COSENZA – Su segnalazione di Maurizio Acerbo, segretario nazionale e Francesco Saccomanno, segretario provinciale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea, è stata presentata un’interrogazione al Parlamento sui provvedimenti della Questura di Cosenza contro l’attivista femminista Jessica Cosenza, il militante sindacale USB Simone Guglielmelli e l’attivista del comitato PrendoCasa Francesco Azzinnaro. “La ministra Lamorgese e il governo Draghi – scrivono Acerbo e Saccomanno – cosa ne pensano di quel che accade a Cosenza? Ritengono normale che si utilizzino misure di pesantissima limitazione della libertà personale contro giovani attivisti incensurati per reprimere forme legittime e costituzionalmente garantite di protesta sociale”.
Nell’interrogazione a risposta scritta, firmata dalle deputate Simona Suriano, Doriana Sarli e Yana Ehm, si chiede al Governo se “ritenga necessario e urgente adottare iniziative di competenza per approfondire ulteriormente i fatti con la questura cosentina, verificando l’eventualità di un ritiro della richiesta di sorveglianza speciale per gli attivisti politico/sindacali discriminati dall’esercizio dei loro diritti costituzionali”. Inoltre si chiede “quale sia la posizione del Ministro circa l’uso della sorveglianza speciale che, secondo gli interroganti potrebbe essere applicata, in maniera arbitraria per contenere il malessere sociale o la contestazione di ingiustizie non prive di fondamento, e se intenda adottare iniziative di competenza al riguardo”.
Le parlamentari nell’interrogazione ricordano che “l’applicazione di questa misura comporta in diritto e in fatto, la revoca del passaporto e della patente di guida per tutta la sua durata e l’impossibilità di ottenere licenze finalizzate a esercitare qualsivoglia attività economica. Il tribunale prescrive di non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte a misure di prevenzione o di sicurezza, di non rincasare la sera più tardi di una certa ora e di non uscire la mattina prima di un determinato orario, di non partecipare a riunioni pubbliche e manifestazioni anche solamente sportive. In sostanza, si impone a degli attivisti che protestano di non lavorare, non circolare, non partecipare, non cooperare per il bene comune“. Le deputate sottolineano che “l’istituto potrebbe essere limitato rigidamente nell’applicazione a soggetti connessi strettamente a organizzazioni a delinquere strutturate per compiere i più gravi delitti e non essere richiesto nel caso di attivisti che protestano pacificamente”. Qui, il testo dell’interrogazione pubblicato sul sito della Camera.
