente, sull’Albo Pretorio del Comune, dei verbali di rinvenimento di merce redatti invece nei confronti di soggetti ignoti. Secondo gli inquirenti, inoltre, i due agenti finiti in arresto avrebbero anche messo in piedi un gruppo che avrebbe avuto lo scopo di ricercare dei veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare.
L’attività sulle auto
Non solo la merce ma anche le auto consentivano di ottenere guadagni illeciti. I due agenti arrestati, Anselmi e Costantino avevano messo in piedi un gruppo finalizzato alla ricerca di veicoli da rottamare, acquisire o cannibalizzare. Con l’intento di trarne dei guadagni illeciti, infatti, secondo la Procura, sono loro i promotori di un’associazione a delinquere della quale avrebbero fatto parte anche Bruno, Iannò e Suraci a cui sono riconducibili due imprese operanti nel settore del soccorso e della rimozione di veicoli, una delle quali è una depositeria giudiziaria autorizzata.
Una volta trovate autovetture sprovviste della necessaria copertura assicurativa, i due vigili, anziché procedere alla contestazione delle violazioni del codice della strada o alle operazioni di sequestro amministrativo, inducevano i proprietari dei veicoli ad affidare gli automezzi in questione ai rappresentanti di una delle due imprese, a turno, dietro la minaccia dell’irrogazione di salate sanzioni pecuniarie e a fronte della mancata contestazione delle violazioni.
Un vero e proprio business sui pezzi di ricambio
I responsabili del carroattrezzi, in sostanza, erano d’accordo con i due agenti di polizia locale e procedevano alla rimozione e rottamazione delle auto dietro il pagamento di un corrispettivo di denaro in contanti che era di gran lunga superiore ai compensi previsti dalla convenzione con il Comune. Non esistendo alcun verbale delle contravvenzioni, inoltre, l’ente non percepiva nemmeno il canone concessorio dalle ditte incaricate del recupero dei mezzi. Una di queste, inoltre, era riconducibile a un soggetto definitivamente condannato per associazione mafiosa. I referenti delle imprese di rimozione dei veicoli venivano avvisati prima in modo tale da fare arrivare il carroattrezzi sul luogo delle operazioni repentinamente e costringere così le vittime dei reati a versare la somma prevista per il “diritto di chiamata“, la quale è dovuta anche se la rimozione non viene eseguita. I due vigili finiti agli arresti domiciliari avevano alimentato anche un vero e proprio business sui pezzi di ricambio. Alcuni veicoli, difatti, sono stati concretamente cannibalizzati, con asportazione, presso officine “di fiducia” degli indagati, di pezzi da applicare ad autovetture loro o di loro amici.
Comune di Reggio Calabria “spaccato inquietante, fare piena luce”
“L’odierna indagine eseguita dalla Guardia di Finanza di Reggio Calabria fotografa uno spaccato inquietante sull’operato di alcuni agenti della Polizia locale del Comando reggino. Circostanze gravi, da stigmatizzare con forza, certamente incompatibili con lo spirito e l’attività di servizio operata quotidianamente dai nostri Agenti di Polizia e fortemente lesive dell’immagine e dell’onorabilità del Corpo e dell’intera Città”. Lo affermano, in una nota, il Sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, l’assessore alla Polizia municipale Paolo Brunetti ed il Comandante del Corpo, Salvatore Zucco, in relazione all’inchiesta che ha portato all’arresto di due vigili urbani ed alla sospensione di altri sette. “Confidiamo – aggiungono – in un rapido accertamento dei fatti, manifestando agli organi inquirenti la piena disponibilità alla collaborazione da parte dell’Amministrazione comunale e del Comando di Polizia Locale nella certezza che che sarà fatta piena luce sulle gravi accuse ipotizzate e sulle responsabilità, ovviamente differenziate, dei singoli indagati. Se i riscontri giudiziari dovessero accertare la sussistenza delle accuse formulate, il Comune di Reggio Calabria si costituirà parte civile contro gli abusi riscontrati, al fine di tutelare l’immagine e l’integrità del lavoro di servizio del Comando nei confronti della comunità reggina.
